È notizia di pochi giorni fa l’associazione a delinquere messa in piedi da sei Carabinieri nella provincia di Piacenza che, insoddisfatti dei circa 1500 euro mensili percepiti per svolgere il loro lavoro di tutela della legalità e garanzia della sicurezza delle nostre città, si sono organizzati per fare quadrare il bilancio familiare e arricchirsi un po’, con una totale beffa per lo Stato che rappresentano e per l’Arma a cui appartengono.
Sta di fatto che questi sei “piccoli” uomini utilizzavano il fascino e il potere della divisa per riciclare danaro, favorire lo spaccio di stupefacenti, compiere arresti e perquisizioni illegali, sono accusati, tra l’altro, di abuso d’ufficio, peculato, di lesioni personali e numerose altre fantasiose attività illecite in completa disarmonia con il loro ruolo e con l’abito che vestivano, interpretando, con maggiore incisività ed efficacia, la parte di un personaggio gomorriano piuttosto che di un anonimo Carabiniere di provincia.
Nelle foto ripescate dai social, si vedono ville lussuose con piscine, cocktail deliziosi e innumerevoli agi che un normale e onesto carabiniere non potrebbe concedersi nemmeno a fine carriera con tutta la liquidazione percepita dopo 40 anni di lavoro.
L’indagine è partita dalla denuncia di un commilitone che, ottenuto il trasferimento, ha deciso di scoperchiare il vaso di Pandora dei misfatti e dei delitti commessi spudoratamente da questo piccolo clan in divisa, liberandosi dal peso di una conoscenza scomoda e gravosa.
Forse, un pò tutti qualcosa sapevano o immaginavano, ma nessuno parlava per paura, omertà, subordinazione, soggezione, timore, semplice disinteresse, anche chi si è messo in disparte e non ha voluto partecipare a quello che definirei un perverso gioco della “caserma con delitto”, acuitosi nella fase dell’emergenza Covid-19 e durante il lockdown (mentre le morti dei contagiati erano sempre più numerose), viene additato come asociale e antipatico.
La Caserma viene dipinta come una caserma degli orrori dove il rispetto dei diritti altrui e delle leggi è stato bypassato con l’avanzata dell’illegalità e della delinquenza più becera, nonché con l’imperdonabile abbandono a vizi e attività incompatibili con il luogo e la mission, per così dire, dell’Arma di appartenenza, si vocifera nelle intercettazioni anche di feste orgiastiche e lussuriose organizzate all’insaputa dei Capi nelle loro stanze.
Proprio per questo, anche sul coinvolgimento dei Superiori sono emersi comportamenti lacunosi, laddove il Comandante ha dichiarato che i “ragazzi si sono allargati un pò“…e visti i capi di accusa e i reati realizzati a danno di cittadini con l’aggravante di trovarsi di fronte spesso cittadini completamente innocenti, la sensazione è che tra quelle mura siano stati commessi abusi e illeciti di ben più ampio respiro di innocue bravate da inconsapevoli ragazzini.
Un ossimoro violento laddove alla protezione della divisa controbilanciamo la vergognosa alleanza criminale, alla sicurezza dei cittadini viene privilegiata la ricchezza delle proprie tasche con portafogli zeppi del frutto delle loro disinvolte illegalità, alla onestà dell’Arma si preferisce il vil denaro che rende tutti forse illusoriamente felici ma assolutamente schiavi.
E se in modo oggettivo e obiettivo non può dubitarsi che ci troviamo di fronte a dei veri criminali che nulla hanno in meno ai loro colleghi ladri, rapinatori, truffatori, spacciatori, aggressori, anzi hanno una bella tegola in testa, come si suol dire, nel linguaggio di strada, in quanto vivono con una doppia pesantissima responsabilità che acuisce le loro colpe (e, per questo, se avessero una coscienza dovrebbero provare un minimo di vergogna): in primo luogo, appartenere ad un’Arma nobile, rientrante, una volta, tra le guardie reali, perciò denominata come “la Benemerita” proprio in virtù degli alti servigi e della tutela degli interessi di pregio che svolgeva per il Re e per il Regno e, in secondo luogo, appartenere al tanto privilegiato, invidiato, inviso e sempre più risicato, popolo del posto fisso.
Tra le invettive maggiori sul web vi si legge proprio l’indignazione per chi una vita dignitosa può permettersi di viverla e getta tutto per velleità e vizi da uomini primitivi, dimenticando tutta la fase selettiva sostenuta per arrivare a vestire finalmente la divisa e i giuramenti, gli addestramenti e gli scopi professionali, le idee inculcate e gli interessi da tutelare, la dignità di un Corpo e l’obbligo di servirlo, senza trascurare il primario dovere di fedeltà allo Stato!
