Trama: Big Ray è morto, ma il suo ricordo è tanto ingombrante e pesante quanto il suo corpo da vivo. Il figlio ne ricostruisce la vita alternandosi tra passato remoto e passato recente, tra i ricordi di un’infanzia violenta e le prove di riavvicinamento e comprensione dell’età adulta, nel tentativo di decifrare le origini della rabbia del padre e i fattori scatenanti della sua obesità. “Big Ray” è un romanzo al tempo stesso sconcertante e toccante che offre una serie di squarci nella complessa elaborazione di un lutto e dei traumi di un’infanzia schiacciata dalla paura. È raccontato con una voce schietta e a tratti ironica, in uno stile di scrittura molto originale, aneddotico e fotografico, che scompone la narrazione in oltre 500 brevi paragrafi staccati: come a rappresentare la natura frammentaria dei ricordi, ma anche il timore di ricordare tutto, l’incapacità di gestire, tutto insieme, il carico emotivo dei traumi infantili. Con questa opera, Michael Kimball si conferma come scrittore di grande talento, di incredibile profondità e dallo stile unico, e torna a essere pubblicato in Italia dopo “E allora siamo andati via” (Adelphi)
Pidgin Edizioni
Recensione: La grande bravura di Michael Kimball sta nell’illudere il lettore di avere tra le mani un romanzo leggero e scorrevole per poi, rivelarsi una storia potente e dolorosa. Daniel, l’io narrante ripercorre la vita con suo padre attraverso aneddoti e ricordi, dipingendolo il più delle volte come un orco cattivo. Analizza momenti, si mette in discussione, ne parla con rabbia, ne parla con dolcezza e amore. Cerca di capire, in primis, che padre ha avuto, mette tutto sui piatti della bilancia e talvolta il peso cambia. Neanche lui si capacita come possa volergli bene ed odiarlo nello stesso modo. Ray, diventa ogni anno sempre più grasso, un obeso grave, le meschinità commesse lo portano ad essere solo, la famiglia gli si sgretola sotto le mani, ma perché? Daniel, paragrafo dopo paragrafo, porta alla luce i gesti più violenti e disgustosi commessi dal padre che gli insegna a giocare a carte usando i risparmi del salvadanaio ed a portarglieli via senza remora alcuna. I ricordi scorrono veloci, a volte dolci, spesso amari, con un bel po’ di humor nel mezzo per giungere ad un momento che per il lettore è uno schiaffo in pieno volto e la pietà che si è provata per Ray svanisce. Sì, perché, Big Ray fa anche pena ed ogni tanto tenerezza, ma questo, forse perché viene raccontato da un figlio che tutto sommato ama suo padre e questo sentimento va oltre le scempiaggini compiute.
Big Ray è un romanzo che si rivela massacrante, ma non inculca angoscia e tristezza proprio per lo stile utilizzato dall’autore. Avrebbe potuto optare per metodi più laceranti, ma approvo la sua scelta: il lettore entra lentamente nel loop di questa saga familiare (perché in parte lo è) per poi trovarsi avvolto nelle spire, diventando difficile staccarsi dalle pagine e dai racconti ipnotici.
Un libro senza dubbio necessario che lascia un senso liberatorio e di rinascita.
Scrittore e regista, Michael Kimball è l’autore di “Big Ray” (Pidgin Edizioni), “E allora siamo andati via” (Adelphi), “Us” (Tyrant Books) e “Dear Everybody” (Alma Books), e i suoi romanzi sono stati tradotti in decine di lingue diverse. I suoi lavori sono apparsi, tra i vari, su Vice, Guardian, New York Tyrant, Bomb, Prairie Schooner e All Things Considered dell’emittente radiofonica NPR.