In data 1 aprile è morta nella sua casa di Roma la scrittrice Ada d’Adamo.
Nata a Ortona, in Abruzzo, nel 1967, aveva 55 anni e da tempo era malata di tumore.
Era appena entrata nella dozzina del Premio Strega 2023, annunciato due giorni fa, con ‘Come d’aria’, il suo romanzo d’esordio pubblicato a gennaio 2023 da Elliot, ma non aveva potuto partecipare alla conferenza stampa. Nel libro, scritto nell’arco di molti anni, che ha ricevuto straordinari e unanimi consensi, una madre racconta alla figlia affetta da disabilità la scoperta della malattia. La sua scomparsa è stata comunicata dalla casa editrice Elliot:«Un pezzetto del nostro cuore se ne va con lei». La Fondazione Goffredo e Maria Bellonci che gestisce lo Strega ha fatto sapere che il suo libro continuerà a restare in gara. Potrebbe quindi essere selezionato tra i finalisti o anche vincere il premio finale.
Ada D’Adamo da giovane ha studiato all’Accademia Nazionale di danza, dove ha conseguito il diploma, e si è laureata in Discipline dello Spettacolo. Era un’amante del teatro e della danza, sui quali ha scritto diversi saggi. Ma anche un’appassionata ed esperta di letteratura per l’infanzia, motivo per il quale collaborava come editor con la casa editrice Gallucci.
La scrittrice ci ha messo quasi dieci anni a chiudere “Come d’aria”, che affonda le radici anche in una lettera che lei scrisse nel 2008 a Corrado Augias su Repubblica. Il tema era l’aborto. «Un “bravissimo” medico – scrisse nella missiva – non è stato in grado di leggere da un’ecografia che mia figlia sarebbe nata con una grave malformazione cerebrale. Oggi la mia bimba, poco più di 2 anni, è persona pluridisabile, invalida al 100 per 100». E aggiunse: «L’aborto è una scelta dolorosa per chi la compie, ma è una scelta e va garantita. Anche se mi ha stravolto la vita, io adoro la mia meravigliosa figlia imperfetta. Ma se avessi potuto scegliere, quel giorno, avrei scelto l’aborto terapeutico».
Come d’aria
Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come dono.
«Come d‘aria è un libro magico. Lo leggi e pensi che nessuno può farcela a sopportare tanta angoscia, e insieme pensi che no, non è vero, si può fare perché loro ce l‘hanno fatta e tanta gente ce la fa, perché questa non è nient’altro che la vita.» – Elena Stancanelli
«Un libro che ti sfonda il cuore e te lo restituisce danzante.» – Chiara Gamberale
«Un libro toccante, straziante e pieno di vita. Leggerlo è come un attraversamento.» – Lisa Ginzburg
Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.
Proposto da Elena Stancanelli al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:
«Come d’aria è un libro che fruga dentro il cuore del lettore. Serviva la lingua esatta e implacabile di questa scrittrice per riuscire a sostenere un sentimento tanto feroce. C’è tutta la rabbia e tutto l’amore del mondo nel racconto di questa danza che lega due donne. Avvinghiate l’una all’altra, in una assoluta e reciproca dipendenza. Daria, la figlia, che comunica soltanto attraverso il suo irresistibile sorriso, Ada, la madre, catapultata suo malgrado in questa storia d’amore. Era una ballerina, Ada. E il corpo, di entrambe, è il centro di questo memoir sfolgorante per intelligenza, coraggio e misericordia. In questo libro si entra con enorme facilità, ma da questo libro si esce cambiati. C’è una tale quantità di vita, nelle sue pagine, da lasciarci senza fiato. Ci siamo noi, la fatica, la nostra inutile bellezza. Dalla prima lettura ho pensato che fosse una pepita d’oro, un dono, un abbraccio. Come avrebbe detto Bobi Bazlen, una perfetta e lacerante «primavoltità».»