Fine luglio, in pieno giorno ore 14:30, Alika Ogorchukwu, venditore ambulante nigeriano di 39 anni, è barbaramente aggredito e ucciso nel centro di Civitanova Marche da Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, operaio italiano di 32 anni. Ogorchukwu lascia moglie e un figlio di solo 8 anni che frequenta la scuola nella cittadina, dove la famiglia risiede.
Un omicidio efferato che lascia sgomenti e scioccati per l’annientamento dell’altro, per la facilità con cui si uccide, per la disumanità del gesto e la violenza dell’istinto che non trovano parole adatte a descriverlo.
Un ambulante che chiedeva elemosina e che si sosteneva con la stampella per un incidente accaduto un anno prima picchiato a morte prima con la sua stessa stampella e poi soffocato fino all’ultimo respiro dopo essere stato scaraventato a terra e aver battuto la testa più volte.
Non è il primo omicidio di tipo razziale e purtroppo vista l’aria che si respira speriamo non ce ne siano altri ma ciò che turba in questo caso è la dinamica assolutamente cruenta e feroce ripresa da più angolazioni da cittadini che inermi e inerti hanno fornito una prova video di netta colpevolezza per l’italiano omicida che dopo aver ucciso il povero nigeriano ha rubato il suo cellulare ed è scappato via.
Dalle prime voci parrebbe che il nigeriano avesse fatto un apprezzamento non gradito alla sua fidanzata…ma questo basta? Davvero può bastare a giustificare un atto di impulso di tale portata!?!
Per di più, cominciano a trapelare notizie su una presunta situazione psichica dell’aggressore sottoposto alla amministrazione di sostegno affidata alla madre, con qualche precedente penale e un caratterino non proprio docile.
Sta di fatto che dopo le prime bugie su eventuali molestie subite dalla fidanzata, l’omicida a fronte delle riprese video circolate e dell’accusa di omicidio aggravato dai futili motivi ha chiesto scusa alla famiglia.
Presentare le scuse è si legittimo per chi ha sbagliato in modo così grave quanto legittimissimo non accettarle per la famiglia che continua a non capire, a chiedere giustizia con una pena esemplare e che per tutta la vita sarà condannata ad una sofferenza inaudita per le immagini degli ultimi dolorosi atroci 4 minuti di vita del proprio marito, del proprio padre, del proprio fratello o figlio!
Le immagini cruente, la ferocia dei gesti, l’accanimento su un uomo indifeso e in evidente difficoltà anche fisica, l’agonia dei pugni e dei colpi inferti senza sosta, senza una pausa di riflessione, senza un pentimento, senza una remora, senza commiserazione ne’ consapevolezza della gravità della propria violenza, descrivono una storia ai limiti della follia.
Ciò che turba in questa storia è difatti proprio l’assoluta sproporzione tra i comportamenti…anche se il nigeriano fosse stato insistente nella richiesta dell’elemosina, mille sarebbe potute essere le reazioni normali e civili ma mai e poi mai tali da presagire una escalation di tal guisa.
Al di la’ dell’approfondimento sullo stato di salute mentale del responsabile, spaventa lo stato di salute mentale generale: un clima di insofferenza, indifferenza, egoismo, tensione, violenza, facilità a delinquere, scarso senso del limite e così non c’è giorno che la cronaca non ci consegni storie sempre più spaventose dove la follia supera la fantasia horror peggiore!
Nella vicenda di Alika, sconvolge inoltre la morte ripresa in diretta video…tanti i cittadini che hanno assistito senza intervenire forse per paura, per vigliaccheria, per immobilismo emotivo, alla sua uccisione.
Se è vero che è grazie alle riprese di un ragazzo lì presente e all’inseguimento di un uomo che il colpevole è stato consegnato nelle mani della giustizia, un tema tanto discusso in questi giorni, strumentalizzato anche dalla politica, è stata l’indifferenza degli astanti che non sono intervenuti, la freddezza di chi guardava senza muoversi né scappare, la morbosità di vedere come va a finire ma non provare quella misericordia umana necessaria a far scattare la molla della pietas e fermare l’efferatezza dell’ingiustificabile!
Una sorta di voyeurismo dell’orrore che non può essere compreso…ne’ accettato…ma che in piena epoca social dove tutto viene reso pubblico e condiviso sta diventando “normale!”.
La politica subito si è impossessata della storia per fare campagna elettorale: razzismo si razzismo no; città sicure si o no; legalità si legalità no; discriminazione si discriminazione no.
Un errore commesso da tutte le parti perché il linguaggio usato è stato altrettanto violento e provocatorio…cercando di rinvenire le ragioni e i torti di una storia dai contorni talmente drammatici da non poter trovare alcuna collocazione nella ideologia politica se non nella assoluta necessità di parlare di educazione al rispetto dell’altro, alla cultura della tolleranza non solo della pelle di colore diverso quanto delle difficoltà delle persone deboli e fragili perché in questa storia più che di razzismo spicca la mancanza di compassione nei confronti di una persona debole in quel momento, anche fisicamente per cui solo con una educazione della pace e della non violenza insegnata nelle scuole e nelle famiglie si può avere una vera inversione di tendenza.
Chissà se i programmi dei politici che stanno sgomitando per accaparrarsi le scarse poltrone disponibili dopo la riforma davvero comprendano dove e come intervenire sulle fragilità della società, smettendo di fare una politica distante e autoreferenziale che dimentica i veri problemi…e fa del linguaggio violento e dei messaggi veicolati un cattivo esempio da seguire.
Se si pensa alle scissioni politiche che sono esplose dopo la crisi di governo e la fine del governo Draghi, i battibecchi tra politici, le invettive e i colpi bassi sono stati all‘ordine del giorno tanto che addirittura Brunetta da sempre risoluto e forte ha mostrato le sue fragilità per la violenza verbale di cui è vittima da sempre non per la politica messa in atto quanto per la sua fisicità…
Il che dimostra che l’intolleranza dell’altro si rinviene ovunque nelle nostre esistenze anche laddove sarebbe impossibile immaginarlo ….
Nell’epilogo della sua vita, Alika ha incontrato l’odio insensato e ha pagato il fio di una vita difficile, di un colpo inferto a lui perché debole, diverso, e per questo molesto, tanto da infastidire, turbare, irritare ecco perché eliminarlo con tutti i mezzi e oltre ogni misura umanamente comprensibile quasi la sua vita non avesse uguale dignità e diritto di esistere!