Mancano pochi giorni alla fine di questo 2020, che ha segnato profondamente l’intero pianeta a causa della pandemia di coronavirus, con quasi 80 milioni di persone contagiate e più di un milione e mezzo di morti fino ad oggi.
Per la Serie A è però già tempo di bilanci, visto che il prossimo turno si giocherà il 3 Gennaio 2021: anche il Napoli può iniziare a tirare le somme per ciò che riguarda il primo anno sulla panchina azzurra di Rino Gattuso, arrivato a sostituire Ancelotti l’11 Dicembre dello scorso anno.
Al di là di quanto successo in campo, per i tifosi azzurri il 2020 sarà purtroppo ricordato come l’anno dell’addio definitivo a Diego Armando Maradona, eroe del popolo partenopeo al quale ha regalato i trionfi più prestigiosi e le emozioni più vivide, guadagnandosi per sempre un posto nel cuore di tutti.
Lo stadio San Paolo è stato immediatamente dedicato alla sua memoria, in modo tale da consentire a Maradona di restare per sempre accanto alla sua gente ed alla sua squadra, ogni volta che scenderà in campo nella sua casa.
Viceversa, a segnare in positivo la stagione è stata indubbiamente la conquista della sesta Coppa Italia nella storia del club, arrivata a cavallo del lockdown: il Napoli è riuscito ad eliminare nell’ordine, oltre al Perugia, Lazio ed Inter ed a battere in finale ai rigori (meritando però il successo per quanto visto nei 90′ regolamentari) la Juventus dell’ex Sarri.
Il successo nel secondo trofeo nazionale, che ha garantito al Napoli la partecipazione all’Europa League, si è però rivelato una parentesi felice in un’annata caratterizzata da una continuo susseguirsi di alti e bassi in termini di risultati, e da una invece purtroppo costante sequenza di prestazioni poco convincenti sul piano del gioco, fatta eccezione per alcuni illusori exploit ad inizio di questo campionato: su tutti il 4-1 all’Atalanta dello scorso 17 Ottobre.
I numeri di questo 2020 sono abbastanza deludenti, rispetto a quelli cui i tifosi partenopei sono stati abituati nel recente passato: il Napoli è quinto nella classifica dell’anno solare, con 63 punti in 34 partite, due in meno della Juventus (magra consolazione, visto che i bianconeri lo scudetto lo hanno comunque vinto), e soprattutto a ben 16 lunghezze dal Milan, che oltre alla classifica del campionato attuale guida anche questa particolare graduatoria.
Non si può certo attribuire l’intera responsabilità di questo risultato a Gattuso, anche perché il trend negativo era iniziato anche nel 2019 sotto la guida di Ancelotti: lo scorso anno i punti furono addirittura 4 in meno con due partite in più.
Questi numeri, semmai, certificano il fatto che la fine del ciclo iniziato con Benitez e proseguito magnificamente con Sarri non sia stata gestita nel miglior modo possibile dalla società, che non è riuscita ad operare un’adeguata ricostruzione della squadra, allestendo una rosa con carenze tecniche e soprattutto caratteriali sulle quali evidentemente l’allenatore può incidere fino a un certo punto.
L’impressione è che non ci si sia resi conto subito della necessità di rinnovare profondamente la rosa, seguendo le indicazioni di Ancelotti, che è invece stato individuato come capro espiatorio: il fatto che in questi stessi 12 mesi il tecnico di Reggiolo, spesso etichettato come “bollito” o capace di allenare solo fuoriclasse, abbia portato l’Everton (che di fuoriclasse non ne ha) dalla zona retrocessione al secondo posto in Premier, dovrebbe far riflettere molto.
L’eccessivo ritardo nel processo di rifondazione ha fatto perdere al Napoli anche l’occasione di rivendere nel momento migliore alcuni giocatori, e di conseguenza la possibilità di investire cifre maggiori per sostituirli.
A tal proposito basta pensare al caso-Allan, ma anche alla decisione di non vendere Koulibaly a cifre inferiori a quelle di un ormai ipotetico valore di mercato, che il centrale senegalese non potrà mai più raggiungere, visto che l’età avanza e che le sue prestazioni raramente sono state all’altezza della sua fama nell’ultimo anno e mezzo.
Purtroppo anche il livello degli acquisti messi a segno nelle ultime due stagioni non sembra garantire la permanenza degli azzurri ai massimi livelli, nonostante l’ambiente ed i media continuino a parlare di squadra di grande qualità.
E’ vero che quest’anno la rosa è profonda e completa in tutti i reparti, ma ormai i vari Lobotka, Demme, Politano, Bakayoko ecc. hanno ormai dimostrato di non essere giocatori paragonabili a quelli che hanno fatto le fortune recenti del Napoli, come Hamsik, Albiol, Jorgino ed il miglior Allan.
