Vallo della Lucania (SA), 16 febbraio – Serata voce-e-chitarra al Draft: impegnato nel tour promozionale del suo nuovo album, Volcano, Jason Bajada calca il palco del locale portando con sé alcune delle sue vecchie canzoni, assieme ad alcuni inediti che, mi dice, saranno presenti nel prossimo disco. Dopo l’intensa performance il cantante e compositore canadese (Montreal) si concede un bicchiere di rosso e una chiacchierata con il sottoscritto.
Chi è il musicista Jason Bjada, come hai iniziato a fare musica?
Come molti altri ragazzini. Ho imparato a suonare con una chitarra acustica, studiando le canzoni dei nirvana quando ero alle superiori, provando e riprovando, poi ho iniziato a scrivere qualcosa di mio, cercando di diventare sempre più bravo. Come molte altre persone, insomma.
Qualcuno ti ha scherzosamente definito il depresso figlio illegittimo di John Darnielle e Mark Oliver Everett. Che vuol dire secondo te?
Non lo so, non cerco di definirmi, farlo è compito degli altri. Non perdo tempo tentando di definirmi. Io scrivo quando scrivo e lascio che gli altri dicano ‘ah suona così, o così’. A me non interessa.
Quindi non definisci nemmeno la tua musica
No, mai. Io dico di fare musica per unicorni.
Perché unicorni?
Perché non ha alcun senso. E’ un modo sciocco per definire la musica, è come dire “danzare sull’architettura” (dancing about architecture).
Allora forse non ti piacerà la prossima domanda, ma la faccio spesso quindi…Cos’è l’arte secondo te?
Un modo unico per esprimere sentimenti, che sia nelle arti visive, in musica, fotografia ecc… L’essere umano si ritrova in questo strano stranissimo viaggio, no? E quindi cerchiamo di trovarci un senso in modo intelligente, bello. Anche se scrivi qualcosa su un dramma, su qualcosa che non è necessariamente bello, quella cosa diventa bella perché l’hai raccontata secondo un punto di vista. Hai scelto come parlarne, la prospettiva.
Il tuo ultimo album si intitola Volcano. Perché? Di cosa parla?
E’ è una metafora per l’ansia. Avevo una relazione con una persona estremamente ansiosa, e l’album parla del mio tentativo di conviverci, del nostro tentativo di convivere con quest’ansia, con gli alti e bassi, i cambi d’umore repentini, di trovare un equilibrio. Anche un vulcano è sempre molto molto calmo… finché non erutta, E non sai mai quando questo succederà. Quindi mi è sembrata una metafora molto semplice per queste improvvise, violente esplosioni della mia precedente partner.
Quindi l’intero album parla di questa relazione?
Gran parte dell’album, ma non tutto. C’è una canzone “Jean-Francois” su di un amico che tentò di spiegarmi la sua ansia, cosa significasse realemente essere ansiosi, dieci anni fa. All’epoca non riuscivo a capirlo ma ora sì, per via di questa relazione. E’ un angolo visuale differente.
Mentre il singolo Pékin (les amitiés) non è c’entra proprio nulla: parla di un amicizia perduta.
Come sta andando il tuo tour in Italia?
Fantastico! Molto cibo, molto vino – amo il vino rosso – e scopro un sacco di posti nuovi. Visito ogni paese o città in cui suono, la loro cultura, la loro cucina. Sto assaporando una forte connessione umana con le persone, come stasera con te, ci incontriamo, conversiamo, facciamo musica assieme. Ed è un’opportunità unica di osservare le loro reazioni, come rispondono a quelle che fai, se riesci a sedurle con la musica. E se non ci riesci, hai semplicemente passato un po di tempo in maniera piacevole, chiacchierando, mangiando del buon cibo…ogni tanto rimanendo al bar fino alle 3 di notte in compagnia del proprietario, imparando cose sul vino, sui prodotti locali, sul posto…
Ve la state prendendo comoda insomma
Facciamo quello che possiamo, ma è un tour acustico, chitarra e voce. Non è come avere una band, per cui servono tre ore di preparativi e prove. In mezz’ora di solito è tutto pronto e il resto del tempo è cibo ed esperienza.
Quindi ti piace il vino rosso, ma qual’è il tuo cibo preferito?
Mi piace qualsiasi cibo preparato con passione, è una forma d’arte in fondo, no? Però qualche giorno fa sono stato a Putignano (BA), e lì ho avuto il miglior pasto della mia vita. Non so nemmeno come si chiamasse, ma me lo ricorderò per il resto della vita.
E parlando del resto della tua vita, che progetti hai dopo il tour?
Pubblica il prossimo album. Metà delle canzoni che ho suonato stasera sono completamente nuove, le sto testando per il disco che seguirà. Quindi fra l’altro torneremo presto in Italia, una volta registrato.