A due anni di distanza dall’enorme – quanto, forse, anche insperato nelle sue proporzioni – successo del primo film, sempre diretto da Muschietti, questo secondo episodio chiude il cerchio intorno al sofisticato narrato originale del romanzo di Stephen King.
A 27 anni dagli avvenimenti descritti nel primo capitolo, tornano i componenti del “Club dei perdenti” – ragazzi incappati nell’orrore della cittadina nella quale sono cresciuti: Derry.
Benché segnati dall’esperienza, nel tempo, questi sono riusciti a rimuovere con misterioso distacco la memoria viva di quegli eventi, cercando di vivere, con maggiori o minori fortune, le proprie vite.
Quasi tutti sono andati via dalla loro città natale. Vi è rimasto il solo Mike, l’unico a non aver dimenticato e capace di cogliere quei segni premonitori che avvisano che quell’orrore sta tornando. Per combattere il mostro, Mike contatta quindi i vecchi amici, richiamandoli al patto stipulato da ragazzi, allo scopo di terminare l’opera al tempo innescata.
Ovvio che ognuno di loro sia colto dalla farraginosità del proprio quotidiano, ma nulla potrà impedire il ritorno a Derry. Ad eccezione di Stanley, che si suicida al solo pensiero di ritrovarsi al cospetto di quel demoniaco abominio. Gli altri, decidono invece di affrontare nuovamente It.
‘It – Capitolo 2’ è la narrazione del secondo round dell’incontro tra il gruppo dei perdenti e Pennywise, il mefistofelico clown che dimora presso i sotterranei di una placida cittadina americana, ivi annidatosi come un cancro letale che attenta all’integrità del sogno americano nella sua accezione più pura, quella di sani valori innestati e condivisi nell’ambito di una comunità apparentemente serena.
Sui visi dei protagonisti han fatto immancabile breccia i segni del tempo, perdendo l’innocenza dell’adolescenza ancorchè plasmati dai ceselli forniti da delusioni e illusioni, oltre che dai successi e dagli insuccessi della vita.
Però, a dimostrazione che certi legami – creati nella solidarietà di tempi delicati come quelli della giovinezza – non si allentano, ritrovano compattezza e amicizia andando incontro al loro destino. La tematica è tipicamente kinghiana e Muschietti la affronta senza l’ispirazione poetica di Rob Reiner in ‘Stand By Me – Ricordo di un’estate’ (altra materia di partenza, comunque), ma con un’apprezzabile sensibilità che consente di mantenerne il pathos pur in un contesto da horror spettacolare.
I personaggi sono sviscerati in modo efficace e approfondito. Ciascuno di loro è spiegato attraverso aspetti significativi del carattere, per favorire la differenziazione e stimolare l’interesse dello spettatore, che viene indotto a interessarsi dei loro destini. La scorrevole interazione tra passato e presente, in uno al frequente ritorno ai personaggi “ragazzini” aiuta poi ad assaporarne le motivazioni, oltre che a pesare la consistenza del legame che li accomuna, nel bene e nel male.
Nelle ultime battute del film, Muschietti e l’esperto sceneggiatore Gary Dauberman eccedono forse nel focalizzare sentimenti e porre a elemento poetico l’amicizia fra i protagonisti, ma in un film horror, anche come “Intra-Section Cutting”, la cosa ci può stare.
Muschietti conferma le sue doti conduttive di regista e rinvieni improvvisi, impressionanti e convincenti sprazzi visuali – tra le altre, menzione d’onore per la vecchietta che offre un tè a Beverly – facendo leva in altre occasioni su un tessuto fantasioso più usuale, ma sempre comunque realizzato con impegno ed efficacia.
L’impatto visivo è rilevante e la storia, pur sgocciolata nell’arco di una notevole durata, scorre avvincente e punteggiata da qualche “momento di salto dalla sedia” ben collocato, per giungere fino alla resa dei conti finale, che si dipana a lungo tra vicende varie e di segno opposto, contornata da un tripudio di effetti speciali di pregevole livello. Fino ad arrivare, in conclusione, sino a un finale più simbolico che verosimile, tuttavia in sintonia con il nocciolo della storia.
I singoli componenti del cast offrono prove di livello non omogeneo, ma complessivamente di buon lignaggio. Jessica Chastain è una verosimile Beverly, cesellata dal suo essere scossa da scelte vita sbagliate: certo, non possiede il raggiante bagliore di Sophia Lillis (la giovane Beverly), ma forse ciò si rivela coerente con lo sviluppo del personaggio. Jay Ryan e Bill Hader spiccano nei ruoli di Ben e Richie, mentre Bill Skarsgård sembra davvero a suo agio nel ruolo del lugubre Pennywise. Come non segnalare, poi, lo spassoso cameo del re dell’orrido in persona, un inquietante Stephen King, che si diverte nei panni di un negoziante che rivende a Bill, a salatissimo prezzo, la sua bicicletta di ragazzo.
Sempre in tema di “special guests”, da segnalare pure l’apparizione di Peter Bogdanovich (illustre regista), proprio nei panni di un regista.
In buona sintesi, una pellicola che soddisfa palati già avvezzi al genere e strizza l’occhio a possibili nuovi fruitori. Un film che non delude le attese, che offre momenti di ludico spavento e uno spettacolo che resta fedele alle tematiche fondamentali del libro di King: non è poco, in fondo.
E voi? Lo volete un palloncino.
Sappiate che, per voi tutti, Pennywise ha fatto ampie scorte.
Quindi, pure se è ormai finita l’estate, potreste provare anche voi a galleggiare…