Oggi è una giornata un pò speciale perchè Senzalinea intervista Gianluca Falletta, colui che è identificato da molti come il “papà” dei cosplayers italiani, volete sapere perchè? Basta continuare a leggere il nostro articolo!
Ringrazio Evenstar Cosplay che mi ha aiutato (non poco) a realizzare questa intervista.
Iniziamo subito con le presentazioni!
Ciao a tutti, mi chiamo Gianluca Falletta, 36 anni, romano, affetto, probabilmente, da una grave sindrome di Peter Pan. Ho la fortuna di fare il lavoro più bello del mondo, creo mondi fantastici con l’obiettivo di dare emozioni a bambini di ogni età: sono un imagineer e, per lavoro, realizzo parchi tematici e attrazioni in giro per il mondo.
Sei considerato il “papà” dei cosplayer italiani, quando hai iniziato?
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana … Era il 1997 quando indossai il primo costume, da Lord Sith: in quelli anni nacque l’Associazione Culturale Satyrnet e l’omonimo portale www.satyrnet.it, una delle prime community online dedicate al Cosplay. Grazie a Satyrnet iniziai a collaborare con i principali Festival italiani, in primis Romics proprio per creare i primissimi eventi cosplay in Italia.
Com’è cambiato il movimento cosplay in questi anni?
Bhe, quando ho iniziato i costumi erano fatti di cartone, stoffa incollata e tanta fantasia … ho visto cambiare moltissimo questa passione in questi 20 anni sia dal punto di vista tecnico che sociale. Da uno sparuto gruppo di pazzi in costume (all’inizio i cosplayer italiani erano così pochi che ci conoscevamo direttamente tutti, uno per uno), sostanzialmente nerd, ora il Cosplay può essere descritto come una vera e propria arte creativa che ha trasformato migliaia e migliaia di fruitori mediali passivi in veri attori protagonisti nell’industria dell’intrattenimento.
Secondo te quanto hanno influito i social network a cambiare e diffondere il cosplay?
Ovviamente tanto anche se bisogna ricordare che proprio grazie all’iniziale diffusione di internet il cosplay è riuscito a muovere i primi passi, quasi in parallelo. Quando iniziai, tutta la community italiana era già attivissima su pochi forum e chat dedicate: l’evoluzione è stata dunque naturale verso i social network. Sono morti molti “siti personali” (blog ante litteram) in favore della pagine FB dedicate ma sostanzialmente l’incremento è stato sincrono con l’aumento degli stessi cosplayer italiani.
Tra tutti gli eventi cosplay a cui hai partecipato, avanti o dietro le quinte, ce ne è uno a cui sei particolarmente legato?
Sono legato a tutti per diversi motivi: Cartoomics di Milano è un “luogo sicuro” organizzato da persone meravigliose con le quali sentirsi a casa; Cospladya / Palermo Comic Convention è realizzato da persone che amo definire “fratelli e sorelle”; Lucca Comics & Games mi ha letteralmente tolto il fiato dalla gola la prima volta che ho presentato il Cosplay Contest sul “quel palco”; anelo ogni anno la primavera per incontrare lo straordianario pubblico di Napoli Comicon mi abbraccia ogni anno con il suo calore unico in Italia. Per non citare gli eventi “più piccoli” in cui vedi magari i cosplayer alla loro prima esibizione e ti commuovi ogni volta nell’accompagnarli nel grande “salto” sul palco … insomma ogni evento mi ha lasciato qualcosa di importante.
C’è un cosplay che vorresti ancora realizzare? O veder realizzato?
Ormai, purtroppo il mio costume nelle fiere del fumetto è quello in “giacca e cravatta”. Con la mia adorata designer Micol Notarianni sto ora realizzando il costume “spoiler” di Luke Episodio VIII per la Rebel Legion Italian (in cui ricopro, con sommo onore, il ruolo di BMO). Il costume che vorrei tanto creare, non per me ma per la mia compagna, è quello del Capitano Phasma del Primo Ordine … ma è davvero complicato!
In questi anni il cosplay è diventato anche un business, tu come la pensi?
