“Tra terra e Cielo esiste un posto. E’ lì che vivono i napoletani. Troppo distanti per temere, troppo in alto per morire”.
- Trama: Bruno Marra racconta Napoli. Sedici capitoli che intrecciano il pensiero, la cultura, l’arte, la filosofia e l’humus della nostra terra, uniti dal filo luminoso della napoletanità. Un testo intimista, un affresco di racconti, aneddoti, articoli, pensieri che attraverso la chiave narrativa si traducono in un corpo unico e un ritratto generazionale dal profondo valore identificativo. Dal San Paolo a Maradona, passando per Eduardo De Filippo e soffermandosi su Totò.
- Recensione: ho trascorso una piacevolissima serata in compagnia di questo libro; 103 pagine circa di verità. Una raccolta di pensieri non propriamente personali sul mondo di Napoli e la napoletanità. Sì, perché non possiamo definire soggettivo il suo modo di vedere e vivere le cose, si tratta di aneddoti, luoghi e persone che appartengono a tutti noi. Il San Paolo, tempio veneratissimo dai partenopei, dove lo scrittore ricorda la sua prima partita, tra panini con polpette e tressette ; il Pibe de Oro, metaforico gigante del calcio che ha commosso i tifosi a partire dal suo acquisto da parte della S.C.Napoli. Questo è solo l’incipit che avvia anche ai mille modi di dire prettamente nostrani come: “Cacciano ‘a scienza proprio contro a nuje!” quando per strane forze divine il destino diventa assurdamente avverso. C’è una grande nostalgia per gli anni che furono, quando il telefono era di bachelite con il disco al centro e per i bambini il più grande divertimento era giocare con il mitico pallone Supersantos creando i pali della porta con gli zaini. Il grande problema che deriva dall’ arrivo del Natale, dove l’8 dicembre, l’ascesa della Madonna coincide con la discesa dell’ albero e presepe dall’armadio; il famoso detto “Verimm ‘e nun ce ‘ntusseca Natale” che aleggia ogni anno in ogni famiglia che si rispetti. Una raccolta vera, dove ognuno di noi può ritrovarsi, impossibile non annuire mentre le parole scorrono sotto i nostri occhi, uno zibaldone alla riscoperta di Napoli e del suo popolo.
- Bruno Marra è un giornalista professionista e scrittore nato a Napoli il 29 novembre 1970. La sua carriera inizia a 19 anni nell’Agenzia di Stampa Rotopress di Napoli, ha lavorato a Roma nell’Agenzia giornalistica Dire. Dal 2006 é nell’ufficio stampa del Calcio Napoli e curo il sito ufficiale, ma contestualmente scrive racconti e articoli per varie testate. BruNapoli è il suo libro, pubblicato da Markcommns Edizioni.
- Intervista
Perché BruNapoli? Perchè questo titolo?
Il titolo è nato grazie ad un mio amico fraterno nonché collega giornalista, Fabrizio Piccolo. Lui il libro lo ha visto nascere e ha sempre auspicato una mia pubblicazione con grande partecipazione e fervore. Così come è stata fondamentale la pervicacia del mio editore Roberto Gargiulo che mi ha “corteggiato” e spinto per anni verso questo progetto comune. Tutti e tre insieme volevamo un titolo breve ed incisivo. Fabrizio disse: chiamiamolo “BruNapoli”. Una crasi tra il mio nome, Bruno, e Napoli. Non è un calembeur fine a se stesso ma un modo icastico di presentare un libro che unisce le mie esperienze, il mio mondo intimo con la città in cui sono vissuto. E devo dire che il nome è stata una felice intuizione così come la foto in copertina, creata da Alessandro Overa, che ritrae un bambino che sale una scala con un pallone sotto al braccio. Una foto che evoca davvero un groviglio di forti emozioni…
Come nasce il tuo libro?
Il libro è nato in una mattina di giugno di un anno fa, nell’incipiente estate, ma in realtà ha una sedimentazione di oltre 30 anni. Per scriverlo ci ho impiegato pochi mesi, ma è il distillato del mio universo intimista maturato alla luce della napoletanità. All’interno ci sono racconti, aneddoti, pensieri, articoli e
sensazioni cresciute e filtrate in anni di osservazione e simbiosi piena con la mia terra. La forza di BruNapoli, oltre al solco narrativo, è la capacità di identificazione. Chi legge questo libro lo fa immediatamente proprio, defocalizzando lo scrittore e divenendone contestualmente autore. Perché
dentro ci sono le storie di tutti, soprattutto della generazione degli Anni 80 che ha attraversato 30 anni di cambiamenti e mutamenti sociali come nessuno mai in precedenza. In BruNapoli c’è il telefono con la rotella, le lire, i citofoni e tutto un panorama totalmente scomparso all’altare della tecnologia selvaggia.
