
Si è trattato di un gran anno per i fan di Bob Dylan, dopo il premio nobel ricevuto per la letteratura, e una graphic novel dedicata al grande autore, lo scorso novembre è uscito l’ultimo capitolo della serie Bootleg “More blood, More Tracks” che rende per la prima volta disponibili le registrazioni in studio del 1974 (di cui 4 furono realizzate nella città di New York mentre le altre 2 in Minnesota, in particolare a Minneapolis) dal quale ebbe origine il capolavoro dell’anno seguente: “Blood On The Tracks”. Una pietra miliare e uno degli dischi più venduti del cantante premio Nobel. Ma soprattutto un disco che ha ridefinito i canoni e le strutture della canzone pop, che ha raggiunto il top della classifica Billboard 200, il disco di Platino e che è stato aggiunto nella Grammy Hall of Fame nel 2015.
Blood On The Tracks fu registrato a New York nel 1974, in soli quattro giorni. Dopo la masterizzazione Dylan non era soddisfatto e decise di rivedere cinque brani negli studi Sound 80 della città di Minneapolis. E proprio da quelle sessioni di registrazione nasce il bootleg appena pubblicato che offre versioni alternative dei pezzi che finirono sulla stesura finale del disco.

Un disco epocale e fondamentale sia per la carriera del “menestrello del rock” che per la musica pop/folk. Una vera e propria opera d’arte moderna che esordisce col capolavoro assoluto “Tangled Up In Blue”, che prosegue con il dramma notturno di “Simple Twist” prima del mix di delicatezza e amarezza di “You’re A Big Girl Now”. E se il primo trittico di brani è da brivido, il resto del disco non fa che salire di colpi.
Dalla rabbia di “Idiot Wind”, passando per la calma di “You’re Gonna Make Me Lonesome”, per il blues di classe di “Meet Me In The Morning” fino ad arrivare all’ironica e quasi Western “Lily, Rosemary and the Jack of Hearts” e ancora oggi una delle canzoni più belle dedicate al mondo del gioco. Per non parlare dei tre pezzi che chiudono l’album: “If You See Her, Say Hello”, “Shelter From The Storm” incentrata sul mito della salvezza e “Buckets Of Rain”: dieci canzoni sospese tra amore, perdita, tenerezza e amarezza che hanno spostato l’asticella della profondità della canzone pop e che hanno preparato il terreno alla successiva generazione di cantautori.
Sentimenti che è possibile ritrovare nella versione CD/2LP di More Blood – More Tracks che raccoglie take alternativi dei pezzi poi entrati nell’album e una versione nuova e inedita di “Up to Me”. Ancora più ricco il cofanetto deluxe full-size da 6CD che include le registrazioni di New York in ordine cronologico basate sui multi-traccia originali.
Continua quindi la produzione discografica per uno degli artisti più prolifici della storia della musica. Una vera e propria icona che non vuole saperne di abdicare e che ha ancora molto da dire alle nuove generazioni. Basta tornare indietro di qualche mese, allo splendido concerto di aprile all’Arena di Verona, per capire quanto Dylan sia ancora estremamente importante nel suo ruolo di autore impegnato e in grado di risvegliare le coscienze come pochi altri.
Quello nell’anfiteatro veneto è stato molto più che un semplice concerto. A distanza di tre anni dall’ultimo live in Italia e di trenta dall’ultima esibizione all’Arena, Dylan ha regalato al pubblico un’ora e mezzo di musica d’autore.
Salito sul palco alle 21 esatte, il cantautore di Duluth ha esordito con una versione voce e piano di “Things Have Changed” prima di dedicare un’importante parte dell’esibizione ai brani di più recente produzione. Non sono mancati i grandi classici, tutti presentati in versioni stravolte ma non per questo meno suggestive: da “Highway 61 Revisited” passando per “Tangled Up in Blue” e “Desolation Row”, Dylan ha sorpreso ancora una volta i fan dimostrandosi in grado di dare nuova vita e respiro a brani entrati di diritto nella storia della musica.
Da brividi il finale di scaletta. Acclamato dal pubblico, il 76enne cantautore statunitense è rientrato sul palco con un bis di due pezzi: la storica “Blowin’ in the Wind“ e “Ballad of a Thin Man”, rivista in chiave quasi “post rock” e ancora più aggressiva dell’originale.