Dopo Udine, anche la Sampdoria è annichilita dallo strapotere tecnico, tattico e fisico del Napoli, una squadra che oggi appare in una condizione psicofisica tale da poter abbattere con facilità qualunque avversario. Da sempre i partenopei hanno sofferto della sindrome di quelle squadre che, partite con sorprendente brillantezza e forza, si sono perse per strada alla prima occasione e, per questo, nessuno dei tifosi azzurri si sognerebbe mai di pronunciare quella parola che manca da 31 anni.
L’esaltazione e la depressione si alternano nello spirito dei napoletani da sempre, come Fantozzi che va in pensione: la paura di risvegliarsi e scoprire che sia tutto un breve sogno è tanta.
Eppure ci sono di segnali che danno fiducia in un futuro diverso: questa squadra sa anche soffrire, accettare i momenti di difficoltà, aggrapparsi finanche al proprio portiere (splendido Ospina ieri a tenere la porta inviolata tra il primo e il secondo gol) ben sapendo che, alla lunga, l’occasione per chiudere la gara arriverà.
La partita di ieri è stata per certi aspetti simile a quella di Udine, con la differenza che la Samp ha rischiato davvero di pareggiare come ha detto, giustamente ma esagerando, l’allenatore D’Aversa. Quello che il tecnico blucerchiato ha omesso, per tirare, giustamente, acqua al proprio mulino, è che il Napoli di gol avrebbe potuto farne 10.
Organizzato attorno ad una spina dorsale tutta africana (sia maledetta la Coppa d’Africa a Gennaio), il Napoli ha chiuso la contesa già nel primo tempo con i gol di Osimhen e Fabian. Il nigeriano è un levriero a cui basta lanciare il bastoncino, lui lo raggiungerà, seppure non sempre riesce ad avere la lucidità giusta per utilizzarlo a meglio: il giorno in cui arriverà la maturazione necessaria per limitare alcune esuberanze, sarà davvero impossibile difendersi da Victor. Lo spagnolo, quando vuole, fa un altro sport: supportato da un monumentale Anguissa (il camerunense ha il dono di trovarsi sempre al posto giusto al momento giusto, sembra avere dei gemelli che corrono per il campo con lui), Fabian ricama, inventa, segna, accelera e rallenta il gioco a proprio piacimento.
Altro aspetto da non sottovalutare è l’attenzione, per tutti i novanta minuti, della difesa: finanche il mitico Napoli di Sarri era solito regalare uno o due gol ad avversari ormai annientati per eccesso di rilassamento: ieri, così come a Udine, l’obiettivo comune era non subire gol.
Il resto lo fanno la disciplina tattica di Di Lorenzo e Mario Rui, con il portoghese che ha licenza di offendere maggiore rispetto a Di Lorenzo, probabilmente per sfruttare in fase difensiva la fisicità diversa del terzino della nazionale e la qualità dei vari Zielinski (gran gol ieri), Insigne (due assist), Lozano (due assist anche per lui e Augello che sta ancora provando a capire dove si trovi) e compagnia che si alternano nelle fase di attacco e di difesa.
In attesa dei recuperi di Lobotka, Demme e Mertens, Spalletti si gode la proprio squadra, ben consapevole che arriveranno anche momenti difficili, che ci sarà da gestire, come detto, l’alternanza euforia/depressione e lui, da ex allenatore della Roma, sa benissimo di cosa stiamo parlando.
Domenica sera di scena al Maradona ci sarà il Cagliari: l’avversario peggiore che potesse capitare per ragioni non di qualità , ovviamente, ma perchè pare la classica buccia di banana sul sentiero di un corridore lanciato verso la fuga, con Mazzarri in panchina che, seppur poco vincente dopo la sua splendida esperienza napoletana, vorrà di certo sgambettare la sua ex squadra.