Per la nostra rubrica “Volti di Napoli”, abbiamo avuto l’occasione di conoscere un giovane talento, un artista poliedrico, capace di conciliare la sua passione per la scrittura con diverse forme di espressività, in primis quella del Teatro. Parliamo di Loris Avella, nato nel capoluogo campano nel 1992, il quale, per le sue produzioni, ha già visto attribuirsi importanti riconoscimenti.
Noi di Senza Linea abbiamo avuto l’opportunità di leggere la sua raccolta di poesie, dal titolo “Groviglio”, e a partire dai suoi componimenti – che ci hanno colpito notevolmente – abbiamo deciso di rivolgergli alcune domande, al fine di conoscere più da vicino il suo pensiero e la sua sensibilità.
1. Gentile Loris, è innanzitutto un grande piacere poterti conoscere, ma ancor più grande è stato il piacere di poter godere dei tuoi versi. Un poeta, quando scrive, si mette a nudo e, facendolo, riesce a toccare e a far venire fuori quei nodi profondi nei quali si annida l’umanità di ognuno di noi; e tu, in questa raccolta, a nostro modo di vedere, ci sei riuscito molto bene.
Partiamo dal titolo, vorremmo, infatti, poter avere direttamente una tua spiegazione: “Groviglio”, perché?
Ringrazio voi per la gentilezza e per le stupende parole. Tutti nasciamo con un nodo, già da bambini ci viene inculcato di scioglierlo, di trovare la propria strada, molte volte scelta dai nostri genitori o dagli insegnati. Ma questo piccolo nodo non si scioglierà mai, anzi, diventerà sempre più grande conoscendo altre persone, scoprendo il sesso e l’amore, accettandosi per quello che si è senza etichette e catturando i nodi di chi si incontra facendo crescere questo Groviglio di emozioni.
2. Le arti si contaminano, non sono compartimenti stagni, e questo emerge pienamente anche nella tua opera. Stai dimostrando di essere un artista a tutto tondo, pertanto, vogliamo chiederti, oltre alla scrittura, quanta e quale importanza rivestono le arti figurative e il Teatro nella tua espressione?
Ho frequentato il liceo artistico e tutto ciò che scrivevo mi veniva giù di getto guardando il libro di storia dell’arte e ascoltando le bellissime lezioni della mia insegnante del tempo, la prof. Starita, che non solo ci narrava la storia dell’opera ma ci dava libero spazio d’interpretazione. Osservando un’opera, nella mia testa si creava un cortometraggio, le figure iniziavano a recitare dei monologhi ed io scrivevo quello che mi risuonava nelle orecchie. Il teatro invece mi ha dato la forza di pubblicare questa raccolta, mi ha dato la voglia di mettermi a nudo proprio come faccio quando recito sul palco, proprio per questo motivo gli ho dedicato “Sipario”.
3. E poi, c’è Napoli, come ad esempio nel bellissimo componimento “Andare via”. Ebbene, quale influenza ha avuto su di te la città di Partenope, che, da sempre, è fonte di ispirazione per gli animi più sensibili e inclini al Bello?
Napoli forse è in tutti gli scritti, sotto forma di mare, aria e caffè. Napoli è bella nello scritto “Andare via”, anche se triste perché la si lascia ma si ha di lei un ricordo stupendo, come succede a tutti quando vanno via ma è cattiva e dolorosa in “Posillipo”. Napoli è la vita, è dolce e infame ma non riesce mai a lasciarti un saporaccio in bocca.
4. Alda Merini rappresenta per te un punto di riferimento di grande spessore; ti va di parlare del tuo rapporto con quella che è una delle più grandi poetesse del secolo scorso?
Alda è liberazione, è buio nella luce e luce nell’oblio, è la mia lacrima mai versata… è un filo importantissimo del mio Groviglio. La sua poesia Spazio è diventata per me, negli anni, il manifesto della mia vita.
5. In “Scuola”, lasci emergere uno scontro, che si instaura fin dalla fanciullezza, tra il sistema precostituito e la voglia di libertà, di lasciarsi andare nei sogni. Per te l’Arte rappresenta, quindi, una via di fuga, una necessità per non soccombere?
Assolutamente sì! purtroppo quando parlo con ragazzi più giovani di me o con i miei coetanei e racconto loro che ho pubblicato una raccolta di poesie e che leggo principalmente tale genere letterario sbarrano gli occhi pensando che io sia pazzo e affermando che loro, durante gli anni scolastici, avrebbero preferito fare gastroscopie invece che le parafrasi. Penso seriamente che le insegnanti dovrebbe riportare l’amore nelle scuole per ciò che si fa e inserire anche poeti dei giorni nostri, più contemporanei, per far sentire più vicino ai giovani studenti, specialmente del liceo, il periodo che viviamo e i problemi che affrontiamo che sono diversi da quelli del passato.
6. Nel complesso della tua opera, abbiamo notato, spesso, un’evocazione della dimensione della religione e della preghiera: qual è il tuo rapporto con la fede?
Sono nato in una famiglia estremamente religiosa ma io ho sempre avuto un rapporto molto delicato con l’elemento religione perché tendevano sempre ad etichettare e a farmi sentire un errore avendo avuto io sempre un animo più ribelle. Nelle mie poesie la Chiesa è dove mettiamo il cuore, l’eucarestia è ciò che vogliamo toccare con le labbra. Il crocifisso, l’altare e il Cristo stesso sono fatti di carne ed ossa, sangue e brividi, vino e caviale. La religione è vista come un desiderio fisico, qualcosa che si materializza avanti agli occhi e soddisfa tutte le voglie e i piaceri in una sorta di Miracolo moderno. Nelle mie poesie la Chiesa è dove mettiamo il cuore, l’eucarestia è ciò che vogliamo toccare con le labbra.
Ringraziamo vivamente Loris per la sua disponibilità.