Ennesimo delitto, ennesima donna sacrificata in nome della gelosia, ennesima morte annunciata, ennesima morte che si poteva evitare!
Lilia Patranel è stata violentemente assassinata a coltellate, ripetutamente inferte dal suo compagno, mentre erano in casa, a seguito di una lite furiosa probabilmente per gelosia, in presenza anche col figlio di 4 anni che, con alta probabilità, dormiva durante la tremenda esecuzione.
Si esecuzione, perché la povera Lilia che, secondo le prime ricostruzioni degli inquirente, avrebbe in passato già denunciato il compagno – salvo poi ritirare la querela -per violenze e botte subite, ha subito una vera e propria condanna a morte quando il compagno ha deciso per lei, per il suo destino, per il figlio, rimasto orfano in pochi minuti di madre e padre.
Il che desta particolare inquietudine e, se possibile, acuisce ancora di più l’emergenza femminicidio e violenza di genere in Italia.
Secondo l’ultimo report del Ministero degli Interni, dal 1° gennaio al 18 settembre 2022 sono stati commessi 211 omicidi e 78 vittime sono donne. Di queste vittime, ben 68 sono state uccise in ambito familiare/affettivo e 41 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.
Ancora una volta, una storia di violenze familiari, ripetutesi nel tempo, accettate, a cui la povera Lilia ha provato a ribellarsi, e poi, dopo aver denunciato forse timidamente, forse per paura, forse per aver creduto di sbagliare, ha fatto un colpevole passo indietro e si è ritrovata faccia a faccia col suo assassino.
Ancora una volta, l’amore ha mietuto la sua vittima o almeno quello che si pensava potesse essere un amore!
Lilia avrà creduto alle parole di pentimento del suo aguzzino, e per questo ha ritirato la denuncia, forse pensando che lui fosse cambiato, o potesse cambiare, forse perché ha pensato a suo figlio e non ha voluto allontanare il padre, forse perché ha creduto di essere lei in errore.
In moltissime storie drammatiche in cui sono vittime le donne, un elemento che le accomuna è proprio il senso di colpa che si trascina, che si descrive, quasi come se col proprio comportamento si possa aver provocato la rabbia, il risentimento, la sofferenza del partner.
Indubbiamente, malgrado l’aggravamento delle disposizioni di legge, la previsione del codice rosso, la maggiore sensibilità della magistratura che affronta i processi e delle forze dell’ordine che ricevono le denunce, il sistema presenta ancora delle falle enormi.
L’errore più grande che si può constatare nelle varie storie sta nel lasciare la vittima sola, il più delle volte, esposta alla violenza, perché, anche se previsto l’allontanamento o il divieto di avvicinamento, di fatto, fermare la mente e la cieca crudeltà di chi vive l’amore in modo malato, ossessivo, possessivo, persecutorio, non è cosa da poco e nessuna donna, peraltro coinvolta sentimentalmente, magari con figli al seguito, ha la forza di affrontare un mostro simile da sola con la sua solitudine, inquietudine, impotenza.
L’errore sta nel tentare di allontanare l’orco, lasciandolo in libertà…o meglio in cattività, quando forse sarebbe opportuno provare a trovare contesti, comunità, strutture in grado di rieducare davvero all’amore, alla cultura dei sentimenti, alla comprensione del valore dei sentimenti e all’importanza di rispettare il cuore e la volontà di chi ti sta vicino.
Perché un “no” ha il suo valore, perché una donna che ha smesso di amare deve essere rispettata, perché una donna che grida il suo “no” alla violenza deve trovare una porta a cui bussare e farsi aprire, perché altri bambini, innocenti, non restino orfani per la brutalità di certi uomini e per l’incapacità di accettare un destino diverso a quello che si vuole in modo totalitario e egocentrico.
Una rivoluzione culturale è necessaria, oltre che giudiziaria, visto che bisogna essere vigili rispetto a tutti i segnali di allarme, non voltarsi mai, non ignorare, non isolare chi vive questa sofferenza.
Allora, speriamo che nell’agenda politica del nuovo Governo, di qualsiasi colore sia, ci siano più quote rose a rappresentare la necessità di una soluzione alla drammatica escalation di violenza nei confronti delle donne, per poter fermare la mano violenta degli assassini, per non dover installare ancora e ancora panchine rosse in ricordo delle vittime, per non temere per il destino delle donne, ancora troppo vulnerabili ed esposte e riportare ad una nuova cultura del rispetto dell’altro, cominciando nelle famiglie, nei luoghi di condivisione, nelle scuole, con una vera e propria educazione/rivoluzione ai sentimenti.
E’ bene ricordare e non smettere di ripetere per le donne vittime di violenza o stalking, che è attivo il servizio pubblico Telefono Rosa: il numero da chiamare, gratuito e attivo 24 h su 24 con operatrici specializzate nelle richieste di aiuto e sostegno delle vittime, è il 1522.