Come in tutte le storie criminali quando si scopre poi l’origine meridionale dei colpevoli esce fuori un giornalista del profondo Nord con una bella serie di post in cui dice «Sei meridionali su sei. Ora qui nessuno dice che essere meridionale significa essere delinquente, ci mancherebbe. Va però ribadito che la predisposizione a delinquere e a fare del male è solitamente propria di chi nasce, cresce e si forma al sud».
Ecco qui che con un ennesimo attacco alla pancia e alle gambe della Penisola a cui ci stiamo – purtroppo – abituando, il giornalista colpevolizza la provenienza degli scellerati Carabinieri e, immediatamente, rade al suolo tutto il Sud, responsabile delle peggiori nefandezze, irresponsabile nel rivestire cariche e incarichi, corruttibile e vendibile al miglior offerente con tanto di divisa, porto d’armi e tesserino, senza scomodare le associazioni criminose per formare un esercito di delinquenti da arruolare nel cuore dello Stato.
Dopo l’affondo, ha, persino, provato a tornare sui suoi passi e a mettere freno a mano e retromarcia alle sue idiozie scrivendo che «Urge una riforma radicale del metodo di selezione dei candidati a quello che sembra un rifugio soprattutto per Meridionali in cerca di stipendio fisso, più che una vocazione alla legalità e al patriottismo» ma a nulla è servito….il patatrac è avvenuto!
E il giornalista si è trovato nella saetta delle invettive quale razzista e anti-meridionalista, travolto dalla valanga dei post di lettori indignati e sconcertati da simili accuse e condanne, fondate a priori sui più ripudiati luoghi comuni che andrebbero avversati, soprattutto da chi ha un potere e una responsabilità tra le sue mani quando scrive e quando parla.
Un giornalista che sentenzia con tali parole e tali pensieri mostra una profonda, “in”conscia (?!?) e violenta avversione al Sud e ai meridionali con piccole punte di razzismo farcite di accuse insentibili ed oscene a tutti gli italiani onesti del Sud (molti dei quali lavorano al Nord rendendolo operoso e progredito) finiti inevitabilmente e ingiustamente nel suo bollente insulso calderone di un afoso fine luglio.
È un po’ peggio di Feltri che delle sue descrizioni colorite e delle sue invettive al popolo sudista ne aveva fatto una caratterizzazione quasi teatrale che andava in scena, di tutto punto, con voce impostata e rauca, con un copione già scritto tra il serio e il faceto, presentandosi “oracolo tra gli oracoli” come in una tragedia greca a tratti divertente a tratti irriverente a tratti deficitaria a tratti violenta a tratti deficiente come l’accusa dei meridionali=esseri minori e dei meridionali=ignoranti perché non leggono il suo giornale.
Ma di Feltri ce n’è uno solo e sinceramente ci basta…anche perché con le sue infelici uscite offre una spalla stupenda a Crozza per i suoi divertenti comici editoriali.
La generalizzazione è sempre nemica della cultura, della conoscenza e della onestà intellettuale di un professionista, come a dire che tutti i giornalisti del Nord sono razzisti e antimeridionali…la diatriba Nord-Sud, dopo il grande fallimento della Sanità lombarda in fase Covid-19, ha incattivito alcune lingue biforcute che, ancora oggi, probabilmente non riescono a spiegarsi i bassi contagi e fanno fatica a convivere con l’idea di come il reietto, vetusto, arretrato, corrotto, malavitoso Sud stia reggendo il colpo del Coronavirus attraverso il rispetto delle regole e l’esempio di un mondo medico all’avanguardia nel fronteggiare questa fase di emergenza mondiale.
Ovviamente fatti salvi i furbetti e i disonesti che campeggiano al Nord come al Sud e che vivono di espedienti immersi nell’illegalità per una predisposizione di indole e una volontaria scelta di vita, una cedevolezza di fronte alle debolezze e ai vizi della vita, una insoddisfazione per quello che si possiede e, indubbiamente, una mentalità criminale votata al delitto e all’odio dell’altro e, non di certo, per una mera fortuita casualità dettata dalla provenienza geografica o dal tratto fisico o dall’aspetto del viso di lombrosiana memoria.
Dati gli eventi degli ultimi mesi, l’abbrutimento dovuto alla reclusione forzata, la disillusione che nessuno è diventato migliore e più buono dopo il virus, così come, d’altronde, si auspicava con l’avvento pandemico nelle nostre vite, turba sapere che ambienti intoccabili e delicati, come le Armi, ma anche la Magistratura, da sempre roccaforti dei diritti, ritenuti inviolabili dai malviventi e impostori, stiano sempre più al centro di scoperte al veleno e diventino sempre meno luoghi a cui lasciarsi andare con fiducia e abnegazione!