Settimana complessa.
Giovedì 24 febbraio il mondo si sveglia con una scoperta devastante.
La Russia di Putin con una dichiarazione resa all’alba al paese inizia l’invasione dell’Ucraina.
Seppure la situazione dell’Ucraina, nelle zone filorusse ai confini orientali tra i due paesi, è bellicosa da molti anni (ben 8 anni dal 2014) indubbiamente c’è qualcosa che è sfuggito alla diplomazia mondiale, essendosi Putin determinato alla scelta peggiore per il momento che si paventava da giorni ma che si considerava impossibile, anche stando alle sue parole.
L’impreparazione psicologica e umana di tutti noi è stata forse l’assist migliore che l’autocrate russo potesse avere…
Esausti ed estenuati da due anni di pandemia, stavamo cominciando ad assaggiare il sapore della libertà e forse della sconfitta del virus e, invece, come fulmine a ciel sereno, l’Europa e il mondo si trovano ad affrontare una delle pagine più buie della storia moderna dopo la seconda guerra mondiale.
E questo per due ordini di ragioni, anzitutto, perché nonostante la fragilità di una situazione politica interna dell’Ucraina, la minaccia a tenaglia di un paese democratico, libero e indipendente rievoca tristi ricordi e retaggi dittatoriali ancora troppo freschi nella grande ferita storica tracciata per tutti noi dalla seconda guerra mondiale e poi, ma non in secondo ordine, per il linguaggio delle minacce e degli avvertimenti.
Putin non sceglie mezze misure e avverte con toni perentori e drammaticamente spaventosi che in caso di contrasto o intromissione nella sua avanzata in Ucraina “Chiunque minacci o interferisca con le azioni della Russia deve sapere che nostra risposta arriverà senza ritardo e porterà conseguenze che non avete mai viste nella storia“.
E ieri, a fronte di un ulteriore inasprimento delle sanzioni da parte del mondo occidentale, più o meno unanimemente, ha ordinato l’allerta del sistema difensivo nucleare…ovvero armi nucleari.
Non conosciamo l’entità della minaccia e dell’eventuale reazione russa.
Ma siamo impietriti di fronte alle immagini e ai video di città moderne, democratiche, libere, che alternano suoni di sirena che richiamano la necessità di rintanarsi in rifugi sotterranei improvvisati per sfuggire ai bombardamenti in atto e le giornate scandite dal coprifuoco, vero, quello dettato dall’agenda di guerra laddove non si può uscire per strada per evitare di essere considerato un nemico.
E quel suono, quel suono terribile delle sirene resta impresso nel cervello e sta turbando e scioccando il mondo libero che assiste sbigottito a tutto ciò e, non solo, indignato, arrabbiato, impaurito.
Da poco il mondo grazie alla vaccinazione sta allontanando lo spettro della pandemia; durante la fase più dura abbiamo conosciuto il lockdown e il coprifuoco con il divieto di uscire di casa superata una certa ora, ma allora al peggio si beccava una multa e comunque si rinunciava ad una pizza in compagnia mentre ora sentire la parola coprifuoco riecheggia di altri significati e si riempie di terrore e di dolore…laddove il coprifuoco che significa fuggire ai bombardamenti e alla morte insieme a bambini, anziani, ammalati, trovando riparo in rifugi o sotterranei, definisce il racconto assolutamente surreale.
Certo, la pandemia non si è dissolta nel nulla ed è indubbio che nella dinamica e promiscuità delle persone, stipate in tanti per tante ore in posti stretti, dettata dall’emergenza di salvarsi, anche la contagiosità può essere di nuovo messa a rischio…ma è chiaro che in questo momento resta un problema secondario.
Qualsiasi sia il punto di vista, appare assolutamente anacronistico quello che viviamo…si sa che le ragioni della storia si acquisiscono nel tempo, ma resta un dato inconfutabile che ci ritroviamo a vivere un copione abbastanza consueto laddove il potere è accentrato nelle mani di una sola persona.
La storia sembra non averci insegnato nulla al riguardo.
E così si resta inebetiti a vedere gli uomini ucraini, padri, figli, nonni che si separano dalle famiglie per andare al fronte e unirsi alla resistenza del paese.