Considerando che parte del pane che porto a casa ogni sera è ottenuto proprio grazie agli eventi cosplay penso che si, è il mio lavoro! Ovviamente da Organizzatore di Eventi la mia visuale su questa questione ha un occhio particolare. Sostanzialmente posso rispondere con un concetto: odio lo sfruttamento. Se è una grande azienda produttrice di un videogioco o una major cinematografica per lanciare il proprio prodotto sul mercato ha necessità di utilizzare performer in costume, cosplayer, per il proprio evento, è doveroso che chi lavora debba essere pagato per farlo. Chi ha deciso di creare un costume non solo per se ma anche offrendo la propria creatività e la propria esperienza sartoriale ad amici e conoscenti con le “commission” è giusto venga pagato per il suo lavoro. Ovviamente senza dimenticare che il cosplay è una passione che ha fatto sì che molti fruitori siano diventati veri e propri artisti, make-up artist, costumisti, designer non solo “per amore” ma come obiettivo lavorativo per la propria vita.
Cosa di ciò che hai realizzato in questi anni in Italia ti ha dato maggior soddisfazione?
Dovete sapere che anche quando creo le “attrazioni” ci metto sempre tutto me stesso, tutti i miei sogni e tutte le mie passioni: quindi c’è un po’ di Cosplay anche nei parchi a tema dove ho lavorato. Cinecittà World, ad esempio è “molto cosplay”, oserei dire “molto nerd”, mentre nel Luneur Park di Roma ci sono tutti quei colori magici che compongono la tavolozza espressiva della nostra comune passione.
Parlando della nostra città e quindi dell’evento Napoli Comicon che ti ha visto sui suoi palchi con grande piacere per noi tutti, cosa ne pensi?
Come ho detto prima, Napoli Comicon è un evento a cui tengo tantissimo. Prima come giuria e poi come presentatore ho avuto la fortuna di partecipare al cosplay contest sin dalla prima edizione (saltandone, purtroppo una per motivi familiari). Mi ricordo ancora quando, prendendo il testimone dai grandiosi Anime Boarders, chiamai, prima di salire sul palco, la cara Viviana in lacrime per ringraziarla per tutto il lavoro fatto e chiedendo una “benedizione” per questo nuovo percorso sul palco! Il pubblico di Napoli è sicuramente il più caloroso d’Italia e mi riempie sempre il cuore.
Hai qualche aneddoto da raccontarci legato alla tua attività di cosplayer, direttore artistico, divulgatore di questa attività e cultura ludica?
Ne potrei scrivere un libro! Ve ne racconto solo una. A Romics c’era un biglietto gratis per chi entrava in cosplay: in un’edizione venne questo distinto signore in giacca e cravatta, si avvicino alla postazione di Satyrnet e chiese il biglietto omaggio. Noi gli chiedemmo il motivo, non sembrava assolutamente in costume: lui, candidamente, si tolse gli occhiali, si slacciò la cravatta e allentò i bottoni della camicia rivelando una maglietta di Superman…
Come si è evoluto il tuo ambito lavorativo in questi anni? A cosa sei arrivato e a cosa ti proponi ancora di arrivare?
Da una parte le grandi fiere del Fumetto si sono “professionalizzate” essendo ormai pensate, prodotte e gestite come vere e proprie agenzie di Eventi. Dall’altra, dai quattro o cinque grandi eventi nazionali ormai si è arrivati ad una diffusione capillare, giornaliere, a volte inutile, di piccoli eventi cosplay ogni weekend in ogni località Italiana. Io stimo molto la nascita di nuovi gruppi di organizzatori di eventi, ma quello che noto è che molte volte non c’è un progetto creativo dietro a queste produzioni: il più delle volte c’è rivalità e voglia di creare qualcosa solo ed esclusivamente per interessi personale. Se disperdiamo la nostra passione allora non saremo mai uniti offrendo un prodotto bello, unico, coinvolgente ed emozionale!
E andiamo su una domanda alquanto particolare, se tornassimo indietro negli anni, a quando hai iniziato con questo percorso… come ti vedevi? Cosa sognavi di essere “da grande”? E nel caso, i tuoi sogni in tal senso si sono realizzati?
Il mio lavoro è nato per “saltare le file”… odio le file e le qline. Avevo due passioni da piccolo, Expocartoon (la prima gloriosa fiera del fumetto capitolina) e i Luna Park … solo che già non sopportavo di mettermi in fila per fruire di queste mie passioni, così ho deciso di “passare” dall’altra parte… a parte gli scherzi, sono una persona fortunatissima perché ho la possibilità unica di poter campare “creando” emozioni per regalarle al pubblico: il mio percorso di vita e lavorativo è sempre stato segnato da questo obiettivo, da quando la Suora alle elementari mi faceva fare Gesù Bambino alle recite di Natale!
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