Possibile che assistiamo ancora ad episodi di omofobia, omotransfobia e di intolleranza del diverso dopo quintalate di diritti sciorinati in tutte le carte costituzionali? E declamati a livello nazionale, europeo, internazionale?
Possibile che la coscienza sociale e civile sia ancora lontana dall’accettare, capire, anche solo tollerare le scelte di vita di chi vuole percorrere un cammino diverso?
É davvero possibile che le discriminazioni di genere siano ancora così diffuse tanto che mentecatti e bigotti all’ultimo stadio della stupidità umana si sentano in diritto di offendere, giudicare, sentenziare, uccidere in nome di un presuntuoso senso di superiorità con la convinzione della giustezza del proprio modo di essere “normale”?
Non mancano solo gli strumenti di legge per colpire e condannare i responsabili di atti di violenza discriminatori, nell’attuale vuoto legislativo, anche se ci sono Regioni che stanno anticipando il legislatore nazionale, prevedendo leggi contro l’omofobia e la omotransfobia seppure non incisive dal punto di vista penale, bensì – ancora più grave – manca la cultura e la conoscenza delle scelte sessuali diverse e delle diverse identità di genere, a partire dalle loro definizioni e dalle loro denominazioni che possono talvolta ferire per ignoranza e per superficialità fraintese come mancanza di delicatezza e di rispetto.
E così con particolare amarezza apprendiamo della mortificazione e umiliazione che una coppia di giovani sposi veneti convolati da poco “a unione civile ” in viaggio di nozze a Fasano in Puglia sono stati costretti a lasciare il resort prescelto per la luna di miele.
Gli sfotto’ messi in atto durante il loro soggiorno sono stati gravi e umilianti non solo per gli sposini ma anche per chi li ha fatti tanto da doversene vergognare se avessero una coscienza: prese in giro continue, ridacchiamenti, e, persino, immagini rasenti l’osceno disegnate con le salse sui piatti serviti a tavola ad opera di uno chef goliardicamente omofobo!
Derisi a bordo piscina da camerieri e chef, hanno rinunciato loro malgrado alla cena a lume di candela e avviliti hanno lasciato l’albergo.
La derisione e il senso del ridicolo nascono dall’ignoranza e dal disagio di chi non è in grado di comprendere e capire le diverse modalità di coniugazione dell’amore nelle sue molteplici legittime forme di espressione.
Chi e come potrà ricompensare la delusione, il dispiacere, l’amarezza e lo sconforto per aver rovinato un momento di gioia e di festa.
Ma i due hanno, dal canto loro, la forza di un sentimento e di una unione importante e in questo ritroveranno la molla per riscattarsi e vivere la propria luna di miele in modo pieno e gioioso lontano da occhi ricchi di pregiudizi e presunzione, prevenuti sui diritti degli altri e pronti a giudicare con battutine e risatine le altrui libertà.
Ben più grave la storia che viene dal Parco Verde di Caivano, hinterland napoletano degradato e abbandonato a se stesso, già tristemente noto alle cronache.
Due giovani ventenni, Maria Paola e il suo compagno Ciro avevano scoperto di amarsi e avevano ceduto alla tentazione di un amore proibito e vergognoso, osteggiato soprattutto dalla famiglia di lei.
La loro ostinazione oltraggiosa a proseguire nella relazione amorosa, anche in pubblica piazza, nonostante le ritrosie e l’ostilità di famiglie e vicinato pronti a puntare il dito contro la loro unione, simbolo di vergogna e onta, é stata punita con un delitto d’onore che ha seguito un canovaccio tragico che si pensava archiviato storicamente.
Nel silenzio omertoso delle mura di una casa popolare, la decisione della rivendicazione dell’onore leso è stata assunta dal fratello, dal maschio di famiglia che era il più arrabbiato di tutti per quella infame tresca amorosa (che durava da tre anni) e che ha congetturato, come in un film di ambientazione medievale, lo stratagemma per impaurirli e farli demordere dal loro intento amoroso ponendo in atto un inseguimento a suon di calci e spintoni che si é poi trasformato per un tragico scherzo del destino in un fratricidio a tutti gli effetti.
E così in un caldo settembre, esasperato dalle chiacchiere e dai pettegolezzi e allucinato di rabbia, sperona violentemente lo scooter della sorella, dopo un inseguimento durato diversi minuti provocandone con la caduta una morte subitanea e violenta e subissando di botte e lesioni Ciro che condivideva la stessa sella a due ruote mentre la sorella giaceva già a terra morta con la gola recisa da una tubatura idrica.
《Volevo darle una lezione, era stata infettata》:queste le parole inaccettabili del fratello appena trentenne dinanzi al Magistrato a cui ha dichiarato di non voler uccidere la sorella ma punirla o forse spaventarla in modo che potesse guarire dal suo male, redimersi e rinunciare a quell’amore disonorevole.
Dalle dichiarazioni di Ciro, ricoverato attualmente in ospedale, emerge il racconto di continue minacce di morte da parte del fratello di Maria Paola per la loro scelta di amarsi e di un contesto ostile e omertoso, discriminatorio e violento, in cui vivevano.
Nelle parole di don Patriciello che ha battezzato tutti i giovani coinvolti nella vicenda lo sconforto per un luogo dimenticato dallo Stato e abbandonato al degrado urbano e soprattutto umano: queste le amare conseguenze!
In questi giorni dall’accaduto, all’indignazione per la perdita di Maria Paola e per il dolore di Ciro espresso con disperazione sui suoi social, le polemiche tra giornalisti ed esponenti del mondo LGBT sull’uso del linguaggio e sulla sua superficialità, sulle inutili gratuite sottolineature (“Ciro” o “Cira”?), sulla mancanza dell’uso delle parole più giuste e adatte e sull’ignoranza che regna sovrana in questo ambito, sono particolarmente vivaci.
E nel caso di Ciro emergono in modo esponenziale perché raccontare il percorso e il travaglio della sua identità sessuale può fare incorrere in errori e mancanza di sensibilità anche nella mancata appropriatezza dell’uso del linguaggio, laddove l’ignoranza delle parole e delle aggettivazioni diviene l’alibi per la violenza.
Basta guardare la storia con gli occhi dei protagonisti!
Amare persone dello stesso sesso o dalla ambigua identità di genere è nell’idea del fratello di Maria Paola da poco trentenne e di tanti che intorno a lui la pensano ancora incredibilmente così, una malattia, una infezione, un morbo da cui liberarsi anche con la violenza e il sopruso, con la negazione e la repressione della libertà di esprimersi, con l’espulsione da reietta dalla famiglia di origine, con la punizione esemplare del ripudio dell’affetto e con la legittimazione tutta illegittima di poter decidere arbitrariamente della vita delle persone e, nel caso triste di Maria Paola, di dirottare irrimediabilmente i suoi binari e i suoi sogni di diciottenne, impedendole di vivere l’amore che voleva e come voleva.
Ora però il giovane dovrà rispondere di omicidio preterintenzionale e violenza privata aggravata dall’omotransfobia.
La brutalità e la consapevolezza di poter uccidere – seppure nelle sue dichiarazioni nega espressamente questa precipua volontà – solo perché la sorella aveva continuato ad amare non solo una persona nata biologicamente donna, ma transessuale ovvero un uomo trans ftm female to male (da femmina a uomo letteralmente è questa la dicitura corretta) in attesa dell’intervento per cambiare definitivamente sesso e divenire un uomo.
Decisamente troppo per una mente così ristretta e un cuore così chiuso e crudele persino al richiamo del legame di sangue!