Si punta molto sulla resistenza e sulla sorpresa della sua forza e della volizione del popolo ucraino…eppure la risposta è molto semplice.
Aver conosciuto la libertà, il valore della libertà, ha un sapore molto forte e fa da spinta propulsiva perchè anche migliaia di civili che non hanno mai imbracciato un’arma, si radunano nelle città e costruiscono bombe amatoriali per riconquistare o non perdere la propria libertà e la propria patria.
Certo questo fa parte di un racconto, che può essere distorto da fake news e anche dalle politiche propagandistiche legate alla guerra e relative a tutti i protagonisti della scena.
Se però con spirito critico, si vuole provare ad analizzare la situazione attuale, resta evidente che da un lato abbiamo un autocrate, un dittatore assoluto che non ha mai nascosto la sua anima e che governa la Russia da 20 anni e più forte di un potere assoluto, dall’altro, abbiamo una politica fragile, non carismatica, non determinata, che paga il fio di una classe politica complessivamente molto poco valida che non ha dimostrato, almeno finora, di avere la capacità di interloquire con Putin e trovare una via diplomatica indispensabile per la risoluzione della crisi.
D’altro canto, da una prima analisi, assolutamente approssimativa e legata all’avvincendarsi delle escalation di questi ultimi giorni, assistiamo ad un Presidente ucraino che utilizzando in modo egregio e anche strategico i social, sta narrando la guerra e l’aggressione dal suo punto di vista, rinunciando a scappare dal paese di fronte alle offerte di aiuto di alcuni leader politici e presentandosi nei suoi video nelle piazze importanti di Kiev, a ribadire che lui è in prima linea, che attende il nemico e lo combatte de visu seppure l’auspicio dei negoziati annunciati per queste ore spinge a sperare di lasciarci alle spalle questo incubo nero in cui è piombato il mondo.
E’ anche la guerra dei social con la diffusione di immagini e video direttamente da quei luoghi e come sempre la forza delle immagini diviene molto più esplicita ed esplicativa dei fatti stessi.
Il Presidente ucraino incarna perfettamente questo ruolo di eroe positivo che difende la sua patria e il valore della libertà e nello stesso tempo, da bravo attore, qual’è stato nella sua prima vita professionale, impersona, per ironia della sorte, la lotta ad una minaccia inimmaginabile, con coraggio, spronando i suoi soldati e il suo popolo a difendere l’Ucraina, ma dai suoi gesti è difficile decodificare quanto sia dettato dal suo ruolo e quanto dalla sua abilità attorea che forse gli ha fornito qualche strumento in più per essere diretto ed efficace con la sua gente.
Resta imponente l’enigma del perchè di questa guerra.
C’è chi ipotizza che Putin abbia mere mire espansionistiche rivendicando situazioni storiche ormai lontane, con una lettura peraltro molto singolare della storia stessa, ovvero sia stato solo e isolato nell’ultimo periodo e quindi stia agendo con follia e non sense, ovvero ancora che abbia strategicamente studiato tutto a tavolino negli ultimi anni perchè un attacco militare così non si improvvisa certo in ventiquattrore.
Purtroppo, la storia insegna che non tutto debba avere necessariamente un senso o una logica soprattutto in guerra se pensiamo che Hitler non aveva di certo i caratteristici tratti perfetti della razza ariana eppure ha generato e degenerato con le sue folli idee fanatismo e morte.
E Putin spaventa per l’uso delle parole che non è da considerarsi assolutamente improvvisato.
L’invasione viene descritta come operazione militare chirurgica volta a frenare e combattere nazisti drogati che occupano indebitamente l’Ucraina e non è un caso che nel suo annuncio di guerra Putin punti a concetti come liberazione dall’oppressore, lotta ad un emergente nazismo e riconquista di una colonia russa…figli della sua cultura militare e della sua storia personale.
Ecco perchè fa paura!
L’auspicio allora è che ci sia un consapevole passo indietro rispetto ad una minaccia che assume i connotati e gli aspetti di una potenziale rischiosa nuova guerra mondiale e che ci sia lo spazio, tanto, immenso, per la pace che deve essere sempre più ingombrante di quello della guerra.