A dieci giorni dall’inizio della guerra Russia-Ucraina siamo piombati in un incubo senza fine che ancora si stenta ad assorbire.
Sembra impossibile svegliarsi per scacciare via immagini e grida di dolore di un popolo straziato e invaso.
La difficoltà di decifrare il momento è data dal colpo al cuore che una tale invasione ingenera in ciascuno di noi.
Sebbene dal 2014 l’Ucraina vive una situazione complessa nei confini con la Russia, con le tensioni tra le diverse fazioni che hanno provocato migliaia di morti, l’aggressione ad uno Stato indipendente, sovrano e libero lascia sconcerto e indignazione e non trova alcuna giustificazione.
Le guerre sono diffuse anche in altre parti del mondo, ma l’attacco brutale all’Ucraina da parte della Russia, per quanto fosse nelle intenzioni di Putin da sempre, desta fortissime perplessità perchè è lo scontro tra democrazia e autocrazia, tra libertà e dittatura, tra europeismo e nazionalismo becero, tra desiderio di indipendenza e smania di supremazia, tra aggrediti e aggressori, tra innocenti e irresponsabili.
Dai coraggiosi fotoreporter e inviati che in questi giorni vivono la guerra da vicino arrivano le drammatiche immagini di bombe, esplosioni, bunker in cui sono stipati i cittadini in fuga dai missili, che stanno straziando e lacerando intere città, seminando morte e disperazione, in barba al decalogo delle norme umanitarie sancita e sottoscritte da tutti dopo la seconda guerra mondiale.
Sembra di essere piombati in un passato così lontano nel tempo solo che questa volta le immagini sono a colori!
Non è possibile accettare che i palazzi, le scuole, gli ospedali, le strade, i ponti, vengano sistematicamente bombardati e, nonostante le promesse in sede di negoziati di favorire un corridoio umanitario per salvare i civili inermi e innocenti, non si riescono ad evacuare le migliaia di cittadini incastrati nelle città a causa di bombardamenti incessanti e di un cessate il fuoco mai realizzato né attivato né rispettato.
La stessa Croce Rossa, nel tentativo di avviare il corridoio umanitario, per scappare da Mariupol, una delle città più dilaniate da questa guerra spaventosa dove non vi sono più acqua, medicinali e beni di prima necessità, o anche da Odessa e da altre città devastate, ha dovuto comunicare il fallimento della fuga dei civili a causa di persistenti e insistenti bombardamenti anche sulle auto in fuga di civili che tentato di lasciare il paese sotto il tonfo dei missili.
E così, non si salva nessuno…ieri la notizia straziante del piccolo Kiril morto in conseguenza delle ferite riportate dalle schegge dopo l’arrivo di una bomba e condotto da un padre disperato in ospedale per provare a salvarlo, ma l’ospedale è privo di corrente elettrica e i medici hanno fatto di tutto per salvarlo con l’ausilio della torcia dei cellulari ma nulla…il piccolo di soli 18 mesi non ce l’ha fatta!
E’ la sconfitta della guerra, la perdita della vita come danno collaterale…
File e file di civili che scappano e affollano le frontiere di Polonia e Moldavia che si sono attivate per fornire assistenza e smistare i civili per le più svariate destinazioni. In Italia si contano già 14 mila ucraini accolti.
Quasi tutte donne e bambini perché gli uomini dai 18 ai 60 anni sono trattenuti nel paese per far fronte alla resistenza e allora saluti e addii dolorosissimi e indicibili, alle stazioni di treni, autobus o alle frontiere, a cui non avremmo mai pensato di assistere.
Se poi si prova a pensare ai ragazzi 18enni, ragazzi modernissimi, abituati a trascorrere le giornate tra scuola, sport e chat con amici sui social, costretti ad arruolarsi per difendere la loro libertà è disarmante.
A quell’età non si può essere equipaggiati per la guerra né psicologicamente né fisicamente.
