Napoli ha cinquecento cupole e migliaia di edicole sacre dai Quartieri Spagnoli al Centro Storico, questa antichissima usanza che unisce sacro e profano è ancora sotto gli occhi di tutti. Fin dall’epoca dei romani le immagini sacre erano una costante nelle strade o sulle mura delle abitazioni dei più facoltosi, servendo come devozione verso un Dio e come illuminazione della città. Se oggi all’interno delle edicole troviamo Santi e immagini di Madonne, in epoca romana si trovavano i “Lares”, che in antichità erano gli antenati divinizzati e venerati all’interno della famiglia col fine di proteggere la casa e le persone che vi abitavano. I Lari, dal latino lar(es), “focolare”, derivato dall’etrusco lar, “padre”, venivano raffigurati con una statuetta, di terracotta, legno o cera, chiamata sigillum. All’interno della domus, le statuette degli antenati venivano collocate in un’apposita edicola detta larario ed in determinate occasioni onorate con l’accensione di una fiammella.
A Napoli la diffusione di queste edicole si deve ad un uomo: padre Rocco.
Siamo alle soglie del Settecento quando Matteo e Anna Starace giungono a Napoli con il figlioletto ancora in fasce da un piccolo paese vicino Massalubrense, quel figlio diventerà famoso nel Regno. Benvoluto dai nobili e dai Borbone, Padre Rocco riusciva ad ottenere, quasi sempre, ciò che desiderava.
Collaborò con il re Carlo III alla ideazione di un ospizio per dare un ricovero a tutti i poveri del regno, l’Ospizio dei Poveri a Piazza Carlo III e di dotare la città di un cimitero, oltre che quella di fondare in città numerosi ospizi per ragazze e minori in pericolo. Padre Rocco trovò anche il modo di risolvere il grave problema dell’illuminazione della città: sfruttando il forte sentimento religioso del popolo, il domenicano suggerì di posizionare delle immagini sacre negli angoli delle strade più buie, invitando i fedeli di tenere sempre accesa una candela per dimostrare la devozione verso l’immagine. Tale pratica, però nelle intenzioni di padre Rocco, doveva servire soprattutto a scoraggiare i malintenzionati, che in questo modo non godevano più del favore delle tenebre per derubare o ammazzare le proprie vittime.
I nobili venivano scortati da servi con lanterne ed la povera gente, onde evitare brutti incontri, la sera si rintanava in casa.
I delinquenti si appostavano al buio tendendo una corda nella quale il malcapitato che inciampava, veniva immediatamente sopraffatto (da qui nacque il detto “e che te cride ca’ vaco a mettere ‘a fune ‘a notte”, per dire: non vado mica a rubare).
A Napoli, il “tabernacolo”, ossia l’edicola votiva, è un elemento di arredo urbano e al tempo stesso oggetto di culto, che unisce il sacro al pagano infatti è possibile vedere Santi e Madonne, ma pure calciatori e cantori di quartiere eletti come “miti”. Soprattutto nel Rione Sanità e nei Quartieri Spagnoli, si ritrova una straordinaria varietà di questo culto antico: ovunque ci sono piccole edicole con all’interno “lares” contemporanei, non di rado è possibile trovare una nicchia con Padre Pio e una con Maradona