I Campi Flegrei hanno cominciato a borbottare frequentemente nelle ultime settimane con una intensa attività sismica dovuta al bradisismo, fenomeno peculiare del territorio, con scosse anche rilevanti di 4,0 e 4,2 di magnitudo che ha fatto spaventare in molti nelle zone circostanti fino ad arrivare a Napoli città e alle isole del Golfo.
Soprattutto la seconda scossa di magnitudo 4,0 è stata percepita in modo molto violento, perchè è stata non solo forte data la bassa profondità dell’epicentro, ma anche lunga temporalmente, gettando tutti nello spavento e spingendo i più soprattutto delle zone puteolane a preparare la classica borsa utile per scappare.
E tant’è vero che da allora come un effetto domino, la paura serpeggia violenta tra la popolazione delle zone interessate che chiedono con insistenza chiarezza e aiuto e, ove necessario, la pianificazione di un piano di evacuazione; il problema è l’impossibilità di prevenire un evento catastrofico come sarebbe quello dei Campi Flegrei.
L’allerta è sempre costantemente stata alta per il Vesuvio e i suoi sussulti, ma probabilmente si è sottovalutata la potenzialità letale della zona flegrea che resta attenzionata, istante per istante, per monitorare gli spostamenti bradisistici e le eventuali correlate modifiche del territorio in grado di attivare un piano di fuga.
Nell’attesa della definizione di un piano di esodo, nel caso di bradisismo grave, gli organi istituzionali continuano a discutere e a organizzare piani di evacuazione e prevenzione, in particolare, si lavora al piano nazionale di Protezione civile per lo scenario peggiore, quello di un’eventuale eruzione, con i cosiddetti ‘gemellaggi’ con le Regioni italiane che divengono ospitanti per gli sfollati che riescono a mettersi in salvo.
Quattro punti strutturano il piano: uno studio sulla sismicità delle microzone, un’analisi del rischio di edifici privati e pubblici, una comunicazione attenta ai cittadini e un programma di intensificazione del monitoraggio sismico e delle strutture.
Resta il dato di fatto della volontà di pianificare, programmare, studiare e monitorare ogni movimento tellurico nonchè di organizzare il salvataggio di quante più vite possibili, ma la domanda a cui è difficile rispondere è se davvero è possibile prevenire? Se davvero è possibile salvare?
Nella giornata di ieri, oltre ad un borbottio dei Campi Flegrei, anche la bocca del Vesuvio ha avuto dei sussulti con scosse di lieve intensità quasi in contemporanea, il che fa davvero paura perchè pensare che entrambi stiano in una fase di fervente attività tellurica e magmatica, a pochi km sotto il suolo, rende davvero complesso organizzare la via di fuga sui due fronti con una zona rossa così allargata.
Peraltro, molte sono le testimonianze di un costante continuo e repentino cambiamento del territorio: le fumarole molto attive, uno sciame sismico con movimenti bradisistici ripetuti, il mare che si sta lentamente ritirando un pò…insomma tanti segnali che però collocano ancora le zone in un livello di controllo e monitoraggio della situazione “contenuto” tanto da non destare l’allarme serio.
Cosa può aver scatenato questi movimenti ? Anzitutto la naturale conformazione del territorio, sorto a seguito dell’esplosione secoli fa, ma c’è anche chi denuncia che in concomitanza dello scoppio della guerra in Ucraina e del ricatto russo di lasciarci senza gas, qualcuno avrebbe tentato di recuperare risorse energetiche dalla zona flegrea, attraverso trivellazioni sul territorio, verificatesi poi del tutto inutili.
Possibile che le trivellazioni, ove avvenute, abbiano svegliato il can che dorme?
Ora quale che sia la verità, resta incontrovertibile la necessità di provare a pianificare una soluzione per i migliaia di cittadini che ne sarebbero coinvolti, fermo restando che laddove ci sarà un’esplosione, immaginare una fuga dalle città coinvolte, che siano di Napoli Nord, Napoli centro, o della provincia tra Pozzuoli, Quarto e Bacoli, direttamente interessate dall’esplosione, fa rabbrividire perchè le vie d’uscita dalle città sono caratterizzate da strade piccole e strette, con brevi tratti di tangenziale e soprattutto con una popolazione numerosissima rispetto alle vie di fuga.
Attualmente il livello di allerta per i Campi Flegrei è giallo e la fase operativa adottata è di “attenzione”.
Con i livelli di allerta si descrive lo stato attuale di attività del vulcano e dell’area delle fumarole che dovrebbe aiutare gli scienziati e i ricercatori a scandire il tempo che precede una possibile ripresa dell’attività eruttiva.
