L’olimpo dell’Arte napoletana è stato raggiunto da un’altra divinità, che ora è lì a sedere allo stesso tavolo dei più grandi, degli stessi “mostri sacri” accanto ai quali ha lavorato nei tantissimi anni della sua eccezionale carriera, primi fra tutti, Totò e Eduardo. Come tutti abbiamo appreso nelle scorse ore, purtroppo, è venuto a mancare, all’età di 92 anni, il maestro Carlo Croccolo. “Ha vissuto una vita straordinaria come straordinario è stato il suo talento”, questo il messaggio apparso su Facebook, con il quale è stata diffusa la notizia della scomparsa.
Egli cominciò in radio, interpretando la commedia “Don Ciccillo si gode il sole”; in teatro ne “L’Anfiparnaso” diretto da Mario Soldati e al cinema con “I cadetti di Guascogna”. Ma, a partire dal Cinquanta, Croccolo ha preso parte a più di cento film e indimenticabili sono i suoi ruoli affianco al “Principe della risata”. L’attore napoletano, infatti, è stato il cameriere Gondrano in “47 morto che parla” del 1952; poi è stato il maggiordomo Camillo in “Totò lascia o raddoppia?” del 1956 e Battista in “Signori si nasce” del 1960. Insieme a Eduardo De Filippo, e da lui diretto, invece, ha recitato in “Ragazze da marito”, mentre con Peppino è stato in “Non è vero…ma ci credo”. Nel 1989, gli sono stati riconosciuti il David di Donatello e il Ciak d’oro come migliore attore non protagonista, per la sua interpretazione in ” ‘O Re”, importante pellicola di Luigi Magni.
Croccolo, in aggiunta, si è distinto pure nel doppiaggio. Basti pensare che è sua la voce di Oliver Hardy in “Stallio e Ollio” (sostituì Alberto Sordi) e, in alcuni casi, sua è la voce di entrambi i personaggi. In maniera impressionante, riuscendo ad imitarne alla perfezione il modo di parlare, poi, egli è stato anche il doppiatore di Totò, l’unico ad essere autorizzato dal principe, il quale, a partire dal 1957, per via dei suoi problemi alla vista, fu impossibilitato al doppiaggio di se stesso nelle scene girate in esterno. Nella pellicola “I due marescialli” oltre a Totò, l’attore ha doppiato anche Vittorio De Sica nel finale alla stazione. Lo stesso De Sica che lo scelse in “Ieri, oggi e domani”.
Oltre alle superbe prove attoriali, poi, per il Cinema, egli ha sperimentato pure il lavoro di scrittura e di regia, firmandosi come Lucky Moore, per due western: “Una pistola per cento croci” e “Black Killer”.
Ovviamente, proseguendo, il talento di Croccolo non poteva che primeggiare anche nel mondo del Teatro, come, per citarne alcune, nelle commedie “La grande magia” di Eduardo De Filippo, diretto da Giorgio Strehler, “Garinei e Giovannini Rinaldo in campo” nel 1987 con Massimo Ranieri e “Aggiungi un posto a tavola” nel 1990 con Johnny Dorelli.
Tra i suoi ultimissimi ruoli, sul grande e piccolo schermo, possiamo ricordare quello del padre della sposa in “Tre uomini e una gamba” con Aldo, Giovanni e Giacomo, e poi Totonno nello sceneggiato televisivo “Capri”, accanto a una fantastica Isa Danieli, la quale lo ha ricordato con un bellissimo post su Facebook.
La camera ardente si è tenuta ieri a Castel Volturno (città di cui aveva ricevuto “le chiavi” in occasione dei suoi 90 anni), lì sul litorale casertano doveva aveva deciso di trascorrere la sua vecchiaia, in compagnia della sua amatissima moglie, Daniela Cenciotti. I funerali, invece, si terranno oggi, alle ore 16, a Napoli, presso la chiesa di San Ferdinando, in piazza Trieste e Trento.
A rendergli omaggio con due comunicati, chiaramente, non potevano mancare né il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, né il ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, il quale ha dichiarato: “La scomparsa di Carlo Croccolo è un grande lutto per lo spettacolo italiano, che perde un attore, regista e doppiatore che con grazia e maestria ha attraversato tre generazioni di cinema e teatro. Pilastro della scena partenopea, a lungo a fianco di Totò nella vita e nella professione, è stato protagonista anche a fine carriera di convincenti interpretazioni che hanno donato gioia e allegria a molti”
Con la dipartita di Carlo Croccolo viene definitivamente reciso il cordone ombelicale con la grandezza del Novecento napoletano. È un pezzo della Storia del Cinema e del Teatro che se ne va, ma soltanto per andare ad incastonarsi, come stella, in quel firmamento destinato a brillare per sempre. Tutti noi, napoletani e meridionali in generale, inoltre, dobbiamo essere a lui riconoscenti per averci, in un certo modo, difeso, attraverso la sua arte. Negli anni in cui i terroni erano visti con molto disprezzo al Nord, l’attore, infatti, si inventò la maschera Pinotto, un ingenuo alpino piemontese dai modi un po’ rozzi, a riprova che non necessariamente l’ultima ruota del carro doveva essere sempre uno del Sud.