Il monastero di Sant’Arcangelo a Baiano, storico ex edifico di culto del centro storico di Napoli, è ubicato nella storica via di Forcella, a due passi da via Duomo. Fondato dai monaci basiliani in onore di Michele Arcangelo e di san Pietro nel VI secolo d. C., sui resti di un antico tempio pagano dedicato ad Ercole.
Fu teatro di una scandalosa vicenda del Cinquecento a causa della condotta immorale di alcune suore benedettine, cadute in preda a «fatti di libidine e di sangue e di sacrilegio …» come scrisse sulla faccenda anche Benedetto Croce.
In quel tempo, Laura de’ Bajani, era la badessa del monastero e con lei, diciotto suore, tutte appartenenti all’aristocrazia locale quando tutto ebbe inizio.
E’ risaputo che all’epoca la nobiltà obbligava le secondogenite a prendere i voti in modo da garantire ricche doti alle prime nate, per poterle maritare a uomini di alto rango. A queste 18 sorelle ben presto se ne aggiunsero altre quattro, anch’esse di nobili famiglie: Agata Arcamone, Laura Frezza dei patrizi di Ravello, Chiara Sanfelice dei duchi di Bagnoli, e Giulia Caracciolo Rossi dei principi di Avellino.
Le quattro giovani suore presero a condurre una vita agiatissima (avevano stanze sontuose e persino ancelle personali) Fu’ suor Eufrasia che dette origine a tutto quando riferì alla allora badessa Costanza Mastrogiudice, che Giulia Caracciolo aveva una relazione segreta con un marchese, mentre suor Lavinia Pignatelli se la intendeva con un mercante. Nell’indagare sulla vicenda la madre superiore fu testimone dell’aggressione mortale degli sgherri del principe di Garagusa a danno del marchese e del mercante.
Fu solo l’inizio di crimini efferati. Di lì a poco, infatti, la madre badessa morì avvelenata. La nuova superiora, Elena Marchese, fu anch’essa uccisa, stavolta da suor Zenobia Marchese e dal suo amante, i quali la pugnalarono e scapparono, coperti da altre suore che si adoperarono anche di togliere da mezzo consorelle complici o scomode testimoni: Chiara Sanfelice, uccisa con il pugnale, e suor Camilla Origlia, buttata giù da una finestra. Queste morti vennero fatte passare come suicidi.
Si organizzò dunque un banchetto per metter pace in convento, ma alcune suore denunziarono lo stato di cose al padre confessore Andrea d’Avellino, dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini di San Gaetano, che perquisì le celle e interrogò le religiose. Con l’autorizzazione dell’arcivescovo di Napoli don Pietro Carafa, Andrea d’Avellino chiese al vicario criminale del Tribunale di intervenire con i suoi gendarmi.
Il processo venne presieduto da monsignor Reviva, vicario generale diocesano, che fece frustare tre suore sospettate di aver ucciso Eufrasia D’Alessandro, Chiara Sanfelice e Lavinia Pignatelli. Altre 9 consorelle furono mandate in quattro diversi conventi. L’ordine di Sant’Arcangelo venne sciolto e il complesso sconsacrato.
Il monastero rimase chiuso fino al 1645, quando fu ripristinato come romitorio maschile e affidato ai Frati Bianchi o della Mercede. I padri ricostruirono convento e chiesa. Dai primi anni dell’800 il complesso religioso rimase di nuovo disabitato e la chiesa sconsacrata. I monaci vennero trasferiti in altri conventi. Si disse che nel monastero vi fossero stati casi di possessione, e la gente per anni affermò che dall’interno venissero urla e si verificassero apparizioni spettrali del fantasma di suor Agata Arcamone, sembrerebbe che il suo fantasma si aggirerebbe ancora oggi tra le mura del monastero, che lei considerò la sua prigione.
Nonostante esorcismi, negli archivi segreti del Vaticano, si precisa e si ottenne in una relazione dettagliata, l’abbandono allo stato laicale della struttura.
Oggi il monastero è ridotto ad un rudere e risulta ancora abbandonato.
( Fonte : WEB)