Nel 1883, in Via Tasso, strada elegante che unisce la parte inferiore della città alla collina del Vomero. Esattamente ci troviamo dinanzi ad un palazzo beige, il civico 124. In questo caseggiato si consumò la vita Vincenzo Gemito. Vincenzo Gemito nacque a Napoli il 16 luglio 1852. Della sua famiglia originaria non si conoscono notizie certe, se non a proposito della penosa condizione che spinse i genitori ad abbandonarlo nella ruota degli esposti, dove erano accolti i nascituri rifiutati. Consumare non è un verbo utilizzato a caso, poiché per molti anni il brillante scultore fu divorato da uno stato di follia. Per la maggior parte della sua esistenza le pareti del civico 124, divennero lo scenario della sua vita. Gemito non usciva, dormiva, lavorava e consumava i suoi pasti in un’unica stanza. Le uniche persone con cui divideva la sua solitudine artistica erano la moglie, la figlia e il suo padre adottivo “mastro Cicco”. Si racconta che Umberto I gli offrì una commissione assai nobile. Sulla facciata principale di palazzo Reale, infatti, erano state ricavate otto nicchie, dove il monarca volle installare delle statue raffiguranti i più grandi reali delle varie dinastie salite sul trono di Napoli: all’artista fu affidata l’esecuzione di una statua che ritraeva il re Carlo V d Asburgo.
Vincenzo pur essendo un brillante artista era abituato a tutta altre creazioni. Amava raffigurare pescatori o adolescenti, uomini del popolo. Questo incarico provocò un tale stress nella mente dello scultore, da peggiorare il suo stato psichico. È ricordato come un uomo asciutto, dal viso ascetico e dalla lunga barba, che nella sua follia oltre ad immaginare colloqui con Dio e il diavolo, sosteneva di far fronte a delle sfide di disegno con Michelangelo, testimonianze di queste sfide immaginarie sono alcune bozze di disegni michelangioleschi.