Il passaggio da un livello di allerta al successivo è stabilito sulla base delle variazioni dei parametri monitorati e di eventuali fenomeni in corso.
“Al momento non ci sono le condizioni per poter pensare che ci sarà un’eruzione imminente dei Campi Flegrei, tuttavia – spiega il direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Mauro Di Vito – nelle ultime settimane abbiamo assistito all’aumento dei numero dei terremoti e della magnitudo, quindi sicuramente c’è un’emergenza legata alla sismicità“.
I livelli di allerta sono quattro: livello verde; livello giallo; livello arancione; livello rosso.
Normalmente, con cadenza mensile, il Dipartimento della Protezione Civile organizza una videoconferenza con i Centri di Competenza preposti all’attività di monitoraggio e la Regione Campania per analizzare le fenomenologie in atto e valutare la pericolosità vulcanica. Agli esiti delle videoconferenze vengono dichiarati i livelli di allerta.
Semestralmente il Dipartimento della Protezione Civile, sentito il parere della Commissione Grandi Rischi – Settore Rischio Vulcanico, decide se confermare i livelli di allerta e le fasi operative (attenzione, preallarme e allarme) in stretto raccordo con la struttura di protezione civile della Regione Campania.
Per zona gialla si intende quell’area esterna a quella rossa, che in caso di eruzione è esposta alla significativa ricaduta di ceneri vulcaniche.
Per quest’area potrebbero essere necessari allontanamenti temporanei della popolazione che risiede in edifici resi vulnerabili o difficilmente accessibili dall’accumulo di ceneri, anche se il timore maggiore è che l’entità delle ceneri possa causare con il loro peso il cedimento degli edifici senza considerare la difficoltà di respirare con l’esplosione nell’aria di gas incompatibili con la vita dell’uomo.
Nella zona gialla ricadono i Comuni di Villaricca, Calvizzano, Marano di Napoli, Mugnano di Napoli, Melito di Napoli e Casavatore e 24 quartieri del Comune di Napoli in cui vivono complessivamente oltre 800mila abitanti.
Nella zona rossa, ormai di reale pericolo, l’evacuazione è, in caso di “allarme”, l’unica misura possibile per salvare la popolazione che sarebbe esposta all’ invasione di flussi piroclastici che, per le loro elevate temperature e velocità, rappresentano il fenomeno più a rischio per le persone.
Sono ricompresi nella zona rossa i comuni di Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto, per intero; parte dei Comuni di Giugliano in Campania, di Marano di Napoli e alcune municipalità del Comune di Napoli dove vivono circa 500mila abitanti.
Una volta definita la zona rossa, va organizzato l’allontanamento della popolazione con la dichiarazione della fase di “allarme”. I piani di protezione civile comunali individuano e pianificano le aree di raccordo da cui partiranno i cittadini che scelgono di allontanarsi con il trasporto assistito in modo da trasferire i cittadini interessati nelle aree di incontro previste dalla pianificazione nazionale di protezione civile così da raggiungere, in nave, treno o pullman, le Regioni o Province Autonome gemellate.
Già nella fase di “preallarme”, le persone che vogliono allontanarsi possono farlo in autonomia presso una sistemazione alternativa (es. seconda casa, da parenti o amici, casa in affitto) ricevendo un contributo economico da parte dello Stato.
Alla dichiarazione di “allarme”, tutta la popolazione non ha possibilità di scelta, deve abbandonare la zona rossa e può scegliere di farlo in modo autonomo o assistito. Il tempo complessivo stimato per questa operazione è di 72 ore (3 giorni), così articolato:
- prime 12 ore per permettere alle persone di prepararsi e per predisporre le necessarie misure di regolazione del traffico;
- successive 48 ore per la partenza contemporanea ma cadenzata della popolazione da tutti i Comuni della zona rossa, secondo un cronoprogramma definito nei piani comunali;
- ultime 12 ore, come margine di sicurezza per la gestione di eventuali criticità e per consentire l’allontanamento anche degli operatori del sistema di protezione civile.
Resta il dubbio della reale fattibilità di tutto questo…in un tempo così breve, in un territorio così vasto e vulnerabile, con un numero di persone tanto consistente e una viabilità alquanto precaria e scarna.
Per chi non ha dove andare, è stato definito uno schema di gemellaggio che prevede il trasferimento della popolazione dei Comuni in zona rossa nelle Regioni e Province autonome italiane.
