Versace rappresenta il made in Italy, la moda, quello che tutti (insieme al cibo) ci invidiano all’estero.
Alcune persone sono semplicemente speciali, baciate da un estro fuori dal comune, ebbene Gianni Versace è stata una di queste, il nostro è stato uno dei pionieri della moda che ha creato un impero conosciuto in tutto il mondo. Un giro miliardario di soldi, successo e glamour. Gianni, da una piccola sartoria in Calabria, ha appreso il mestiere dalla madre sarta, per poi espandersi di città in città con dedizione e sacrificio. Da una prima collezione a Milano fino a conquistare tutto e tutti.
La favola del nostro connazionale si spegne nel 1997 ed in modo tragico con il suo assassinio avvenuto a Miami davanti alla sua villa per opera di Andrew Cunanan. Il mito muore ma il business va avanti. Shock mondiale, a lui subentra la sorella Donatella, stilista anche lei, andatura dinoccolata da cow girl e labbra sporgenti.
Da qualche settimana va in onda una serie: the american crime story: Assassination of Gianni Versace su Fox crime in Italia.
Lo show è arrivato alla quarta puntata. Lo script è tratto dal libro di Maureen Orth basato su atti processuali, dichiarazioni e testimonianze.
Decido di guardarlo e dopo dieci minuti mi sono venuti i capelli bianchi, a partire dal cast. Ricky Martin nei panni del compagno/pappone, ha una recitazione da soap opera, meglio come cantante. L’attore che impersona Versace molto somigliante all’originale si chiama Edgar Ramirez, ma nelle prime 4 puntate peccato che si veda poco, lo si vede svolazzare con la sua vestaglia in giro per la lussuosa reggia ed in discoteche gay contornato da uomini affascinati dal suo ego. Infine unica nota positiva è Penelope Cruz che interpreta Donatella ( la prima scelta era Lady Gaga) brava davvero, ha rubato gesti ed espressioni dell’ imprenditrice.
Il vero protagonista è però Andrew Cunanan, l’attore Darren Criss noto per la serie Glee, un escort che riesce ad inanellare(sembra!!) omicidi fantasiosi senza mai essere preso, fino ad arrivare ad uccidere con estrema facilità Versace. I suoi omicidi, noiosi, splatter, poco credibili, quasi dei videoclip, danno l’idea che Cunanan celebri le sue azioni come dei riti vitali, uccide per sentirsi vivo. Coltellate al ritmo delle hit dell’epoca. Un american psycho a puntate.
Quello che ne viene fuori è una fiction da gay per gay, atmosfere ovattate, lusso, bellezza, rapporti effimeri, scene patinate come in beautiful, con il sottofondo di grandi voci da soprano. Sangue e glamour.
Fiction per gay ma non a favore dei gay. In effetti la parola gay in questa serie viene usata spesso come termine spregiativo e/o sostituita dai più offensivi frocio e finocchio. La terza e la quarta puntata sono interamente dedicate ad Andrew ed alle sue vittime, omosessuali, repressi , sessualmente ambigui e sposati, non mancano mai sulla scena del delitto, indumenti femminili, riviste gay ed oggetti sadomaso. Che messaggio ci sta dando questa serie? Sembra voler attrarre gli spettatori gay per poi spiazzarli.
I Versace? Pare che la famiglia si sia opposta alla messa in onda ed abbia preso le distanze dallo show definendolo: non autorizzato e di pura finzione.
Mi auguro per il resto delle puntate che si parli di Gianni e della sua vita, almeno per capire come si è arrivati all’omicidio. Nella prima puntata viene lasciato intendere che ci sia stato un approccio precedente tra vittima e carnefice, ma non si capisce con chiarezza se è una fantasia di quest’ultimo o meno.
Davvero deludente, where’s Gianni?
The assassination of Gianni Versace

Autore dei romanzi "La pecora Rosa"e "Crazy Bear Love" e "A Destra dell'Arcobaleno" e giornalista,Carlo Ditto con la sua ironia e il suo tono sempre sopra le righe,riesce a raccontare in modo davvero unico,la quotidianetà.Nella sua rubrica "L'angolo della Pecora Rosa",accompagnerà i nostri lettori nel mondo LGBT.