Ognuno ha la sua stella ed un angelo accanto.
Questo è il motivo permeante dell’opera in scena in questi giorni al Teatro Trianon Viviani. Un’opera complessa ed articolata; piena di significato e legata dal forte connubio tra fede ed amore. L’opera in questione si chiama “Actor Dei” ed ha come protagonista l’attore/cantante Attilio Fontana.
Per precisione dobbiamo parlare di un “musical”, un opera interamente cantata di cui la trama porta lo spettatore a ripercorrere le opere e la vita di uno tra i personaggi più discussi dell’intera storia religiosa Italiana: Francesco Forgione, divenuto poi, Padre Pio (che ricordiamo divenuto essere successivamente Beato e poi Santo).
Prima di dedicarci alla recensione dell’opera è doveroso (per chi non ne fosse a conoscenza) fare un breve excursus su questo personaggio in modo da avere un quadro ben chiaro. Francesco Forgione, nato nel 1887 a Pietrelcina, è stato un sacerdote appartenente all’ordine dei Francescani; ha iniziato la sua attività spirituale a Benevento per poi, successivamente a vari accadimenti, spostarsi a San Giovanni Rotondo in provincia di Foggia. Quest’uomo, a differenza di tutti gli altri, si può dire, ha provato sul proprio corpo quello che fu l’atto della crocifissione in quanto gli fu fatto dono (se così si può dire) delle stimmate, ossia delle ferite comparse sui palmi delle mani che, per l’appunto, richiamavano quelle della crocifissione di Gesù Cristo. Ovviamente non è solo per questo che, Francesco, fu ricordato ma tanto bastò a far sì che divenisse persona in viso alla Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Una vita difficile, spesso tormentata da dolori e malanni ma che fu interamente dedicata alla cura del prossimo e del più bisognoso. Per ulteriori approfondimenti vi invito a fare qualche piccola ricerca; tanto ci sarebbe da dire che potremmo non chiudere mai questo articolo.
Ora, ciò anticipato, veniamo alla parte più interessante e a noi convenevole: la rappresentazione teatrale.
Parliamo di un opera in due atti che rivive, come già anticipato, la vita del francescano dagli esordi fino al fine vita, passando per i miracoli, le stimmate, la lotta al potere e alle tentazioni. Attilio Fontana è sublime (e non esagero) grazie ad una cura dei particolari nelle movenze, nelle impostazioni della voce ma soprattutto nello studio delle espressioni visive. Il dolore e la sofferenza traspirano nitidamente alla platea; il sacrificio e l’amore verso un qualcuno di più alto, lo sforzo nel compatire ed aiutare il più debole…è tutto in quel viso. Passaggi difficili da catturare ma chiave sono la crescita da bambino a ragazzo e la fine da uomo a leggenda. Passaggi curati nel dettaglio nonostante la loro apparente semplicità; passaggi che catturano e mantengono la chiave di lettura di tutta l’opera. Due menzioni speciali, a parere di chi scrive, vanno a Lello Giulivo e Michele Imparato: il primo interpreta il Diavolo, il secondo invece è veste di Padre Pio da bambino. Una contrapposizione che richiama in sé una grandissima prova di qualità; un “diavolo” non scontato, non banale, ne sciatto ma conscio di essere il male. Senza sentimenti, senza pietà; vivo (per assurdo) nel male che riesce a compiere. A tutto questo si contrappone, nelle scene a lui dedicate, la purezza e la devozione…l’incertezza e la volontà “pura” dell’amore che solo un bambino può avere. Un’opera dal grandissimo impatto emotivo. E mi par giusto menzionare con grandi lodi anche coloro che, in altra parte, hanno dato viva a questa incredibile storia; gli Attori: Maurizio Murano, Raffaela Carotenuto, Antonio Melissa, Rita Pilato, Chiara Lisi, Giovanni Saccà, Gennaro Monti. Vi parlo di ragazzi giovani ed enormemente dotati. Ed ancora: se la bellezza è visibile ad occhio nudo è grazie a tutti quelli che mettono la loro arte al servizio del pubblico. Parlo di: Mariagrazia Fontana, Francesco Ventura, Antonio Carluccio, Michela Andreozzi ,Federico Capranica, Maria Grazia Nicotra, Claudio Garofalo, Federico Capranica, Orazio Caiti, Bruno Garofalo, Rosario Imparato, Mario Minopoli.
Unico neo (ed è giusto menzionare anche questo per dovere di cronaca) è la poca gente accorsa allo spettacolo. Sicuramente (e ci voglio credere) è stato dovuto al fatto che parliamo del primo giorno dell’anno; molta gente ancora stava festeggiando o aveva altri impegni. Ma a tutti (e davvero dico TUTTI) consiglio quanto prima ed in ogni modo di andare a vedere quest’opera possibilmente dal vivo. Ci sono spettacoli belli in alcune condizioni, altri che possono rendere in altre condizioni: ce ne sono pochissimi davvero belli, COME QUESTO, che possono lasciare allo spettatore un qualcosa di davvero importante.
In chiusura è giusto ringraziare Gabriella Diliberto per la, sempre, gentilissima disponibilità alla collaborazione.