Un travaglio che vede sullo stesso piano aggressori e aggrediti: molti soldati russi, giovanissimi, si sono arresi e hanno testimoniato la loro fragilità e impreparazione rispetto ad una guerra che non sapevano di dover affrontare.
Dalle loro dichiarazioni, si aspettavano un’attività di peacekeeping e si sono trovati a sparare bombe sui loro cugini vicini di casa, in una guerra fratricida e ingiustificata e ingiustificabile e così turbano ma riscaldano il cuore le immagini delle donne ucraine che accolgono, riscaldano e assistono un soldato russo poco più che diciottenne.
Un destino drammatico comune per le generazioni di giovanissimi di questi due paesi vicini che sono passati dai lanci di like ai lanci di missili e molotov improvvisate per le strade della città a cercare di vincere una guerra che si presenta complessa e difficile.
La rabbia, lo stupore, l’indignazione restano le sensazioni più forti, perché non è accettabile sotto nessun punto di vista la guerra, e la spinta alla guerra.
Putin non dà segnali di resa o di voler frenare la tragica escalation delle armi. Macron si è detto particolarmente preoccupato per aver sentito un Putin, sempre più determinato nel raggiungimento del suo obiettivo con o senza negoziazioni e con o senza rispettare il diritto umanitario internazionale che dovrebbe tutelare i più deboli: bambini e anziani in primis.
Il problema è la contropartita: se Putin insiste sulla resa dell’Ucraina e sulla debacle dell’attuale presidente ucraino, è chiaro che la guerra non finirà a breve, e lo stesso Presidente, Zelensky, nel chiedere ancora una volta un intervento attivo e fattivo della Nato e dell’Europa nella battaglia sul campo e nei cieli con la previsione di una “no fly zone”, ha dichiarato: «Vi chiediamo ogni giorno una no fly zone, se non ce la date, almeno forniteci aerei per proteggerci. Se non ci date neanche questi, rimane una sola soluzione: anche voi volete che ci uccidano lentamente. Questa sarà anche responsabilità della politica mondiale, dei leader occidentali. Oggi e per sempre». Queste le drammatiche parole di quello che si presenta come un ultimo appello ai leader occidentali.
La comunicazione, l’informazione e l’uso del media di turno sono parte fondamentale di questa guerra, protagonisti del racconto ma anche delle fake, testimoni della violenza efferata della guerra, non a caso il New York Times ha messo in prima pagina quanto avvenuto ad Irpin, cittadina a Ovest di Kiev, dove i soldati russi hanno aperto il fuoco sui civili in fuga verso la Polonia e la foto ritrae una giovane mamma coi suoi figli uccisi brutalmente mentre cercavano di scappare con tanto di zaino preparato ancora sulle spalle.
Se ci soffermiamo ad immaginare, per un istante, quegli attimi folli di paura per indovinare cosa mettere negli zaini, i documenti, gli oggetti giusti e utili, determinanti in una fuga tanto improvvisata e definitiva perchè l’addio alla propria terra non si presenta breve e non ha alternative essendo l’unica scelta – dolorosa, atroce – per la salvezza…
E invece, bum bum, tutti e tre morti, la paura di morire che si trasforma in una dura realtà da accettare e così la morte che diviene informazione, che turba, che addolora, che stravolge, che è brutale e che ci consegna la brutalità e le conseguenze dell’essere nemici.
Zelensky e Putin, ciascuno a modo suo, utilizzano gli strumenti mediatici, l’uno forse per continuare a dimostrare di essere vivo, per dare fiducia ai cittadini e ai militari rispetto ad una battaglia sul campo, difficilissima per il grande divario di forza e potenza militare tra le due nazioni e, forse, strategicamente per prolungare la sua stessa vita, appesa ad un filo e chiedendo aiuto, continuamente, senza sosta, e l’altro per manifestare il suo potere assoluto, seduto ad un tavolone, di produzione italiana, peraltro, sempre più lungo, sempre più distante, sempre più potente, un vero macho, corteggiato ai fini della pace da diversi rappresentanti e leader politici internazionali, quali Bennett, Scholz e Macron ovvero ritratto e ripreso in un bunker che viene organizzato a studio improvvisato, rintanato da solo e isolato da tutto e tutti, fiero e bastante da solo a se stesso.