Uniche, felici eccezioni, Manolas e soprattutto Lozano, peraltro accantonato per un anno in quanto “pallino” del vecchio tecnico, ed ora per distacco miglior attaccante azzurro per rendimento e gol segnati.
La difficoltà nel cedere altri giocatori fuori dal progetto tecnico ma ancora a bilancio con ingaggi pesanti, come Ghoulam o Malcuit, ha poi messo il Napoli nella paradossale condizione di avere un’abbondanza di terzini in rosa, ma una carenza di terzini in grado di essere messi in campo, con il risultato di un sovrautilizzo di Di Lorenzo e Mario Rui, arrivati totalmente spompati a fine anno.
Particolarmente discutibili, infine, le scelte nell’allestimento del reparto offensivo, che non hanno risolto gli evidenti problemi di sterilità emersi nel 2019: si è scelto di rinnovare a cifre folli il contratto di Dries Mertens, autore di sole 11 reti in questo 2020, e di andare al muro contro muro con Milik, “reo” di non aver voluto rinnovare il contratto, forse proprio perché consapevole di essere “chiuso” da Mertens.
La scelta di confinare il polacco in tribuna (unico giocatore in scadenza a subire questo trattamento) è doppiamente autolesionistica: oltre a privarsi delle prestazioni di un giocatore che in maglia azzurra ha comunque segnato 48 gol in 122 partite, il Napoli sta depauperando un patrimonio che perderà probabilmente a costo zero a fine stagione, visto che è difficile credere che qualche squadra sarà disposta a spendere a Gennaio i 18 milioni che i partenopei si ostinano a chiedere.
Del resto gli acquisti fatti in estate non hanno fatto certo meglio di Milik: Petagna è un buon giocatore, in grado di colmare il gap fisico del reparto, ha già segnato qualche gol pesante ma non ha mai brillato per prolificità, ed Osimhen, giovane nigeriano pagato una cifra blu al Lille, già prima dell’infortunio che lo tiene ai box da ormai due mesi aveva dimostrato di aver bisogno di tempo per maturare ed adattarsi al nostro calcio.
Il rendimento dell’asfittico attacco azzurro ha certificato tutte le perplessità sulla scelta, fatta dalla società, di non cercare un bomber affermato ed affidabile, pur se non di primo pelo (del resto Mertens ha 33 anni), come gli svincolati Cavani (a Giugno) e soprattutto Ibrahimovic (a Gennaio), che Gattuso e Giuntoli avrebbero addirittura rifiutato di prendere e che invece avrebbe risolto anche molti problemi di mentalità e di leadership, come dimostrato da Ibra nel Milan.
Uniche note liete, il già citato Lozano e Lorenzo Insigne, autore di numerose buone prestazioni e di diversi splendidi gol, che si è ritagliato indubbiamente il ruolo di leader tecnico di questo Napoli anche se fatica a prendersi quello di leader in campo, per via di atteggiamenti ancora non consoni a quelli che un capitano dovrebbe sempre avere (vedi espulsione a S. Siro).
A tutti gli errori commessi da Giuntoli, si devono purtroppo aggiungere quelli di Gattuso, che come detto non è l’unico responsabile di quanto visto ma che non è riuscito ad invertire il trend negativo, mettendoci anche del suo: dopo un anno dall’inizio della sua gestione, la squadra non ha un’identità tattica precisa (4-2-3-1 o 4-3-3? Il dubbio amletico persiste), ma non appare neanche capace di interpretare più spartiti, risultando spesso priva di idee in campo.
Al di là degli interventi auspicabili nell’immediato sul mercato (indispensabile un terzino sinistro, necessario uno destro, servirebbe anche un centrocampista in grado di dare qualità e tempi di gioco), il Napoli sembra aver imboccato un lento ma inesorabile declino, nel silenzio dei media ed anche degli atavici detrattori di De Laurentiis, che fino a due anni fa inorridivano alla sfilza di secondi posti e che oggi tacciono di fronte alla concreta possibilità del secondo anno consecutivo senza Champions.
A far specie, in tutta onestà, è proprio l’atteggiamento passivo del patròn azzurro, che in passato aveva azzeccato tempi e modi degli interventi decisivi, anche se magari dolorosi (come accadde per l’esonero di Donadoni ed il siluramento di Pierpaolo Marino), per la costante ascesa della sua creatura.
C’è da sperare che, nonostante tutte le difficoltà dovute alla pandemia, AdL ritrovi l’entusiasmo dei giorni migliori e faccia le scelte giuste per scuotere il suo Napoli da un torpore decisamente pericoloso.