A pochi giorni dal discusso Congresso della Famiglia a Verona, tutte le testate giornalistiche italiane – ma davvero tutte – hanno rilanciato, diverse volte di seguito, la notizia di Cecile Eledge, la donna di 61 anni, che, in Nebraska, tramite fecondazione in vitro, ha partorito il figlio di suo figlio Matthew, giovane uomo gay sposato con Elliot. Secondo quanto riportato dai giornali, per rendere possibile la gravidanza sono stati utilizzati gli spermatozoi di Matthew e gli ovuli della sorella del marito. Il caso ha aperto immediatamente dibattiti e polemiche, e il cosiddetto popolo del web, quella massa indistinta di like e commenti, si è spaccato tra perplessi e disgustati, la maggior parte, ed altri che, invece, hanno riscontrato nel gesto della nonna un atto d’amore e di solidarietà. Ovviamente, sulla vicenda si sono rapidamente fiondati, pronti a cavalcare pure questa onda di sdegno, i vari esponenti della destra, da Giorgia Meloni a Matteo Salvini in primis, i quali hanno definito il tutto come qualcosa di abominevole.
Dal canto nostro, salvo che non degenerino in attacchi offensivi, accettiamo il punto di vista di tutti coloro i quali non condividono la pratica della maternità surrogata o gestazione per altri – volgarmente definita utero in affitto – tuttavia, al tempo stesso, notiamo in molti di loro anche un’ipocrisia di fondo. Ebbene, il più delle volte, a partire dai leader politici sopra menzionati, ci si scandalizza quando questa tecnica di concepimento viene usata da coppie gay e, di converso, si tace o si finge di non sapere che essa, nella quasi totalità dei casi, venga scelta da coppie eterosessuali che, per un motivo o per un altro, non possono avere figli in maniera naturale. Diciamoci la verità, l’utero in affitto viene strumentalizzato per osteggiare i diritti LGBT, sebbene le due cose non siano strettamente consequenziali. Come dimenticare che fu proprio per questo spauracchio che dal disegno di legge sulle Unioni Civili venne cancellata la parte relativa alla cosiddetta stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio legittimo del partner. In tanti, infatti, avanzarono il sospetto che, in questo modo, si sarebbero incentivate le coppie omosessuali a ricorrere alla maternità surrogata.
A questo punto, siccome è piuttosto evidente che sulla questione c’è molta confusione e disinformazione, vogliamo proporre una rapidissima panoramica che possa un pochino chiarire le idee e mettere dei punti fermi. Il primo dato di cui bisogna tener conto è che, contrariamente a quanto dicono alcuni siti di bufale, la gestazione per altri, nel nostro Paese, come tanti altri, è vietata, dunque le coppie, tanto eterosessuali quanto omosessuali, che decidono di ricorrervi, lo fanno all’estero, negli Stati dove è consentito. A tal proposito, negare che vi siano realtà nel mondo dove tale pratica comporti delle forme di commercio sulle vite e di sfruttamento non sarebbe corretto, ma, al tempo stesso, è opportuno specificare a chiare lettere che vi sono Paesi civili ed evoluti che consentono di scegliere questa tecnica purché essa sia espletata solo ed esclusivamente per fini altruistici, accertando che la donna che abbia acconsentito a portare a termine la gravidanza sia stata libera, pienamente consenziente e non abbia accettato per ragioni economiche. Molte volte, infatti, si tratta di una parente o di un’amica della coppia. In tal senso, possiamo citare nazioni quali il Canada, il Regno Unito, la Danimarca, la Norvegia, il Portogallo, l’Australia e alcuni Stati degli Usa. In effetti, a ben guardare, i modelli legislativi adottati da queste democrazie per regolamentare il fenomeno sono molto avanzati, cercando di bilanciare tra etica e progresso scientifico.
Come si diceva sopra, tuttavia, ad utilizzare questa modalità di concepimento, secondo quanto riportano tutti i dati statistici, facilmente reperibili, sono principalmente coniugi eterosessuali e solo in una piccolissima percentuale quelli gay. Pertanto, viene spontaneo domandarsi come mai chi contesta l’utero in affitto se ne ricorda, quasi sempre, soltanto contro i secondi.
Di certo, non è assolutamente nostra intenzione dire che non si possa essere dubbiosi e critici ma, per coerenza, bisognerebbe esserlo contro tutti, indistintamente dall’orientamento sessuale; ed invece, assistiamo ad una vera e propria strumentalizzazione che cela la solita matrice di discriminazione omofoba.
In conclusione, al netto di quanto fin qui scritto, ci si consenta, però, anche di avanzare un’ultimissima considerazione di carattere personale. Vorremmo infatti dire ai vari sostenitori della “famiglia tradizionale” che, magari, se si facilitassero le adozioni per tutti – garantendole anche alle coppie gay e ai single – probabilmente, si riuscirebbe pure a limitare quanti valutano la via della surrogazione, la quale, invero, suscita tante perplessità finanche tra gli stessi membri della comunità LGBT.
(La foto di copertina, ripresa da tantissime testate giornalistiche e siti online, ritrae la famiglia di Cecile Eledge)