Eppure sordo, completamente sordo all’idea pacifica della fine di questo conflitto, senza la realizzazione delle sue mire espansionistiche (che poi chi garantisce che “presa l’Ucraina” si accontenti e non si getti in un Risiko sempre più pericoloso puntando ad altri territori?) o semplicemente della sua dimostrazione di maschio alfa, potente, che ha colto la fragilità di un occidente fermo per colpire e agire secondo piani orditi da tempo immemore, solo rimandati ad un momento giusto, quello attuale dopo lo sfinimento del covid, della pandemia e delle restrizioni fisiche e mentali vissute, dopo le morti e le sofferenze, in un filo senza soluzione di continuità che lega ancora vita e morte in modo troppo ravvicinato e lontano dalla loro evoluzione naturale.
La comunicazione e l’informazione che sono parte centrale e vitale della propaganda russa che ha tappato la bocca a tutti i social più famosi nel mondo, Facebook, Twitter, Instagram e Tiktok, proibendo loro di trasmettere immagini di guerra e notizie in merito, attuando una vera e propria censura da dittatura, senza se e senza ma, sono di fatto pilotate, controllate e depistate per non raccontare una verità storica scomoda e fastidiosa come la guerra in atto.
Basti rievocare le immagini del cartone animato realizzato per le scuole e i bambini russi che vanno educati alla guerra e così i russi sono i buoni e gli altri i cattivi e come tali vanno disarmati, a supporto della ingiustificabile scelta di arrestare bambini che in difesa dell’ideale di pace avevano portato dei fiori all’ambasciata ucraina.
I russi ora, però, si vedono isolati dal mondo social, non possono vedere tutti i canali televisivi, non possono utilizzare le loro carte di credito e non hanno più soldi che si stanno depauperando ogni giorno di più a causa delle sanzioni e come è possibile, nonostante gli innumerevoli arresti per le proteste no war, che però gran parte della popolazione russa non conosca o ignori semplicemente la dinamica dell’attuale conflitto?
Peraltro, la Russia potrebbe sentirsi isolata ma, di fatto, questa situazione non funziona da deterrente per la dinamica del conflitto, e solo con una intermediazione autorevole si potrebbe portare Putin ad un tavolo di confronto per fare un passo indietro e impedire alla storia di raccontare ancora tragicamente questa sanguinosa ostilità con una conta inarrestabile di morti e storie dolorose.
La sensazione però che traspare anche dalle dichiarazione di Macron è di un Putin, determinato, per niente pentito, o intento a tornare sui suoi passi che non mollerà facilmente i suoi obiettivi, anzi le sanzioni, le parole e le manifestazioni contro la Russia in tutto il mondo, l’isolamento dal commercio internazionale, dagli scambi di moneta, dallo sport sembrano incattivirlo e accanirlo rispetto al perseguimento dei suoi folli fini imperialistici.
Il Papa ha gridato il suo urlo di dolore nell’Angelus e a fronte di una posizione omertosa della Russia ha denunciato la pazzia di una guerra perchè di guerra si tratta e non di operazione militare!
La storia ci ha consegnato esempi brutali della scelleratezza umana eppure ora che lo stiamo vivendo, lo stiamo ascoltando, stiamo sentendo il dolore di migliaia di ucraini e di cittadini nel mondo che piangono per questa guerra, che ci siamo dentro, facciamo fatica a fronteggiare la scelleratezza di un uomo solo, un uomo pazzo, folle, un indemoniato, un tiranno che ha dichiarato guerra ad un popolo libero e indipendente, non riusciamo a frenare la decisione di uno, uno solo che vuole la guerra a fronte di una richiesta di pace insistente che non si arresta e che reclama dalle piazze di tutto il mondo, anche all’interno della stessa Russia, a gran voce la pace senza alcuna esitazione perché “se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia” (Gino Strada).