Quante volte abbiamo scrutato il cielo, osservando il sole e la luna, le meteore, le stelle e i pianeti, di notte e di giorno, dall’ alba al tramonto, nel corso dei secoli dagli egiziani ai babilonesi, da Copernico a Galileo Galilei, fino ai moderni astrofili, l’ interesse per la volta celeste è sempre stato affrontato in modo razionale, pragmatico, seguendo il paradigma di causa, conseguenza ed effetto. Una chiave di lettura diversa, irrazionale e romantica la riscontriamo nel mondo dell’ arte, diversi artisti hanno interpretato il caelum (cielo) seguendo le proprie inclinazioni, di natura religiosa o sentimentale, pervasi da una forte carica emotiva. Nel corso dei secoli cambia lo schema compositivo in pittura, si passa da una rappresentazione figurativa di santi e madonne su tele con sfondo dorato del Medioevo alla introduzione degli elementi della natura nei quadri del 1400 e del 1500. A dare maggiore visibilità al paesaggio e al mondo che ci circonda saranno gli artisti del 1800, in pieno Romanticismo, artefici di una vera e propria rivoluzione estetica della realtà, un esempio lampante sono i pittori Caspar David Friedrich con l’ opera il “Viandante sul mare di nebbia” e William Turner con “Tempesta di neve.” Un notevole impulso all’ “osservazione del cielo” e lontana da qualsiasi schema precostituito sarà la “Notte stellata” di Vincent Van Gogh, un capolavoro della corrente espressionista, opera ripresa dall’ artista Alex Ruiz che realizzerà una ricostruzione digitale della tela dell’ artista olandese. In un modo o nell’ altro ognuno ha interpretato, elaborato e contribuito ad una visione del cielo molto intima e personale, dipingendo i vari elementi che lo compongono, sole, luna, stelle e nuvole, ma cosa succede se anzichè raffigurare una nuvola se ne prendono le misure? Una diversa interpretazione del cielo e delle nuvole in una commistione scultura/mondo reale con positivi effetti “romantici” è l’ opera dell’ artista belga Jan Fabre con la sua iconica installazione “L’ uomo che misura le nuvole” (versione americana 18 anni in più) 1998-2016, collocata sul terrazzo del Museo “Madre”di Napoli fino al 19 dicembre 2017. E’ un inno alla capacità di continuare a sognare, di trascendere il tempo e lo spazio attraverso l’ immaginazione, un titolo alla installazione che trae spunto da una affermazione dell’ ornitologo Robert Stroud nel momento della liberazione dal carcere di Alcatraz che si sarebbe dedicato a “misurare le nuvole.” Come è possibile calcolare l’ altezza, la larghezza e la profondità di una “massa di vapori sospesi nell’ aria” privi di consistenza? E in che modo? Fabre ammette che la sua idea è solo una riflessione, il suo approccio non è di tipo scientifico, è sentimentale, è filosofico, la scultura, nelle sembianze del fratello minore di Fabre scomparso prematuramente si erge sul tetto del museo “Madre” con le braccia protese verso l’alto con l’ intento di “prendere le misure delle nuvole” con una riga, la posizione rigida ne evidenzia il movimento, lo slancio, la vitalità ed una certa tensione, l’ artista esprime con una singola opera la volontà dell’ uomo nella ricerca della conoscenza, del sapere, consapevole che in alcuni casi non si può esprimere l’ inesprimibile, ma che la sperimentazione e la curiosità devono essere i punti di partenza dell’ agire umano. Se l ‘approccio scientifico tende alla ricerca della soluzione di una problematica attraverso la razionalità o il calcolo, nell’ arte la capacità di immaginazione dell’ artista potrebbe essere il punto di partenza per un approfondimento da parte della scienza, non è un caso che l’ arte cinematografica sia stata fonte di ispirazione per la ricerca tecnologica. E’ un rapporto simbiotico tra arte e scienza destinato ad essere costante fonte di discussione, in alcuni casi si integrano, in altri perseguono i rispettivi obiettivi e distanze. Probabilmente in futuro riusciremo a misurare o addirittura a catturare le nuvole, basta semplicemente avere immaginazione.