In questo caso, lo spostamento assistito delle persone dalle “Aree di attesa” alle “Aree di incontro”, fuori dalla zona rossa, avverrà con pullman messi a disposizione dalla Regione Campania. Il loro successivo trasferimento verso i “Punti di prima accoglienza” nelle Regioni e Province autonome gemellate è previsto con modalità diverse (pullman, treni o navi) a seconda delle destinazioni con una regolazione del traffico gestita attraverso l’attivazione dei cancelli che controllano il flusso veicolare in uscita.
Chi sceglie di spostarsi autonomamente, con il proprio mezzo di trasporto, dovrà seguire solo i percorsi stradali di uscita dalla zona rossa stabiliti nel Piano di allontanamento. Chi sceglie la sistemazione alternativa fornita dallo Stato dovrà proseguire verso i “Punti di prima accoglienza” individuati nelle Regioni e Province autonome gemellate; in alternativa chi sceglie di ricevere il contributo di autonoma sistemazione potrà proseguire verso la sistemazione alternativa individuata autonomamente.
Lo schema dei gemellaggi prevede una serie di accoppiamenti per cui alla zona rossa interessata corrisponde una regione o provincia autonoma italiana:
Pozzuoli – Lombardia
Bacoli – Umbria-Marche
Monte di Procida – Abruzzo/Molise
Quarto – Toscana
Napoli, Municipalità 1, quartieri S. Ferdinando (parte) – Chiaia – Sicilia
Napoli, Municipalità 5, quartiere Arenella (parte) – Veneto
Napoli, Municipalità 5, quartiere Vomero (parte) – Piemonte – Valle D’Aosta
Napoli, Municipalità 8, quartiere Chiaiano (parte) – Friuli Venezia Giulia
Napoli, Municipalità 9, quartiere Soccavo – Emilia Romagna
Napoli, Municipalità 9, quartiere Pianura – Puglia
Napoli, Municipalità 10, quartiere Bagnoli – Basilicata/Calabria
Napoli, Municipalità 10, quartiere Fuorigrotta – Lazio
Marano di Napoli (parte) – Liguria
Giugliano in Campania – Trento/Bolzano.
Ad oggi, pare non ci siano le condizioni per abbandonare le proprie case e città, considerando la frequenza delle scosse registrate nelle ultime settimane con una media di circa quaranta scosse al giorno, cosi come ha detto il vulcanologo Mauro De Vito, che ha dichiarato di comprendere “la paura delle persone perché i terremoti e gli eventuali danni non sono prevedibili e creano una sollecitazione delle strutture. Inoltre i recenti fenomeni sismici essendo più in superficie sono percepiti maggiormente dalla cittadinanza, soprattutto quella che vive proprio a ridosso dei crateri”. “Al momento il piano per un’eventuale evacuazione dalla zona rossa è previsto solo in caso di eruzione imminente, ma non è prevista per l’aumento della sismicità”, conclude nelle sue dichiarazioni.
Il Governo proprio per fronteggiare l’emergenza legata allo sciame sismico ha approvato un decreto ad hoc per l’area dei Campi Flegrei con otto articoli e lo stanziamento di 52 milioni di euro con l’obiettivo di realizzare un piano per allestire strutture attrezzate in caso di situazione sismica grave, installare la segnaletica della Protezione Civile e istruire personale per l’assistenza alla popolazione. Inoltre è stato disposto un piano straordinario di analisi di vulnerabilità dell’edilizia pubblica, ma anche privata, con particolare attenzione alle case costruite fino ai bordi della caldera.
Tra le misure è previsto un piano di comunicazione in grado di illustrare ai cittadini le procedure da adottare in caso di aggravamento della situazione sismica, una volta che il piano di emergenza sarà pronto.
Purtuttavia, resta la consapevolezza che tutti gli abitanti dei Campi Flegrei sono consapevoli di vivere su un super Vulcano, ora comprensibilmente hanno più paura sia a causa dell’aumento dell’intensità dei terremoti che di un’eventuale eruzione, che sarebbe catastrofica, “questo è un vulcano giovane che erutterà di certo – dice il Vulcanologo Giuseppe Mastrolorenzo – non si può dire quando e non sto dicendo che succederà a breve, ma bisognerà un giorno tenerne conto. Nell’area interessata da un’eventuale eruzione ci vivono circa 3 milioni di persone, difficili da evacuare soprattutto con un’urbanistica disordinata e con le strade che si intasano per una partita di calcio, figuratevi in un momento di panico”.
La terra trema, il Vesuvio borbotta, i Campi Flegrei fumano, la gente si spaventa, ma “meglio che duorme” come cantava Pino Daniele qualche anno fa rivolgendosi al vulcano, ben estensibile anche al supervulcano dei Campi Flegrei che giace pericolosamente.