Regista e animatore indipendente, Olivier Lescot è uno dei protagonisti del mondo dei cartoon parigini. Vincitore degli Annie Award per l’animazione nel 2017, la sua firma è apparsa recentemente sulla pubblicità del profumo di Ariana Grande, R.E.M., in cui la cantante affronta un viaggio fantascientifico in compagnia del fedele maialino, Piggy Small, alla ricerca dell’iconico cagnolino, Toulouse. Olivier Lescot vanta collaborazioni con artisti come Breakbot e Christian Ritch e con aziende del calibro di Ubisoft, Cartier, Rothschild e la Monnaie de Paris. Non potevamo allora lasciarci sfuggire l’occasione di porgli qualche domanda sull’universo dell’animazione 2D.
Cominciamo dalle basi: puoi spiegarci qual è la differenza tra l’animazione 2D e 3D?
« Nell’animazione 2D ogni disegno è realizzato a mano mentre nell’animazione 3D le immagini sono generate al computer. La differenza è notevole poiché bisogna considerare che per un secondo di animazione sono necessari almeno 12 disegni e che per un minuto il numero sale a 820. Illustrarli a mano richiede un tempo e un budget molto più elevati rispetto alla produzione in digitale. La 3D risponde quindi a una domanda, è il riflesso di un’esigenza legata all’abbattimento dei costi e dei tempi di produzione. »
Ma allora che senso ha oggi, in un 2020 ricco di strumenti informatici, ricorrere all’animazione 2D?
«Commercialmente, la 3D è ciò che funziona meglio. A parte i classici Disney o di Miyazaki, non ci sono produzioni in 2D che possono aspirare alle stesse entrate dei cartoni realizzati in 3D. Pertanto, il digitale è uno strumento importante che dev’essere tenuto in considerazione. Tuttavia, quando si riesce a integrare il disegno manuale all’interno di un cartone animato, tutto diventa più organico e caloroso. L’artista può generare contenuti più personali. Per questa ragione, da qualche anno, la 2D sta ritornando in auge del mondo dell’animazione. Molti lungometraggi, soprattutto in Francia, si affidano a questa soluzione. C’è da dire però che la questione della tecnica utilizzata tende oggi a diradarsi, così come la frontiera che distingue i vari procedimenti. È infatti la combinazione tra le diverse tecniche a determinare la qualità di una produzione: è una questione di dosaggio. »
Puoi spiegarci qual è il ruolo della Francia nel mondo dell’animazione?
« Dopo gli Stati Uniti e il Giappone, la Francia è il polo più importante per l’animazione 2D. Parigi offre un’ottima formazione in questo ambito. Molte scuole stanno sorgendo al fianco della super-selettiva scuola dei Gobelins o delle prestigiose George Meilles e Émile Cole. Proprio in virtù di queste offerte formative d’eccellenza, la Francia fornisce la mano d’opera agli studios cinematografici giapponesi e americani. Sono sempre di più gli animatori francesi che viaggiano verso queste terre lontane per esercitare la propria arte. Ricordiamo il grande Krystoff Serrand che alla fine degli anni ‘90 sbarcava alla Dreamworks per lavorare su “Il principe d’Egitto” affermandosi da subito come uno degli animatori più influenti per tutta la produzione successiva. Tuttavia, molti lungometraggi e molte pubblicità vengono realizzati anche qui in Francia. Per esempio, “Cattivissimo me” di Pierre Coffin è prodotto da uno studio americano ma l’intero film è stato fabbricato nel perimetro dell’esagono. »
Come ha reagito il mondo dell’animazione all’emergenza sanitaria?
« Poiché molti progetti dal vivo sono stati abbandonati a causa delle restrizioni legate al Covid, una buona parte di essi è stata tradotta in cartoni animati, più semplici da produrre a distanza. Così, tante iniziative sono andate ad aggiungersi ad una moda crescente negli ultimi anni, soprattutto nel mondo dei videogiochi. »
Quali sono i modelli cui ti ispiri?
« È la vecchia generazione di registi a ispirarmi. Sono soprattutto i lungometraggi diffusi in Francia tra il 1995 e il 1996 che mi hanno dato voglia di impegnarmi nell’animazione. Cito “Ghost in the Shell”, “Akira”, i classici Disney e tutti i Miyazaki ( con un debole per “Porco Rosso”) ma, in realtà, tutto il cinema è per me fonte inesauribile d’ispirazione. »
Ci sarà però un cartone animato che preferisci?
« Guardo più spesso i due “Ghost in the Shell” perché presentano un universo in cui lo spazio-tempo assume una dimensione molto particolare. D’altra parte, questi film non hanno equivalenti perché hanno beneficiato di una generazione di disegnatori giapponesi incredibili che si sono fatti conoscere con “Akira” e che hanno raggiunto la propria maturità artistica con questi film. I due “Ghost in the Shell” hanno permesso al cinema giapponese di raggiungere un livello sublime anche perché non conservano preoccupazioni commerciali, ma la sola volontà d’immergere lo spettatore in un’esperienza unica, di condurlo in una realtà nuova che è quella dell’autore e degli artisti. »
Cosa consiglieresti a chi desidera intraprendere la strada dell’animazione?
« Consiglierei di disegnare molto, troppo, tutto il possibile. Ma soprattutto di esercitarsi con ritratti di nudi e di modelli dinamici. Ai più giovani, consiglierei una formazione classica più che d’intraprendere subito la ricerca di un proprio stile. Bisogna essere a proprio agio con il disegno per definire la propria strada. Credo poi che sia altrettanto importante nutrire il proprio immaginario interessandosi anche ad altre cose oltre il disegno. Attraverso i social networks, si può vedere tutto ciò che degli artisti contemporanei producono. Ed è importantissimo. Allo stesso tempo, però, c’è il rischio d’incorrere in un’uniformità stilistica che toglie carattere alle proprie produzioni. Per questa ragione, è indispensabile lasciarsi influenzare anche da altro. »
In cosa ti hanno arricchito le collaborazioni con artisti come Ariana Grande, Breakbot e Christian Ritch?
« Ognuno di loro ha portato il proprio universo ed è stato magnifico entrare in ciascuno di essi adducendo qualcosa di mio. Di Breakbot ho amato lo stile dolce, caldo e tondeggiante. Mi ha dato voglia d’impegnarmi in animazioni fluide, con colori semplici e forme curve. La musica di Christian Ritch mi ha trasmesso invece una forma di tensione che ha inspirato il design dark dei personaggi così come l’universo mistico e atemporale in cui sono inseriti. La magnifica voce di Ariana Grande mi ha poi orientato verso personaggi più eleganti e a omaggiare la fantascienza di “Starwars” e “Allien” aggiungendo un pizzico di funk »
Cosa pensi della nuova generazione di cartoni?
« “Spider-verse” ha portato grandi novità nel mondo dell’animazione ad alto budget uscendo dai cliché della Disney e dei grandi studios americani. Sarà probabilmente ricordato come un evento epocale che ha cambiato per sempre il mondo dell’animazione e del design. »
Progetti per il futuro?
« Attualmente lavoro alla realizzazione di un cortometraggio attraverso cui posso esprimermi in maniera più personale e rendere omaggio al mondo del cinema nel suo insieme. Il mio scopo è infatti coniugare il mio universo personale ai lavori di comanda che permettono di disporre di mezzi artistici maggiori, squadre più competenti e una distribuzione più ampia. »