Il cavallo di Przewalski è un piccolo cavallo considerato “selvatico” originario delle steppe e delle zone desertiche; ci sono ancora numerose diatribe in atto sul fatto se costituisca specie a se stante o meno, in quanto possiede 2 cromosomi in più rispetto al cavallo “domestico”.
È facilmente riconoscibile dal colore conosciuto come “isabella”, tra il giallo ed il marrone, con una striscia più scura sul dorso e la pancia chiara. La criniera è insolitamente corta a “spazzola”. Tutte queste caratteristiche lo rendono riconducibile alle rappresentazioni rupestri di 30.000 anni fa nelle grotte di Francia, Italia e Spagna.
Deve il suo nome al grande esploratore Russo: il Colonnello Nikolai Mikhailovitch Przewalski che nel 1881 portò i resti di un esemplare ricevuto in dono al Museo Geologico dell’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo. Numerosi Zoo e parchi privati vollero esemplari acquisiti con campagne di cattura, campagne fallimentari perché molti esemplari, valutati troppo “diffidenti e veloci” vennero abbattuti, pochissimi furono gli elementi che sopravvissero e si ipotizza che proprio da questi e dall’incrocio spontaneo coi pony di razza mongola sia originata la piccola popolazione di cavalli selvaggi che ancora sono presenti sul pianeta, oggi il numero approssimativo totale è di 1500 individui.
La notizia “assurda” è straordinaria è che una gran parte della popolazione di cavalli di Przewalski vivono nella zona circostante la centrale nucleare di Chernobyl, proprio quella del famoso disastro ambientale avvenuto 34 anni fa che si ripercuotono ancora oggi sulle nostre vite. In base alle previsioni il territorio sarebbe dovuto rimanere non abitabile per oltre 20.000 anni, invece dopo soli 30 anni dalla tragedia una ricca fauna è tornata a popolare i luoghi “radioattivi”.
Secondo le menti scientifiche più accreditate questo fenomeno è dovuto al fatto che le specie maggiormente minacciate dall’uomo si sono rifugiate dove questi, solo per sue colpe, non può assolutamente accedere.
Riguardo i cavalli di Przewalski il ricercatore del programma Ramòn y Cajal dell’Università di Oviedo, Germàn Orisaola sta indagando per rispondere alle domande rispetto a questo straordinario fenomeno che li vede protagonisti e da settembre inizierà una vera e propria ricerca.
La riflessione personale che mi sovviene da questo episodio è che dove, per obbligo o volontà, l’uomo manca, la natura si riprende i propri spazi e torna a vivere serena ed indisturbata, forse se facessimo un passo indietro sarebbe meglio!