In vista della mostra a Napoli dedicata a Genesis, l’ultimo libro del fotografo brasiliano Sebastião Salgado, inaugurata il 18 ottobre e aperta fino al 28 gennaio 2018, colgo l’occasione per parlare di uno dei film che più mi ha toccato tra tutti: Il sale della terra. Uscito in Italia esattamente tre anni fa, il film è diretto a quattro mani dal figlio del fotografo, Juliano Ribeiro Salgado e da uno dei maestri del cinema tedesco, Wim Wenders; una coppia perfetta per inquadrare la vita e l’opera di un personaggio complesso come Sebastião Salgado.

Il film è un documentario biografico incentrato sulla vita del fotografo. Si ripercorre la sua vita, dall’infanzia e dai suoi primi studi universitari ad oggi, passando attraverso quarant’anni di viaggi “dall’Antartico all’Artico”, alla ricerca del volto più reale dell’umanità. Ha il potenziale di trasportare lo spettatore con sé sulle impronte dei viaggi e delle avventure di Salgado. Aggiungere altro sciuperebbe l’esperienza stra-ordinaria che è il film.
“Arriva un momento dove non sei più tu a scattare la fotografia, ma ti viene donato naturalmente e appieno il modo in cui scattarla”
I registi, entrambi anch’essi fotografi, sanno bene che non si può parlare d’arte, in questo caso di fotografia, senza mostrare le opere; sanno anche come e quando farsi da parte allo scopo di servire il fine ultimo dell’opera, evitando qualsiasi spettacolarismo fuori luogo: il film è un continuo scorrere di foto, alternate ad un primo piano del volto di Salgado in bianco e nero, con un’impronta che ricalca il suo stile, accompagnati da inquadrature a colori di lui al lavoro. A raccontare della sua vita e delle vicende dietro ogni singola foto troviamo il fotografo stesso, nella sua lingua adottiva, il francese, con il doppiaggio sovrapposto. Unendo la voce calma di Salgado alla sobrietà e all’eleganza della narrazione (visiva e scritta) si ottiene un tuffo in una dimensione metafisica al contempo intima e universale. Un’occhiata attraverso il suo obbiettivo che ci permette di intravedere la vera faccia del mondo e dell’uomo. Una conversazione faccia a faccia con un artista, un fotogiornalista e un uomo da ascoltare in silenzio.
“Alla fine, l’unica eredità che ci rimane è il nostro pianeta”
La vita e l’opera di Salgado non è semplice: è densa, dolorosa, difficile. E lo è perché è un’istantanea delle nostre colpe. Nel corso dei suoi viaggi ha avuto modo di assistere a vere e proprie tragedie. Tragedie che verranno mostrate, innalzandosi a latenti protagoniste del film. Salgado le racconta come se stesse parlando ad un amico, fissandolo profondamente e intensamente – e il peso dello sguardo lo avvertirete per tutti i 120 minuti. Guardare questo film è un’impresa emotiva, in quanto ha intrinseco il potenziale di poter cambiare un qualcosa nella gente. E’ il lungometraggio di una persona che si assume la responsabilità di mostrarci tutto ciò che non vediamo, sia perché ci viene nascosto e sia perché distogliamo lo sguardo. E porta con sé l’ambizione di aprire gli occhi al mondo e la speranza in un cambiamento che forse solo la forza delle immagini può portare. La prima volta che vidi Il sale della terra non sapevo cosa aspettarmi. Alla fine della pellicola ero quasi in lacrime. Rimane dentro, come rimangono dentro le sue fotografie.
Dunque questo film è la chiave per comprendere appieno l’opera di uno dei fotografi più importanti di sempre, del principe del bianco e nero, e di tutto ciò che sta dietro le sue foto. Prenderne visione prima di visitare la sua mostra al PAN di Napoli aiuta a comprendere il lavoro di Genesis e la sua complessità. Non sono solo foto. E’ un tributo. Un tributo al mondo e alla natura, da parte di una delle persone che più tra tutti ha avuto modo di vedere i danni compiuti dalla nostra razza a se stessa e al suo pianeta. Un tributo che esalta la bellezza, ma che nasce dalla sofferenza. Nostalgico, melanconico e pregno di saudade.
https://www.youtube.com/watch?v=iXASAVMdENg