“Ciao mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile. La mamma mi ama ma non può occuparsi di me”.
Queste le parole toccanti scritte dalla madre biologica di Enea che ha deciso il giorno di Pasqua di premere il pulsante della vita e ha appoggiato con dolcezza il proprio piccolo, affidandolo al calore e alle cure di un ospedale che può dargli una seconda chance e una seconda famiglia che possa amarlo e coccolarlo.
La scelta della donna è stata oggetto di polemiche e continui incessanti appelli da incentivo al ripensamento, dettati probabilmente dalla commozione delle sue parole che esprimono due emozioni contrastanti, la profonda consapevolezza di fare la scelta giusta nonché la disperazione della separazione, avendo tenuto con se Enea quanto più possibile, un tempo che nessuno di noi può quantificare, ma che sarà stato immersivo per questa dolce tenera mamma.
Molti si sono soffermati alla superficie della decisione, ovvero l’insidia dei problemi economici e forse in modo più che naturale, tutti coloro che hanno provato a convincere la madre ad un ripensamento – anche un ingenuo Ezio Greggio che, a mio avviso, è caduto in uno scivolone nel tentativo di supportare l’appello del medico che ha accolto Enea – perchè si è colto un attaccamento tenero tra madre e figlio.
Ma hanno trascurato il grande assente più di tutti: ovvero il padre! Non vi è traccia di una sua partecipazione alla decisione, forse nemmeno lo sa, o forse non lo vuole, comunque è il vero clandestino di tutta la storia.
L’errore che l’informazione ha commesso è stato principalmente la ricerca di una spiegazione necessariamente razionale ad un tema tanto delicato che coinvolge l’intimità di una decisione tanto complessa quanto granitica perchè segna un prima e un dopo non più modificabile.
E allora a menarla sul concetto di abbandono, perchè la madre in fondo ha abbandonato, rinunciando al suo ruolo di madre, al suo impegno, al suo sacrificio, al suo dovere, o forse meglio dire ha lasciato in quanto denoterebbe meno gravità nella scelta, quasi che abbandonare o lasciare cambino la sostanza del suo gesto che non ha nulla a che vedere, dal mio punto di vista, nè con il lasciare nè tantomeno con l’abbandonare, perchè la madre affida Enea a chi potrà prendersene cura meglio di lei, rinuncia a lui per donargli una vita che sia vita, cambia le braccia che lo accoglieranno perchè che potranno essere più forti, salde e sicure delle sue. E per far questo il suo cuore non sarà stato leggero, ma il pensiero di averlo affidato in buone mani sarà stato il suo unico sollievo.
Io se leggo e rileggo le parole della madre, mi emoziono profondamente, mi si stringe il cuore perchè in quelle due righe di immenso amore, leggo un amore che si è rivelato ancor più immenso quando ha deciso di lasciare Enea in una culla per la vita e ha scelto per la vita, ha scelto di lasciarlo alla vita, non come capita in alcuni casi drammatici, quando si sono ritrovati neonati abbandonati o lasciati sì in un cassonetto o in buste sigillate o in altri mille modi indescrivibili.
E invece, Enea, un tenero bimbo di 2 kg e 600, dai capelli scuri, è stato semplicemente affidato dall’amore della mamma alle cure di una mamma e di un papà che lo attendevano e lo hanno accolto con un caldo abbraccio e col desiderio di crescerlo, amarlo, accompagnarlo, coccolarlo per tutta la sua vita.
Si pretende di giudicare un gesto, quando non vi può essere alcun giudizio al riguardo perchè la madre ha suggellato in poche frasi un amore infinito con un messaggio che accompagnerà Enea nel suo viaggio, non è un caso nemmeno la scelta del suo nome, identificativo di un eroe, appartenente agli Dei, salvifico e mitico, che scappa da una città in fiamme e ricostruisce, dopo lunghe peripezie, la sua vita accanto ad una principessa.
Enea non è il primo bambino che si è ritrovato accolto dal calore della culla per la vita, ogni anno più o meno 400 bambini in tutta Italia trovano così la loro nuova famiglia. spesso quasi subito, quando sono ancora affidati alle cure della struttura ospedaliera dove è arrivato lasciatovi dalle braccia della madre.
Nessuno di noi può permettersi di giudicare il suo gesto, nessuno può permettersi di condannare il suo abbandono, nessuno può ergersi da moralizzatore di una scelta, cercando di rinvenirvi una ragionevolezza, una comprensione, un’analisi, anzi una spicciola psicanalisi senza averne gli strumenti per riportare la donna alla ragione, a tornare sui suoi passi e riprendersi Enea per vivere tutti insieme felici e contenti.
Purtroppo, le favole non funzionano quasi mai così nella vita, perchè la madre ha pensato proprio al finale della storia e ha pensato che lei non era in grado di assicurare quel finale alla vita del suo amato Enea, e la immagino contrita, sofferente, disperata sicuramente, al momento della necessità di premere il pulsante proprio per donare la favola al suo mitico meraviglioso epico Enea.
Le uniche frasi che rivolgerei alla madre, al di là di un profondo lungo silenzioso rispetto, sono composte di parole quali comprensione, compassione, amore, dolore, consapevolezza, dono, e soprattutto vita, perchè questa madre non ha pensato a se e al suo essere madre, ma ha pensato e agito con l’amore infinito di una madre, guardando al suo Enea e donandolo alla vita e ad una nuova vita, impedendogli di conoscere il dolore di non essere stato desiderato, l’angoscia di un padre assente o peggio ancora di una madre insofferente e non all’altezza del suo futuro.
Enea è nato bello e ora nelle braccia di chi lo desiderava ha trovato la sua casa, la sua camera, la sua culla, la sua vita e probabilmente grazie alla madre biologica può scrivere così il suo lieto fine e vivere il suo destino.