Royal Opera House di Londra, 1983. L’opera è “Un Ballo in Maschera” di Giuseppe Verdi, sul palco c’è un mattatore, il tenore italiano più famoso al mondo: Luciano Pavarotti. A pochi minuti dall’inizio della rappresentazione, in sala si diffonde un inusuale brusio. Il corridoio centrale è percorso a passo svelto da un gruppetto di uomini in giacca che guadagnano senza troppi indugi una posizione privilegiata tra le prime file. L’ultimo a sedersi ha davvero un portamento regale e, dopo aver fatto qualche cenno di saluto, si accomoda. Non è un membro della Royal Family, è la regina in persona: Freddie Mercury.
Che il leader dei Queen sia un grande appassionato di canto lirico è cosa abbastanza risaputa. Sta lì seduto, segue leggendo il libretto poi, d’un tratto, sussulta. É entrata in scena la mezzo soprano, una diva spagnola che si chiama Montserrat Caballè. Per Freddie, che non l’ha mai vista né sentita, è amore al primo ascolto.
Dall’alto della balconata sorrido, perchè so già cosa succederà e mi è venuta un’idea diabolica per accompagnarvi a vederlo da vicino. Forse questo piano mi costerà un po’ di fatica, ma ne varrà certo la pena. Intanto, amici, mettiamo un po’ avanti le lancette dell’orologio e andiamocene in Spagna!
Eccoci nel marzo dell’Anno del Signore 1987. Scusate se i miei abiti vi appaiono ridicoli, ma noi camerieri dell’Hotel Ritz di Barcellona lavoriamo in guanti e livrea. L’ho fatto davvero, sono riuscito a farmi assumere qui e non sto nella pelle perchè tra poco incontreremo due leggende!
I primi ad arrivare sono Freddie e il suo staff. Poche persone: l’assistente personale della rock star, Peter Freestone, il manager Jim Beach e l’eccezionale pianista e compositore Mike Moran. Mercury non ha ancora aperto bocca, mentre Freestone ci sta dando istruzioni precise su come sistemare un piano in giardino e su come rendere l’atmosfera il più accogliente possibile. Per il resto si è limitato a ordinare un paio di drink per il cantante e a controllare ossessivamente l’ora. L’appuntamento è fissato per le due del pomeriggio.
Freddie sembra agitatissimo, sono passati quattro anni da quando è stato fulminato dalla presenza e dalla voce di Motserrat. Da allora si è procurato tutte le sue incisioni, la adora e sotto sotto cova la speranza di poter duettare con lei in un pezzo. Anche per questo Moran ha portato un demo di alcuni esperimenti di Mercury che strizzano l’occhio al mondo della musica colta.
Alle due e un quarto ecco comparire la diva. La piccola folla all’ingresso del foyer si apre in due ali. Sorride, splendida, attraversandola come fosse il Mar Rosso per Mosè.
Freddie Mercury e Montserrat Caballè sono l’uno di fronte all’altra, reciprocamente emozionati.
I primi convenevoli sono un abbastanza imbarazzati, poi il cantante dei Queen getta la maschera e sottopone un suo brano alla diva. Le note di “Exercises in free love” riempiono così la sala di una voce appassionata che mostra, oltre alla ben nota attitudine rock, una sensibilità, una tecnica e non da ultima un’estensione fuori dal comune. La Caballè è estasiata. Mike allora corre al piano, coi due giganti che lo seguono a ruota.
Le tre del pomeriggio, poi le quattro, le cinque, le sei. Tanti drink, molte sigarette di Freddie, con Montsy (già la chiama così) che non riesce a spiegarsi come sia possibile per lui mantenere un tale controllo e una simile elasticità vocale nonostante la sua vita frenetica e questi vizi non certo salutari. Freddie non lo sa. Ciò che in questo momento solo lui sa (e noi possiamo saperlo solo guardando la storia dal futuro) è che ormai il suo tempo è contato, perchè all’inizio di quest’anno ha scoperto di aver contratto quel maledetto virus. Tutto ciò che Freddie vuole è riempire di musica il tempo che gli resta. Trova il coraggio quindi, avendo capito di aver conquistato la stima della cantante, e le si rivolge come un innamorato: “Sarebbe fantastico incidere un pezzo insieme”.
La risposta di Montserrat supera le più rosee aspettative di tutti i presenti:
“Quanti brani contiene solitamente un disco di rock?”, chiede.
“Beh, mediamente una decina, perchè?”
“Perchè farne uno, se possiamo farne dieci?”
A Freddie brillano gli occhi, è quasi incredulo.
A leggere bene il testo di “Barcelona”, che comporrà insieme al fido Moran, questo non è stato un semplice incontro di lavoro, ma una vera scintilla d’amore.
Dall’altro lato, in forza di quello stesso sentimento, Montserrat supererà dubbi e resistenze. È una diva mondiale, una delle cantanti liriche più apprezzate del panorama internazionale e, si sa, i musicisti colti hanno sempre guardato un po’ dall’alto i loro omologhi rockettari, spesso mal celando un non sempre giustificato senso di superiorità. Secondo qualche pettegolezzo, addirittura Luciano Pavarotti in persona avrebbe messo in guardia la Caballè sui rischi di una tale operazione. La carriera della cantante spagnola è a un bivio: da una parte conservare il suo status, dall’altra il rischio del salto verso il grande pubblico del pop, un rischio ben più grosso della posta in palio, per una che come lei è già una star.
Il singolo che dà il titolo all’intero disco è un successo planetario che in quattro e quattr’otto viene scelto dal Comitato Olimpico come inno per le Olimpiadi della città spagnola del 1992. La “strana coppia” lo presenta in anteprima l’8 ottobre del 1987 a “La Nit”, grande evento nel quale i nostri si esibiscono sulla scalinata del castello Montjuic di Barcellona.
L’omonimo disco vedrà la luce l’anno seguente, una delle (forse poche) vette più alte e riuscite del genere cosiddetto “crossover”, che unisce stili e generi differenti.
Chissà cosa ne avrà pensato Pavarotti. Forse non troppo male, dato che di lì a poco avrebbe cominciato la serie dei suoi “Pavarotti and Friends”. Non me ne voglia Lucianone nazionale, nulla di paragonabile all’incontro d’amore tra Freddie e Montserrat.