Misteriosa quanto affascinate è la storia del noto personaggio di Pulcinella, la cui maschera è stata assunta come simbolo universale della napoletanità, di cui incarna l’esuberanza, il virtuosismo, la filosofia disincantata, lo spirito ironico e generoso.
Incerte sono le origini attribuite alla maschera, che tradizionalmente si fanno risalire alle rappresentazioni di ciarlatani e saltimbanchi di strada del Cinquecento, circa cento anni prima che i canovacci, con la peculiare caratteristica da parte degli attori di cimentarsi nell’improvvisazione, acquisissero il nome di Commedia dell’Arte, genere teatrale che si protrasse fino alla fine del Settecento.Ciononostante, il personaggio Pulcinella sembra sia ben più antico. Secondo diverse fonti, esso risale alla figura di un certo Maccus della commedia latina dell’Atellana, un tipo di spettacolo teatrale che si incentrava essenzialmente sull’aspetto giocoso e licenzioso, sorto nel IV secolo a.C presso gli Osci di Atella (da cui il nome), non lontano da Acerra, e importato a Roma nel 391 a.C., come raccontato dallo storico Tito Livio. Della figura di Maccus, che incarnava tipicamente uno sciocco ghiottone, ci è pervenuta una statuetta in bronzo, attraverso la quale si è cercato di associare questo personaggio a quello di Pulcinella, almeno per ciò che ne riguarda il tipico costume: Maccus ci viene presentato con indosso una tunica e dei sandali, il cranio calvo, la pancia prominente, il petto accentuato, due grandi orecchie, la gobba e il naso a becco. In più, per ciò che si sa circa la sua natura psicologica e il carattere, non mancano ulteriori connessioni con Pulcinella: egli è un disgraziato un po’ tonto, sempre protagonista di disavventure comiche ma paradossali, con la sua unica e continua preoccupazione del mangiare e bere.Che Pulcinella sia originario di Acerra resta tuttavia una questione dubbiosa, in virtù anche di una scoperta archeologica fatta nel 1872 a Tarquinia. Fu ritrovata una necropoli etrusca risalente al VI e V secolo a.C., all’interno della quale emergono diversi affreschi che ritraggono un personaggio mascherato con un berretto alto e a punta che tiene al guinzaglio un molosso che assale un condannato a morte con la testa incappucciata. Il personaggio dipinto è Phersu, un membro della corte di Persefone, regina dell’Ade, che ha le funzioni di un Caronte, ovvero è un traghettatore delle anime, un emissario della morte.Il sepolcro di Tarquinia è stato chiamato appositamente la Tomba di Pulcinella, e ha aperto un ampio dibattito sulla natura misteriosa della maschera, soprattutto perché Atella fu una colonia etrusca.
La maschera, così come la conosciamo oggi, è stata inventata ufficialmente dall’attore Silvio Fiorillo nella seconda metà del Cinquecento. Il costume moderno invece fu realizzato da Antonio Petito nell’Ottocento. Fiorillo si ispirò alla figura di un contadino di Acerra, Puccio D’Aniello.Quanto al nome si suole farlo derivare dal latino pullus gallinaceus, termine dal quale proviene sia ‘galletto’ che ‘pulcino’. Infatti, Pulcinella viene spesso ritratto mentre nasce da un uovo o chiuso in gabbia con un uccello sopra la sua testa.Per di più, secondo una leggenda, egli fu partorito dalle viscere del Vesuvio, antico accesso agli Inferi: uscì dal guscio di un uovo impastato da due fattucchiere, Dragoncina e Colombina (che rappresentano il nero e il bianco, i colori dell’abito indossato dalla maschera), le quali avevano chiesto al Re degli Inferi un assistente.
Le vestigia di Pulcinella sono rintracciabili in diverse parti d’Europa, a detta della sua indiscutibile popolarità. In Inghilterra si chiama Punch, in Francia Polichinelle, in Spagna Don Cristobal Pulichinela, in Russia Petrushka, e così tanti altri nomi designano questo personaggio che è diventato famoso per essere colui che si diletta in diverse occasioni con sfrontatezza, un opportunista, chiacchierone, pigro e perennemente nei guai. Incarna il tipo napoletano che, trovandosi in difficoltà, riesce sempre a trovare una soluzione senza mai abbandonarne il sorriso e comicamente si lascia andare alla parte più istintiva di sé.