Trama: Un omaggio a una delle tante perle che, nel corso della storia, la regina della Senna ha “nascosto” nei sobborghi di molte metropoli europee. Vicoli stretti, costruzioni basse e rustiche. Proprio come a Montmartre, nel grembo della bella e unica Trieste tante piccole case sorgono accatastate una vicina all’altra, in un’area che ricorda lo spirito Bohémien ma senza le notti del Moulin Rouge o de Le Chat Noir. Niente Cancan. Storie di sola gente e di gente sola, in questo luogo. Talvolta di andate e di ritorni. Di calzini appesi accanto al fuoco e di corti umide. Storia d’amore e d’amicizia. Di Lorenzo e di Marie Jeanne. Del matto Willy Boy e dei suoi “pen pen” urlati al cielo. Di Tullio e di Christian. Di gatto Benny e gatta Maria. Della Dea Incantatrice e Assassina: la Brown Sugar. Storia di mamma Rosalia. Di una carta da gioco appiccicata su di un muro in una viuzza nascosta. E di un rione ormai dimenticato fra nuovi e sovrastanti palazzi.
Benvenuti nella Piccola Parigi.
Infinito edizioni
Recensione: A Trieste c’è Borgo Fedrigovez, da qui s’inerpicano dei gradini che conducono ad un piccolo quartiere, denominato La Piccola Parigi, chiamata così perché pare ci abbia pernottato Napoleone durante la terza occupazione.
In queste stradine, dove le case sono addossate le une alle altre, dove gli abitanti si conoscono bene tra di loro, si snodano ed annodano le vite del protagonista, Lorenzo, e dei suoi inseparabili compagni: Tullio e Christian.
Sicuramente un romanzo di formazione che vede i ragazzi crescere, fare esperienze, innamorarsi, litigare e prendere strade diverse, totalmente diverse. Se Lorenzo e Tullio anelano ad una vita meno provinciale, tra studi e trasferimenti, Christian resta invischiato nei vicoli di Borgo Fedrigovez, diventa preda della droga, lui che rispetto agli altri era quello più scalcagnato, seguito da una nonna anziana che di più non poteva fare, un ragazzo debole, senza basi, che ispira un’immensa tenerezza nel momento in cui si stringe nella sua vecchia coperta, unico riparo, unica consolazione, forse l’unica che gli rimarrà vicina fino alla fine.
Lorenzo è un buono, ha sani principi, incline ad innamoramenti sbagliati, come quello per Marie Jeanne e Veronica, è lui la voce narrante che conduce il lettore tra i vicoli del borghetto, una guida perfetta tra salite e discese, così come la vita.
Uno stile, quello di Massimiliano Alberti che piacerà senz’altro: è ritmato, scorrevole, ricercato e fortemente ironico. Un libro assolutamente ben bilanciato, la scrittura che cattura e la storia che ruba il cuore e coinvolge.
Altri protagonisti sono i gatti che entrano ed escono dalle pagine del libro silenziosamente, elegantemente, come solo un felino può fare.
La breve prefazione è di Brigitte Bardot che ci introduce nei luoghi della narrazione, mentre la postfazione è stata curata da Giorgio Cociani, fondatore del gattile di Trieste che ci racconta di Massimiliano Alberti, di Trieste, del romanzo e di…gatti.
Un libro che mi ha sorpresa, ma soprattutto emozionata.
Parte dei diritti d’autore derivanti dalla vendita sono devoluti in beneficienza a “Il Gattile” di Trieste.
Massimiliano Alberti nasce a Trieste nel 1979, in quel cantuccio di terra cosmopolita che ha fatto da arena a molti scrittori. Assunto presso un’importante azienda del mondo del caffè, è proprio il lavoro a portarlo a coltivare la passione per i libri e la scrittura. Nipote dello scultore Tristano Alberti, cresce fra i bozzetti, i quadri e le statue del nonno. L’influenza artistica lo incoraggia a scrivere e così nasce il suo romanzo d’esordio, L’invitato (Infinito edizioni, 2018).