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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
Musica

La live music a Napoli e in Campania è davvero finita?

Sergio Forlani
Sergio Forlani 7 anni fa
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8 Min Lettura
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Allora: per questa volta tralasceremo gesta artistiche, mini biografie, curiosità e significati riguardanti i nostri amati “heroes” di rock, jazz, prog, canzoni e musica in generale per occuparci di qualcosa che riguarda da vicino noi musicisti meno noti al grande pubblico, ma nonostante ciò mai disposti a smettere di rincorrere i nostri personali sogni che si traducono, ovviamente, nello stare su un palco assieme ad altri musicisti in compagnia del proprio strumento e suonare per un pubblico possibilmente numeroso ed educato all’ascolto:  la scomparsa,o quasi, della live music a Napoli e dintorni. Per affrontare questo argomento bisogna necessariamente partire da lontano e fare riferimento agli anni 80, periodo in cui a Napoli sorgevano i primi veri spazi per la live music, come ad esempio l’Otto jazz club di Enzo Lucci a salita Cariati, Il City Hall di Dino Luglio al corso V.Emanuele e la Birreria Kronenburg  a Edenlandia. Vale la pena ricordare che l’Otto jazz club era frequentato dal fior fiore del jazz partenopeo come Antonio Golino, Antonio Balsamo, Franco Coppola, i fratelli Nini e molti altri, mentre il City Hall ospitava i musicisti che avrebbero poi formato il cosiddetto Neapolitan power assieme a Pino Daniele e James Senese come ad esempio i fratelli Bennato, Alan e Jenny Sorrenti, Ernesto Vitolo, Gigi de Rienzo, Teresa de Sio etc.

Sulla falsariga dei suddetti spazi nacquero poi l’Imago, sotto Portalba, il Calderone a Soccavo(luogo storico per la formazione di molti musicisti locali), il Michelemmà e Villa Avellino a Pozzuoli, tutti i piccoli club che caratterizzavano via Martucci, il Chaia a Piedigrotta, l’Around Midnight al Vomero, il Murat, il Bourbon Street e il Lontano da Dove al centro storico, per non parlare poi degli spazi che man mano sorgevano pure nel vesuviano come Le Maschere a Portici. Insomma, per farvela breve, io personalmente e i miei colleghi musicisti se andava male suonavamo due o tre volte a settimana, ovviamente con compenso sulla parola, dopo accordi verbali e mai scritti presi col gestore di turno. Di dichiarare le serate o “concertini”alla Siae con relativi borderò da compilare a cura dei musicisti manco a parlarne, per la serie ccà nisciuno è fesso, in fin dei conti il tipo di situazione che si era venuta a creare faceva comodo a tutti, per una serie di motivi. E’ andata avanti così per vent’anni più o meno, tra una bagarìa e l’altra( vedi ingaggio di due gruppi per la stessa serata da parte dello stesso locale, o disdette delle serate senza preavviso dalla sera alla mattina da parte di pseudo “direttori artistici” e, ahimè, anche musicisti), tra una discutibilissima linea di programmazione e l’altra(come riservare sistematicamente agli stessi musicisti per anni le date del venerdì e del sabato unicamente perché secondo la gestrice del locale in questione portavano gente, quando tutti sanno che in quei giorni gli incassi sono, o erano, garantiti dappertutto), tra una visita della Finanza e relativa temporanea sospensione dell’attività e l’altra(c’era sempre il vicino di casa di turno, preferibilmente giudice o avvocato, che assordato dai volumi alti chiamava immancabilmente il 113).

