Nello “Spazio Martucci 56” di Napoli, a pochi passi da piazza “Amedeo”, è allestita la mostra collettiva, dal titolo “Cromìe”, curata da Simona Pasquali, fino al 2 novembre 2018. Una serie di artisti accomunati dalla voglia di creare e di ricercare nuove forme espressive personali e intimistiche, focalizzano la propria attenzione su un unico denominatore, le cromìe. E’ un approccio multidisciplinare, una produzione artistica eterogenea, dalla pittura alla scultura, dalle forme sinuose a quelle geometriche, dai toni caldi a quelli freddi, ognuno risponde a queste istanze con la propria esperienza e creatività. Seguendo il percorso espositivo la prima opera ad accogliere il fruitore è il quadro “La meraviglia della madreperla”, di Guglielmo De Filippo. Al centro della tela è collocato un materiale pregiato, la madreperla, che cambia colore a seconda della luce e dell’angolo di visualizzazione. L’artista, in questo caso, ne valorizza le caratteristiche, ponendo all’osservatore interessanti spunti di riflessione sul fenomeno naturale e sui cambiamenti cromatici. Che sia una farfalla tropicale, che sia un arcobaleno, è una esortazione ad osservare il mondo da una prospettiva diversa, scevra da qualsiasi base pregiudiziale.
Le due sculture, “Corpo vuoto luminoso colorato” e “Corpo vuoto luminoso trasparente”, di Franco Paletta, sono l’esito di una profonda conoscenza della storia dell’arte. Le forme eleganti e raffinate ci proiettano in un gioco di luce e ombre, esaltano la bellezza della materia che emerge con delicati cromatismi. Spazi pieni e vuoti, dinamismo e integrazione nello spazio rendono le opere dell’artista, delle vere e proprie figure organiche. Le sue sculture non sono dei manufatti puramente estetici, in essi vi è una profonda riflessione sulla interazione fra interno ed esterno. L’artista si sofferma sul concetto di “astrazione immateriale”, partendo da una analisi della società dei consumi e dei beni materiali, in cui prevalgono i “vuoti” politici, sociali e culturali, nega l’esistenza della materia, per giungere a qualcosa di aulico, nobile e puro, un astrattismo immateriale, in cui, come afferma Paletta: “Le mie opere sono espressione dell’interiorità e della mente, aprono alle risonanze emozionali, attraverso tre elementi fondanti, l’individualità, la storicità e l’universalità”. Queste considerazioni sono l’esito di un lungo processo che attinge anche dalla Storia, dalla razionalità, dalla filosofia, dall’arte antica e dalla critica sociale. In effetti, le due opere evidenziano una certa dolcezza nel modellato e una sorta di languore di prassitelica memoria, oltre ad una leggiadrìa senza tempo di Benvenuto Cellini.
Nella scultura/installazione di Gianpaolo Cono, i frammenti di un muro di una casa tedesca, una metafora del muro di Berlino, innescano una riflessione ancora attuale, sull’innalzamento di barriere culturali e sociali, nonostante siano passati quasi trenta anni dalla caduta della cinta muraria. Osservando la composizione, “Artistic Mending”, si assiste ad un dialogo visivo fra i diversi manufatti artistici, in cui è evidente la contesa economica fra le due superpotenze mondiali, gli Stati Uniti, con la bandiera a stelle e strisce, artefice di una politica di dazi doganali e della ipotesi di costruzione di un muro ai confini con il Messico e, la Cina, con i tasselli di un antico gioco cinese, in conflitto con la regione autonoma del Tibet e responsabile di una espansione economica che copre il mercato globale con i suoi prodotti. L’intero impianto compositivo si sviluppa su una griglia, è una intelaiatura che funge da supporto o da “ponte” tra le diverse nazioni e consente l’interazione fra i diversi elementi. L’artista pone all’osservatore una domanda: l’arte come strumento per “riparare” il mondo? Cono, grazie alla sua sensibilità ed esperienza, riesce a sintetizzare in un’unica opera, l’attuale condizione geopolitica del mondo. E’ una rielaborazione in chiave contemporanea dell’arazzo, intitolato, “Mappa”, di Alighiero Boetti, realizzato negli anni Settanta.
“Signora in rosso”, è il titolo dell’opera di Maurizio Prenna, in cui è la sottrazione e l’assenza a dare forma alla realtà. Una figura femminile emerge attraverso una sagoma di profilo, creando un gioco di vuoto e di pieno il cui colore rosso è protagonista. E’ una silhouette elegante, che lentamente e con stile entra nel campo visivo, non occupa il centro della tela, con molta discrezione è collocata ai margini. La sua è una presenza/assenza che osserva, valuta e riflette. L’intenso colore rosso è emblema di una atmosfera rassicurante, calda, in cui il fruitore si trova a proprio agio. I capelli colorati della donna ne esprimono il carattere, una figura creativa e irrazionale, dinamica ed estroversa.
In Stefania Marino, è evidente l’approccio concettuale delle sue opere. E’ una commistione di diversi materiali, carta, pelle, olio e vetro, danno vita ad un prodotto organico e dinamico che cambia forma e colore. Uno strato sottile di pelle accoglie e mette in evidenza tratti di olio sorretti ed imprigionati da spezzoni di carta. Il colore passa attraverso gli strati impregnandoli. L’artista focalizza l’attenzione sugli aspetti chimici dei diversi materiali, la pelle come il corpo, ricorda nelle pieghe il passaggio degli eventi. Soltanto l’utilizzo del vetro ferma l’espansione dell’olio, imprigionandolo nell’impianto figurativo. E’ un processo in continua evoluzione, come nella vita reale, ricordi, omissioni, trasparenze, si materializzano in atmosfere incandescenti, mai statiche e sempre imprevedibili.
Vito Sardano manipola e conferisce una nuova identità e vita agli oggetti, presente in mostra con “Installazione Rosso” e “I miei pensieri”. Sono installazioni visivamente impattanti, caratterizzate da un cromatismo vivace, private della loro funzione originaria assumono una nuova destinazione d’uso nel nuovo contesto, diventano “materia creativa”, “materiale da riciclo”, sculture ironiche e fantastiche, un ottimo esempio per la didattica sull’arte.
E’ un percorso espositivo in cui oltre all’estetica e alla componente cromatica, caratterizzata da una prevalenza dei colori gialli e rosso, ogni singolo artista è riuscito a dare ulteriori spunti di riflessione sull’arte. Di questa caratura sono gli altri artisti presenti in mostra, da Gabriele Brugnaro, con l’opera “Shinda”; a Marco Ferrari, con “Tartaraku in fuga”; Antonio Lucarelli, con “Le vostre fronde hanno occultato il cielo”; Jeanine Lucci, con la tela dal titolo “Golden”; Paolo Mirmina, con il collage che riveste due sculture in gesso gemelle, “Confronto”; Tiziano Moggio, con la tela,“Intrusione”; Emanuel Palermo, “Via del campo”; Marco Randazzo, con le opere fluide, “Memoria breve”; Simona Sarti, “Paideia e Alètheia”. Essi sono gli artefici di una produzione artistica in cui convivono: arte, filosofia, scienza, natura, politica, economia e sociologia.