Pozdrav svima! Benvenuti in Croazia!
Si può datare la letteratura croata a quando gli slavi vennero cristianizzati e venne creato per loro un alfabeto ad opera dei fratelli Cirillo e Metodio con il quale poter mettere per iscritto la loro lingua e con il quale ufficiare la Messa anche se i croati, fieri della loro cultura legata all’Occidente e al mondo latino, rimarranno fedeli alla Messa in latino e all’alfabeto latino con l’aggiunta di segni diacritici. Rimane comunque importante quest’alfabeto chiamato “glagotico” perché il suo utilizzo (adattato al dialetto ciacavo della Dalmazia) è la base della letteratura croata e servì per numerosi testi non religiosi e per la vita quotidiana.
Scopriamo insieme autori croati da leggere assolutamente.
Addio, cowboy di Olja Savicevic
Dada, una giovane studentessa fuori corso, ritorna alla vecchia casa in Dalmazia per accudire la madre che dà segni di spaesamento. Il vero motivo del suo ritorno, però, è un altro: scoprire la ragione del suicidio di Danijel, il fratello minore, un diciottenne introverso e solitario con una grande passione per i cowboy. Chi è veramente Herr Professor? Che cosa c’entra con Danijel? Perché tutti sembrano sapere la verità? E poi, che ci fa Ned Montgomery in città? Perché vuole girare un western proprio in Croazia? Olja Savicevic tesse la trama di un romanzo avventuroso, ricco di salti temporali e di incontri, per scoprire l’inganno, la colpa e il suo peso, annidati tra le pieghe di vicende familiari. I rapporti tra una madre e due figlie rimaste ad accudirla, senza sapere badare a sé stesse; un padre quasi dimenticato, come la Iugoslavia e il Kino Balkan; la guerra che sta in sottofondo e una generazione troppo giovane per avervi partecipato, ma abbastanza adulta per distinguere un prima e un dopo. La periferia di Spalato, il degrado e le passerelle estive dei turisti.
Odore di madre di Vedrana Rudan
Il rapporto delle figlie con le madri è sempre complesso. Dietro l’amore si celano sempre tanti nodi irrisolti, inevitabili per un rapporto che inizia praticamente al momento del concepimento. Finché arriva il momento della resa dei conti. Può capitare, come alla protagonista di questo romanzo, quando la madre, invecchiando, perde autonomia ed ha, avrebbe, maggior bisogno del sostegno, fisico e morale, e la figlia, già sessantenne, sposata, con una figlia a sua volta e una vita ormai propria e consolidata, trova difficoltà a darglieli. E non per mancanza di amore, ma per tutti, appunto, quei nodi irrisolti da essere diventati ormai una matassa ingarbugliata che forse, forse, solo la sua morte potrà sciogliere.
Vedrana Rudan, scrittrice provocatrice e trasgressiva quale notoriamente è, in questo romanzo intenso, così carico di verità spesso ipocritamente taciute, affronta da par suo, con coraggio, questo tema, mettendo a nudo l’egoismo dei figli ma anche il loro diritto a vivere la propria vita. Magari come, giustamente, hanno fatto anche le loro madri, pur pretendendo ora che ne sono impedite, magari con il ricatto o la maledizione, devozione assoluta.
La morte della piccola fiammiferaia di Zoran Ferić
Siamo sull’Isola di Rab, Croazia, nel 1992, alla fine della stagione turistica. E dalla terra ferma già si sentono gli spari. Rab invece è un mondo ancora non toccato dalla guerra. Ma qui le cose non sono mai quello che sembrano. Qui le persone vivono vite di provincia, e la provincia, con la sua apparente calma, è il luogo dove possono accadere le atrocità più terribili. È con queste premesse che ci si deve avventurare nella vicenda di Fero, un patologo che torna sulla sua isola di origine e si imbatte nel caso della piccola fiammiferaia. È lei il personaggio intrigante attorno a cui si muove la storia e che determina il coinvolgimento dei Servizi segreti romeni nella inquietante vicenda del romanzo. “La morte della Piccola Fiammiferaia” con uno stile pungente, sarcastico e ricco di humour nero ci offre una solida immagine di un mondo in trasformazione.
Il ritorno di Filip Latinovicz di Miroslav Krleža
Inseguendo se stesso e una vena creativa da tempo perduta il pittore Filip Latinovicz fa ritorno dopo oltre vent’anni nei luoghi della sua infanzia, dove lo attendono una madre spregiudicata che molti anni prima lo ha cacciato e il fantasma di un padre senza volto e senza nome. In una piccola comunità di individui pieni di risentimento e personaggi di antico lignaggio, rimasti legati alle vecchie tradizioni asburgiche e dediti all’inconsapevole celebrazione della propria decadenza, la ricerca del padre culminerà in un finale drammatico e sorprendente, passando attraverso una torbida e tragica avventura amorosa.
Paesaggio con ombre in un interno di Spomenka Štimec
È la fine di un amore, difficile fin dall’inizio, per diversità di cultura, lingua, abitudini. Lui chiude quella che considera una relazione ormai sgretolata, lei si ritrova improvvisamente sola, incapace di lasciarlo andare. E adesso? Aggrapparsi ancora a una speranza? A un ricordo? A mille dettagli insignificanti che irrompono nella nuova solitudine? Ecco che l’ossessione si impadronisce di ogni suo respiro, la consuma, la spinge a rifugiarsi nella propria interiorità, dominata da un’insicurezza che si manifesta nel dare ascolto a una vocina che a volte si atteggia ad arrogante maestra di vita, a volte a nascosta complice, a volte a sorella compassionevole, a volte a irritante commentatrice estranea. Con uno stile sprezzante, asciutto e scattante, la scrittrice fa emergere l’anima saturnina pervasa da una lucida e controllata autoironia della protagonista, combattuta tra il riappropriarsi della propria identità e il superare le barriere culturali per avvicinarsi all’altro e riempire il vuoto dell’abbandono. Fa da sfondo il mondo esperantofono, la lingua neutra e unificatrice, unico punto di contatto tra i due.
Il ministero del dolore di Dubravka Ugrešić
Tanja Lucic è scappata dalla Jugoslavia, dilaniata dalla guerra etnica degli anni Novanta. Ha trovato rifugio ad Amsterdam, dove insegna all’Università. I suoi studenti sono profughi come lei, e per mantenersi gli studi lavorano al “Ministero”, una pornosartoria che rifornisce di indumenti sadomaso i sexy shop della città. Il compito di Tanja sembra impossibile: insegnare letteratura jugoslava, una materia che non esiste più, come la sua identità e il nome del suo paese. Tutto ciò che definiva il termine “jugoslavo” è stato distrutto, ridotto a numero, gruppo di sangue, confine. Le lezioni diventano così una meditazione su una terra perduta e su quanto esista ancora di recuperabile. La nostalgia è il fragile legame che unisce Tanja agli studenti, accomunati dalla loro condizione di stranieri sia nel paese di origine sia in quello che li ha accolti. Un legame che rischia di spezzarsi quando eventi tragici costringono il gruppo ad affrontare le conseguenze della violenta disintegrazione della loro patria.