Se questo non è il primo articolo scritto da me in cui vi imbattete, allora saprete che ho un’idea di internet, o, più in generale, del mondo del web, ben delineata. Se, invece, non avete mai letoo nulla di mia fattura, vi basti sapere che per me, quella informatica, rappresenta una delle rivoluzioni, se non la rivoluzione, più importanti ed è destinata ad influenzare lo sviluppo umano dei secoli a venire. Questo fondamentalmente per due motivi: diffusione potenzialmente infinita e, soprattutto, libertà pressoché illimitata. Eppure, anche se può sembrarci paradossale, queste due caratteristiche di internet non sono sempre presenti. Forse non è noto a tutti, ma in Cina internet non funziona esattamente come nel mondo occidentale.
Non più di due mesi fa, Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google e, tutt’ora, uno dei massimi dirigenti dell’azienda californiana, ha rilasciato delle dichiarazioni piuttosto interessanti. Riassumendo, Schmidt ha affermato che il futuro del web non è, come molti pensano, una sorta di frammentazione in molti piccoli “micro-server”, ma una biforcazione netta tra quello che sarà l’internet “normale” di tutto il mondo, e l’internet chiuso e censurato del mondo cinese. Aldilà delle esatte parole dell’ex AD di Google, queste dichiarazioni lasciano trasparire quanto sia, di fatto, importante e non trascurabile la differenza tra il “nostro” internet e quello cinese.
Andando più nello specifico, una delle caratteristiche che più emergono dall’internet mandarino è come sia pressante e limitante la censura; tanto che, anche gli occidentali che vanno in Cina, sono praticamente impossibilitati ad usare liberamente strumenti che qui diamo per scontati (Facebook, Twitter e tutte le applicazioni di Google). Tant’è vero che esistono le versioni cinesi di tutti i social network occidentali: WeChat (app sostitutiva di Whatsapp, che in occidente è praticamente per nulla utilizzata), Weibo (sosia di Twitter) e Renren (versione alternativa di Facebook).
Da quello che ho raccontato, sembrerà che considero il mondo online occidentale tendenzialmente migliore di quello cinese. La questione non è così facile, e basterebbe girare un po’, appunto, su dei siti web per scoprire numerosi sostenitori della rete “alla cinese”. La questione non è così facile anche per questioni storico-politiche che permeano lo stato comunista dell’estremo oriente. Senza soffermarcisi troppo, basti pensare al regime politico che vige in Cina, all’interno del quale, sostanzialmente, non esiste la libertà di parola, base fondante della democrazia in quanto tale,
Come in ogni situazione, non ci si può limitare ad una singola visione; non si possono ignorare una serie di fattori (nel caso specifico contesto sociale, culturale e storico) che in ogni analisi devono essere presi in considerazione. E se Schmidt avrà o meno ragione, questo dipenderà da come noi occidentali saremo in grado di instaurare rapporti con l’oriente e da se la Cina deciderà di cambiare il suo approccio, cosa, a mio parere, piuttosto improbabile.