Ecco questo libro non è solo un piccolo romanzo ma anche un testamento di un’epoca.
Descrivi benissimo le nostre tradizioni ed i modi di dire, hai mai pensato di scrivere ancora su questo tema?
No, perché ho pensato di racchiudere tutto in questo libro. Indugiare troppo sarebbe stucchevole e rischierebbe una agiografia che non appartiene a queste pagine. La mia Napoli non è quella olegrafica “sole, mare e panorama”, è una Napoli di entroterra, di filosofia, di scambio faccia a faccia. La Napoli dei vicoli e dell’eterno mormorio popolare. Ho voluto rifuggire dallo stereotipo e anche dall’autocompiacimento. In BruNapoli c’è una città che mostra sia il lato bianco che quello nero, anche perché liddove c’è la Luce c’è sempre l’ombra. Sono due elementi indissolubili e necessari a loro stessi. Piuttosto ho in animo di raccontare una storia sull’amore vissuto a Napoli. E intendo amore di coppia, quello diffuso come fosse un’abitudine (non solo nella nostra città). Anche in quell’ambito Napoli è unica e di non facile decifrabilità. Il nostro “Ammore” è diverso dagli altri. Con le sue virtù ed i suoi difetti.
Che differenza c’è tra il “napoletano” ed il “napulegno” ?
Sono due termini convenzionali figli di una cultura divulgatasi soprattutto attraverso i social. Alcuni danno una accezione positiva al napulegno, inteso come viscerali e tradizione. Altri ne danno una accezione negativa, come folclore recidivo e involuzione. Diciamo che Napoli è una specie di Bronx. In pochi chilometri quadrati si possono trovare tutte le estrazioni sociali. Dall’ingegnere, il manager, l’avvocato, fino al salumiere, il parcheggiatore o il disoccupato. E molto spesso in uno stesso condominio possono abitare un giudice e un pregiuducato. Queste sono le unicità che rendono Napoli incontingentabile e refrattaria a una unica definizione. Napoli può
ssere declinata in tantissimi modi. E nessuno sarebbe più giusto di un altro.
Sei innamorato di Napoli e la vivi pienamente, immagina di dover trascorrere una giornata con chi a Napoli non c’è mai stato. Che iter seguiresti?
Sono innamorato di Napoli anche in maniera morbosa, ahimè. Per un semplice motivo: sono profondamente convinto che se non fossi nato a Napoli sarei stata una persone peggiore. Napoli migliora, accresce il proprio humus, è una cassa di risonanza del talento che ognuno porta dentro. Così come di converso amplifica anche il marcio. E’ una città esponenziale che sta in Italia per sbaglio. E’ una
Repubblica unica e a statuto speciale. Senza regole predefinite. Una iperbole, certamente, ma talvolta anche un limite inespugnabile. Se dovessi condurre qualcuno per le via di Napoli gli direi che non basta un giorno per comprenderla ma può bastare un minuto per “sentirla” e farla propria.
Allo stadio hai mai bevuto il famoso caffè Borghetti?
Moltissime volte. Era una tappa fissa. Ma al tempo lo stadio era vissuto come una liturgia. C’erano delle dinamiche e delle abitudini che faevano da corollario all’evento sportivo. Molte sono narrate nelle riga di BruNapoli. La gente allo stadio faceva una specie di “rave party”, festa all’aperto. Con al seguito libagioni e precisi riferimenti gastronimici “da asporto”. Che poi si consumavano nell’epilogo della partita di calcio. E il conseguente esito che si riverberava sul gusto e sull’umore generale. Oggi è tutto diverso, sembra quasi inimmaginabile che appena due decenni fa le persone si parlavano guardandosi negli occhi. E non fossero piegate capo chino su un telefonino.
E per concludere, facciamo i cattivi, a chi regaleresti BruNapoli esclamando “Tiè,leggiti questo e poi ne parliamo…”? Frase a libera interpretazione.
Non soffro della sindrome “da calimero”, quella che io ho definito così e che attanaglia una certa napoletanità. In questa terra siamo soggetti a vittimismo e psicosi da accerchiamento. Sembra sempre che qualcuno ci voglia male, ma in realtà è solo un espediente, fors’anche inconscio, per attribuire ad altri le nostre mancanze. No, il mio desiderio scrivendo BruNapoli è stato quello di diffondere, divulgare e portare
alla luce la bellezza culturale, umana ed emotiva della mia città. Questo è l’obiettivo. Liddove c’è bellezza non può mai esserci livore e acrimonia. BruNapoli è un inno alla gioia di cui questa città è portatrice sana.