Trama: Betty e Martha partono da Berlino per un viaggio in Svizzera con una Golf scassata. Accompagnano il padre di Martha, malato terminale, a porre fine alla sua vita in una clinica. Ma il viaggio prende una piega del tutto inaspettata quando il padre decide di rimandare la sua scelta e di fare una deviazione nei luoghi della sua giovinezza. Betty e Martha lo assecondano e capiscono che anche per loro è giunto il momento di cambiare strada e buttarsi, anche a rischio di qualche incidente di percorso. Hanno quarant’anni e si conoscono da sempre: la loro amicizia, forse, è l’unico appiglio in una vita che fino a questo momento hanno percorso lasciandosi trascinare senza riuscire a trovare dei punti fermi. Dalla Germania scenderanno verso sud, prima in Italia sul Lago Maggiore poi nel Lazio e quindi in Grecia, dove Betty pensa di poter incontrare il suo, di padre, che credeva morto e che invece sembra essersi nascosto in un’isola greca.
Con un’autoironia graffiante e una sincerità disarmante, Lucy Fricke racconta di donne che fanno i conti con il loro passato e il loro presente, di addii che a nessuno vengono risparmiati, e di genitori che si eclissano troppo presto dalla vita dei figli. E la domanda che si pongono e che ci poniamo non è tanto da dove proveniamo, ma piuttosto come possiamo riscoprire e accettare le nostre origini.
Corbaccio
Recensione: Una narrazione forte, di grande impatto emotivo, non solo un viaggio on the road, ma un viaggio dentro se stessi. Due figure femminili ben strutturate: Betty è dura, spesso ruvida, senza sfumature; Martha incarna l’incompletezza, sia per non essere ancora riuscita a mettere al mondo un figlio, sia perché grazie a questo viaggio si riscopre figlia a sua volta. Martha non ha un grande rapporto con il padre Kurt, ma non riesce a rifiutargli l’ultimo desiderio: andare a morire in una clinica specializzata in Svizzera. Riscoprirà l’affetto, la compassione nel momento in cui comincerà ad accudire il genitore. Tutto ciò andrà a smuovere qualcosa nel profondo di Martha che sfrutterà il viaggio per ritrovarsi in un paesino italiano alla ricerca della tomba di un suo patrigno, Ernesto, scoprendolo vivo, ma fuggito in Grecia. Da qui, Martha comincia, inconsapevolmente, a lavorare su se stessa: analizza i suoi sentimenti, la sua vita, il tutto cercando di scoprire il più possibile su Ernesto imbattendosi in qualcosa di sconvolgente, losco, sanguinario che sarà la risposta a tutti i suoi perché .
Una storia ampia, di amicizia, amore, tormento e mistero. Tutte le tematiche vengono narrate in maniera completa con uno stile veloce, asciutto, spesso ironico che in determinati momenti mi ha ricordato un altro viaggio, un altro libro: “Ogni cosa è illuminata”.
La figura di una figlia che, una volta adulta, veste i panni di una madre e quella di un padre, che ormai stanco e vecchio diventa un figlio da accudire. Ruoli reali, vita vera che si mescola alla trama del libro. Si sottolinea quanto un padre non biologico, possa essere amato tanto quanto uno biologico.
La vita è una continua ricerca, è una matassa da sbrogliare, le persone mutano, i ruoli si capovolgono e tutto ciò avviene troppo velocemente, smarrisce, neanche il tempo di incastrare l’ultimo tassello, che il puzzle si disfa completamente e bisogna ricominciare tutto daccapo.
Un libro che mi ha lasciato tanto, mi ha commossa, mi ha fatta sorridere, riflettere, mi è entrato dentro. Ed ora, voglio vederne il film.
Lucy Fricke è nata ad Amburgo nel 1974, ha studiato Letteratura tedesca all’Università di Lipsia, ha lavorato per molti anni nel cinema e ha pubblicato tre romanzi prima di Figlie, che ha ricevuto il Bayerisches Buchpreis 2018, ha superato le centomila copie in Germania, è stato venduto in numerosi paesi e da cui è stato tratto un film in arrivo nelle sale cinematografiche. Nel 2016 Lucy Fricke è stata borsista a Roma, come vincitrice del Premio dell’Accademia tedesca di Roma.
Vive a Berlino.