Sono passati due anni da quando si diffuse in tutto il mondo la notizia delle persecuzioni mosse ai danni della comunità omosessuale in Cecenia, repubblica della federazione russa a maggioranza musulmana, e oggi, purtroppo, si parla di nuove terribili violenze, iniziate a partire dalla fine di dicembre. Il governo del posto, ovviamente, smentisce tutto, proprio come nel 2017 quando, come possiamo ricordare, Ramzan Kadyrov, premier della nazione sostenuto da Putin, negò ogni cosa, sostenendo, addirittura, l’infondatezza dell’accusa sulla base del fatto che, molto semplicemente, per lui “i gay in Cecenia non esistono”. Essere omosessuali, per il leader politico di quel Paese, è evidentemente ritenuto un vizio intollerabile che, in quanto tale, non può in nessun modo albergare nel vero ed incorruttibile maschio ceceno. Questo tipo di impostazione mentale, del resto, oltre ai vari regimi di matrice integralista, ricorda quello che contraddistinse le dittature del secolo scorso, le quali, non a caso, fondarono la legittimazione del potere sul concetto dell’uomo forte e, quindi, sull’esaltazione del machismo, che non può minimamente essere compromesso dalle debolezze ritenute tipicamente femminee. Basti pensare, a tal proposito, che nel Codice Rocco – il codice penale redatto durante il fascismo – non era contemplato il reato di omosessualità, non per un atteggiamento più morbido rispetto alla Germania nazista che spediva i gay nei campi di sterminio, ma solo ed esclusivamente perché, anche semplicemente menzionarlo, avrebbe comportato la possibilità di ammettere che pure il maschio italiano, o meglio italico, poteva essere omosessuale. I diversi, per Mussolini, non dovevano esistere e quelli che lo erano in maniera troppo evidente, in maniera tacita, dovevano essere mandati al confino, per lo più alle isole Tremiti.
Ebbene, ritornando alla Cecenia, come si diceva, a distanza di due anni, il network russo in difesa dei diritti Lgbt sta denunciando una nuova ondata di persecuzioni. Secondo quanto denunciano gli attivisti, circa 40 persone sarebbero state arrestate e due uccise in carcere dopo le torture. «Dalla fine di dicembre 2018, c’è stata una nuova ondata di arresti di uomini e donne in Cecenia, dovute al loro presunto o reale orientamento sessuale», ha comunicato il Russian Lgbt Network. A quanto pare, la polizia avrebbe, persino, confiscato i documenti dei detenuti per evitare che fuggano all’estero.
Chiaramente, non è accettabile che possa esserci una tale violazione dei diritti umani, per di più consumata, praticamente, alle porte dell’Europa. Auspichiamo, pertanto, che l’Onu e gli enti internazionali possano, al più presto, fare chiarezza, in modo che si possa consentire a quanti sono vittima di atti persecutori, quantomeno, di lasciare il paese e di richiedere asilo politico.
Questa notizia, così come la Storia, inoltre, deve ricordare, a noi tutti, quanto pericolosi possano essere, specie per le minoranze, i deliri di chi nutre volontà e desiderio di autoritarismo e di accentramento del potere.