Poi un brutto giorno il giocattolo si è rotto e sono venute fuori le magagne, dove per magagne si intendono gestori di locali che non avevano assolutamente nessuna idea di come si gestisce un locale e una programmazione artistica, tant’è vero che col passare del tempo la qualità della ristorazione e soprattutto dell’offerta artistica è progressivamente scaduta e, in conseguenza di ciò, anche il pubblico si è via via allontanato dagli spazi per la live music optando per ristoranti, pizzerie, baretti(tutti ovviamente attrezzati di schermi per la trasmissione del calcio in diretta tv, ulteriore motivo dell’allontanamento della gente dai locali) e megaspazi per il cinema di massa. Tutto ciò ha quindi portato alla definitiva chiusura  della stragrande maggioranza dei suddetti spazi per la musica, nonché all’apertura e alla repentina chiusura, grazie a persone assolutamente improvvisate e a digiuno di cosa vuol dire gestire un locale, di qualche nuovo locale in città e in provincia. Altri spazi sono stati adibiti a caffè letterari con annessi tentativi di live music in parte abortiti, mentre appunto in provincia si organizzano  jamsessions di jazz  come ad esempio al Nevermind a Bagnoli e al Misvago di Casoria. Siamo evidentemente messi male se addirittura qualche associazione culturale cittadina inserisce nel proprio statuto il divieto di esibizione presso i propri locali di artisti che propongano progetti inediti!

E’ chiaro quindi che con questi chiari di luna un grande e speciale plauso di incoraggiamento vada ad Alberto Bruno ed Ornella Falco (esponenti storici del jazz management a Napoli) dell’itinerante  associazione culturale Live Tones che sin dall’inizio si è riproposta fermamente di fare Cultura a Napoli anche a costo di enormi sacrifici economici ed enormi difficoltà ed ostacoli burocratici ed amministrativi, ma proponendo sempre musica di contenuti con artisti di grande spessore, e dulcis in fundo a Michele Solipano, altro promoter cittadino  storico,  che con il Napoli jazz festival e altre manifestazioni  propone ogni anno cartelloni artistici di grande interesse in suggestive locations  cittadine. Chapeau a loro ma la situazione della live music a Napoli e Campania resta drammatica se si pensa alla recentissima notizia della chiusura del Modo di Salerno, altro spazio di rilievo della live music campana. E quindi a noi musicisti non resta che affidarsi alle suddette associazioni  e alla collaborazione con scuole di musica napoletane come Musicarmony in via Andrea d’Isernia per avere la possibilità di proporre dal vivo qualche interessante progetto e provare a coinvolgere di nuovo un pubblico attualmente male indirizzato dai media odierni, reclamizzanti il nulla assoluto, dal calcio in diretta tv il sabato sera e da un preoccupante e progressivo imbarbarimento culturale dovuto ai pessimi tempi che siamo costretti nostro malgrado a vivere, speriamo non per molto ancora. A questo punto scendano finalmente in campo gli enti locali come accade in altre regioni italiane per altri storici spazi per la live music, smettano di piangere sempre miseria(quando si vuole i fondi per l’organizza-zione  improvvisamente si materializzano) e si schierino definitivamente dalla parte dei movimenti culturali  seriamente ed instancabilmente  intenzionati a fare Cultura e Musica a Napoli e Campania. Adesso!

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Sergio Forlani Nov 24, 2018
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Pubblicato da Sergio Forlani
Inizialmente autodidatta, ad inizio anni 80 intraprende gli studi di armonia e improvvisazione jazz col maestro Franco de Crescenzo, sempre però prestando la massima attenzione alle sonorità ECM, etichetta simbolo del jazz europeo. Nel 1990 fonda PATSIMILE, band ispirata al sound del Pat Metheny Group con cui si esibisce nei maggiori jazz club campani. Qui fa il suo esordio nel gruppo il chitarrista Paolo Palopoli con il quale realizza a tutt’oggi quattro cd inediti, due di matrice etno/jazz(“Armodia etnica” ed “Etnodie”) e due di connotazione jazz/fusion(“First out” e il recentissimo “Back on the ground”). Al suo attivo anche “Non solo etno” con il quale interrompe momentaneamente il filone etno/jazz per dare spazio ad una delle sue passioni, la forma “song” eseguita con piano, contrabbasso e batteria. L’altro suo progetto è invece “SING & SWING – Beatles and songs in jazz” con il quale assieme al cantante Marco Miglio ripropone dal vivo le canzoni dei Fab Four e altri artisti in chiave jazz.
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