Non è stato il Coronavirus a portarci via un grandissimo scrittore e politico russo: Ėduard Limonov, pseudonimo di Ėduard Veniaminovič Savenko. E’ accaduto il 17 marzo, aveva 77 anni. Molti stapperanno bottiglie, altri pure – ma per le ragioni opposte. Poeta, scrittore, dissidente, politico (ma soprattutto bastian contrario) è scomparso in una clinica privata dopo una lunga battaglia oncologica. Ma poiché Limonov è Limonov, al momento non si sa di più e le cause della sua dipartita di preciso non si conoscono. Si sa che lo scorso 13 marzo aveva annunciato di aver firmato un contratto per un libro “già scritto”, l’ultimo colpo di teatro di un uomo vissuto senza farsi sconti.
Il suo pseudonimo deriva da limone ed è correlato limonka, espressione gergale per la bomba a mano, che compare sullo stemma del partito L’Altra Russia e gli venne dato dagli amici artisti per il suo stile corrosivo, a tratti esplosivo. La sua vita ha ispirato la biografia romanzata scritta da Emmanuel Carrère intitolata appunto Limonov. Ha fondato il quotidiano nazionalbolscevico Limonka. Avversario politico di Putin e alleato dell’ex campione mondiale di scacchi e attivista Kasparov, Limonov è stato uno dei leader del blocco politico L’Altra Russia e fondatore del partito omonimo.
Ricordiamo i suoi scritti.
Il poeta russo preferisce i grandi negri
Un russo, poeta e dissidente, fondamentalmente anarchico e soprattutto affamato di vita e di esperienze diverse, sbarca a New York senza risorse e ben presto anche senza moglie: subito conquistata dagli ingannevoli allettamenti del mondo occidentale, la bella Elena infatti lo abbandona. Grazie al sussidio americano, il welfare, il giovanotto si installa in un albergo di infimo ordine, l’Hotel Vinslow: e l’avventura comincia, un viaggio ora travolgente, ora allucinante nei bassifondi newyorchesi, testimonianza inedita della vita quotidiana dei dissidenti russi trapiantati in Occidente, con la loro nostalgia ossessiva, le gelosie, l’incoscienza, la delusione. Ma anche il resoconto crudo, senza ipocrisie né compiacimenti, di una liberazione personale formidabile: il poeta, nella sua disperata solitudine di sradicato e nel forsennato bisogno di calore umano, trova un barlume di felicità nell’imprevedibile esperienza omosessuale con un giovane nero… Il comico, l’assurdo, l’erotico, il tragico si combinano in una serie ininterrotta di incontri, abbandoni, colpi di scena, per comporre il ritratto dell’altra faccia – forse insospettata – della dissidenza, l’opposto della libertà.
Libro dell’acqua
Limonov ha attraversato cinquant’anni di storia europea: dalla fuga dall’URSS negli anni Sessanta all’avvicinamento al KGB, dalla fondazione nel 1993 del Partito Nazional Bolscevico alla partecipazione alla guerra dei Balcani a fianco dei “fratelli serbi”. Incarcerato per tre anni per associazione a banda armata, nel 2002 raccoglie, in forma di inquietanti racconti autobiografici, ricordi sparsi tra il Mar Nero e Venezia, tra un bagno turco di Mosca e una spiaggia di Nizza. Ricordi legati dall’acqua che li trascina e li unisce in un unico fiume della memoria.
Diario di un fallito oppure un quaderno segreto
Arrivato col flusso della terza ondata migratoria dall’Urss, l’America ammaliatrice l’aveva finalmente accolto in un misero spazio della città simbolo. Sperava, Limonov, in un’accoglienza migliore? Difficile rispondere. Con sicurezza, però, sappiamo che ben presto non accettò le regole del gioco che prevedevano una espulsione non già, come in Urss, dal Paese, ma dai luoghi del consumo e dell’identità – sopravvivenza, altro che libertà di espressione! E ciò che per un americano significa alienazione, per un emigrante diventa totale estraneità. La stessa, peraltro, vissuta da tutti i russi capitati lì prima di lui, ma che in Limonov sublima in coscienza letteraria, in delirio rivoluzionario; in riscoperta della tradizione lirica russa, in concitate scene da film di cappa e kalashnikov. Negli anfratti, divincolandosi di tra i rifiuti, convive con la fauna interstiziale, incontra mogli e amanti, alienati e ribelli, mestieri e servizi: tutto in soggettiva, in campi molto corti, con l’occhio incollato alla cosa.
Eddy-baby ti amo
Questo è il racconto autobiografico della sua adolescenza travagliata e ribelle nella provincia sovietica degli anni Sessanta: una sorta di “Arancia meccanica”, il ritratto crudo e visionario di una gioventù in bilico tra delinquenza e poesia, sogni di grandezza e squallida, disperante quotidianità in un paesaggio urbano e sociale degradato.
Il trionfo della metafisica. Memorie di uno scrittore in prigione
Limonov racconta i mesi trascorsi all’interno della colonia penale n° 13 nelle steppe della regione di Saratov. Al lager Limonov era arrivato all’inizio del maggio 2003 dopo due anni di prigione. Il libro pullula dei personaggi più disparati: i duri passati per le carceri e i campi di rieducazione per giudizi spesso iniqui e affrettati, i criminali incalliti, ma anche gli innocenti ingiustamente condannati. Tutti riforgiati in qualche modo dall’esperienza dolorosa della prigionia, non necessariamente abbrutiti, ma quasi sempre colti dallo sguardo pungente e imperturbabile dello scrittore nella loro insopprimibile ma castrata umanità. Limonov si inserisce nella grande tradizione letteraria russa: quella che, scontrandosi tragicamente con la realtà del carcere e del gulag,ha trasformato la prigionia in una metafora della società e della condizione umana. Ogni pagina di questo libro è una tensione verso l’ascesi; l’esperienza penitenziaria diventa superamento dei limiti spazio-temporali, esercizio di controllo e padronanza di sé; il recluso è un monaco, la sua libertà è tutta interiore e va conquistata e difesa ogni giorno. La sua scrittura si innalza, scarna ed efficace, al servizio di una testimonianza sfrondata da egocentrismi e autoreferenzialità, una illuminante carrellata di volti, figure, ricordi. Più di ogni instant book, questo libro è un atto d’accusa contro la Russia putiniana, quella che si è scagliata contro Anna Politkovskaja, Michail Chodorkovskij, le Pussy Riot: un insieme di storia e attualità, vicenda personale e destino di un popolo che confluiscono in un’opera al di là di ogni etichetta, essenziale e asciutta come una poesia, un esercizio d’arte estremo.
Zona industriale
Un “romanzo moderno”, così lo definisce l’autore, che attraversa gli episodi più rilevanti della propria vita, avvenuti prevalentemente dopo la sua scarcerazione, nel 2003. E poi tutte le donne conosciute, dalla convivenza con la ventenne Nastja – che lo aveva atteso durante la reclusione – al periodo in cui si offre a relazioni occasionali per arrivare al quinto matrimonio, con la famosa attrice, di trent’anni più giovane, Ekaterina Volkova, che sarà la madre dei suoi due figli, fino alla rabbiosa relazione con la spogliarellista Magdalena. Unitamente alla sua storia personale, Limonov racconta la radicale trasformazione della zona industriale: i nipoti degli operai delle fabbriche che affittano i propri appartamenti alla borghesia postsovietica e si trasferiscono in periferia, le vie del quartiere che si trasformano, riempiendosi di auto di grossa cilindrata, negozi e uffici.