Era il 3 ottobre del 1839 quando veniva inaugurata a Napoli, da re Ferdinado II di Borbone, la prima ferrovia su rotaie dell’intera Penisola. Ebbene, parliamo della famosa Napoli-Portici, di circa 7,5 chilometri, ma che, nel progetto originario, avrebbe dovuto raggiungere anche Castellamare e Nocera, allungandosi ulteriormente. La stazione di capolinea si trovava lungo l’attuale Corso Garibaldi, nei pressi di Porta Nolana, lì dove oggi vi è la Circumvesuviana. Tuttavia, della struttura storica sono rimasti solo pochi resti, per giunta dimenticati da tutti e abbandonati a loro stessi.
Dunque, questa opera, totalmente innovativa per il periodo, ci restituisce la portata della potenza del Regno delle Due Sicilie, capace di sperimentare e di essere pioniere nelle infrastrutture e nelle forme di trasporto. La lungimiranza del re Ferdinando, del resto, arrivò fino al punto di prevedere un’industria per la costruzione dei materiali necessari per lo sviluppo di suddetto sistema, ovvero il “Reale opificio Pirotecnico e della locomotiva”. Purtroppo, dopo il 1860, con l’Unità d’Italia, la produzione venne a perdersi, determinando, peraltro, anche la perdita di numerosi posti di lavoro. In tal senso, è da ricordare il caso dei “martiri di Pietrarsa”, ovvero dei nove operai che morirono negli scontri e nel tentativo eroico di impedire la chiusura e il licenziamento. Oggi, a testimonianza di tutto ciò, rimane solo un interessantissimo museo, il Museo di Pietrarsa, del quale si consiglia una visita.
Volendo allora proseguire ed operare, al contempo, un raffronto con il presente, queste valutazioni storiche stridono oltremodo con quello che invece è lo scenario attuale del sistema ferroviario nel Mezzogiorno. Mentre nella prima parte dell’Ottocento il Sud Italia cominciava a dotarsi di sistemi all’avanguardia per quegli anni, nel 2017, di contro, ci sono ancora posti non coperti dai mezzi di locomozione, oppure ampie zone nelle quali la rete non è adeguata e soddisfacente, almeno per un Paese che voglia dirsi civile. La discrepanza tra Nord e Sud anche su questo tema – come per le autostrade e gli aeroporti – continua ad essere alquanto scandalosa e inaccettabile, e la situazione non pare voler migliorare se consideriamo che il ministro Delrio, con i 5 miliardi di euro stanziati per il nuovo piano ferroviario, ha previsto 69 progetti per il Settentrione e solo 2 per il Meridione.
Non esiste una linea di collegamento ad alta velocità tra Napoli e Bari, le due principali città del Sud; Matera, Capitale della Cultura europea per il 2019, è praticamente irraggiungibile in treno; il binario unico è ancora una realtà per tante città della Puglia, e per arrivare a Reggio Calabria i tempi sono biblici. Quindi, perché non si interviene? Perché non si investe?
A quanto pare, la cosiddetta “Questione meridionale” non è mai realmente finita, e dunque tocca a noi e alle nuove generazioni rimboccarsi le maniche per scongiurare che la nostra terra venga destinata a morire nell’oblio.
Riscoprire la nostra Storia e la nostra cultura non deve essere un mero esercizio di memoria per celebrare il passato, ma deve essere, piuttosto, il pungolo e lo stimolo per tornare a riappropriarci di noi stessi.
Ripartiamo dalla Napoli-Portici per percorrere insieme la via del futuro.