Inizio di 2022 con il botto per il Napoli, che ricomincia il suo cammino in Serie A stasera (ore 20:45) allo Stadium di Torino contro la Juventus, nella prima giornata del girone di ritorno, per la prima volta “asimmetrico” rispetto a quello di andata.
La disputa della partita è stata in dubbio fino a ieri pomeriggio, visto che anche il mondo del calcio è alle prese con il vertiginoso aumento dei casi di covid, e gli azzurri sono tra le squadre più colpite in tal senso.
Nonostante le guarigioni di Elmas, Insigne e Fabian, ufficializzate in questi giorni, sono tutt’ora alle prese con il virus Meret, Malcuit, Lozano, Mario Rui, Osimhen, il giovane Boffelli, due magazzinieri, un membro dello staff tecnico, e dulcis in fundo, Luciano Spalletti: un vero e proprio cluster in evoluzione, con tutte le problematiche del caso.
L’ASL di Napoli non ha però bloccato la partenza dei partenopei per Torino, e dunque il match si giocherà regolarmente, con la Lega che ha fatto orecchie da mercante, ignorando le richieste di rinvio dei vari match arrivate anche da altre squadre falcidiate dal coronavirus, come Udinese, Verona e Torino.
Il Napoli è letteralmente costretto a fare la conta dei superstiti, visto che oltre ai contagiati mancheranno Insigne e Fabian ancora convalescenti, e i vari convocati per la Coppa d’Africa, ovvero Anguissa, Koulibaly ed Ounas: gli azzurri sono quindi chiamati ad un’autentica impresa contro un avversario che, con tutte le difficoltà mostrate in questi mesi, ha chiuso il 2021 in crescendo.
I fuochi d’artificio più rumorosi, anche se non proprio inattesi, li ha però regalati l’epilogo dell’infinita telenovela legata al rinnovo di contratto del capitano azzurro, Lorenzo Insigne.
Il fantasista della Nazionale ha accettato la ricca offerta del Toronto FC, firmando martedì all’Hotel St. Regis di Roma un quadriennale da (pare) 7 mln di euro netti a stagione, ma dovrebbe (a questo punto meglio usare il condizionale) restare al Napoli fino a giugno.
La scelta di Insigne, che non ha ritenuto sufficiente l’offerta di rinnovo da 3,5 mln netti all’anno pervenutagli dal Napoli in questi mesi, è inevitabilmente destinata a far discutere, sia nel merito che nel metodo, soprattutto per quel che riguarda la forma e le tempistiche.
Non si capisce infatti, nell’era delle firme digitali e delle PEC, la necessità di siglare il nuovo accordo a Roma, a due giorni da una sfida fondamentale, senza preoccuparsi di mostrare il tutto a una tifoseria che ha vissuto con trepidazione questi mesi di incertezza sul suo futuro.
A non convincere molti è anche la scelta nella sua sostanza: Insigne, di fatto, smetterà di giocare a calcio ad alti livelli a soli 30 anni e mezzo, rischiando di perdere il posto nell’Italia di Mancini alla vigilia dei Mondiali in Quatar (ammesso che gli azzurri ci arrivino): al di là dell’attaccamento alla maglia, concetto che ormai lascia il tempo che trova, una cosa è andare al PSG come Donnarumma, un’altra è svernare (si fa per dire, viste le temperature di Toronto in inverno) nella MLS.
Non può bastare nemmeno l’ormai trito e ritrito refrain del “sono professionisti”: non si capisce infatti perché le scelte professionali debbano essere legate sempre e solo agli aspetti economici, e non ad esempio a quelli relativi al contesto ed all’ambiente di lavoro, anche se in termini di qualità della vita la famiglia Insigne non andrà certo a peggiorare le proprie condizioni.
Parliamo, tra l’altro, di professionisti pagati come pochissime altre categorie di lavoratori al mondo, e che quindi potrebbero tranquillamente prendere le loro decisioni guardando a tutto il resto: a differenza di quasi tutti coloro ai quali un aumento del salario cambia davvero la vita, ci vorranno infatti molte generazioni per spendere quanto guadagnato da Insigne e da quelli come lui, che siano 3,5 mln, 7 mln o 100 mln.
Se comunque la scelta di Insigne è legittima e per molti versi assolutamente condivisibile, lo è molto meno quella di chi rimprovera al Napoli il fatto di non aver proposto a Lorenzo cifre più alte per il rinnovo: è infatti la dura ma giusta legge del mercato a dare ragione a De Laurentiis, visto che l’offerta del sodalizio azzurro è stata la più alta (se non forse l’unica) giunta dalle squadre dei migliori campionati europei all’agente del calciatore.
Restano intatte le perplessità sulla decisione, non si sa quanto condivisa da Insigne e dal Napoli, di non separarsi subito: anche se il capitano giocherà sicuramente al meglio delle sue possibilità, il forte rischio è che il rapporto con la società e soprattutto con l’ambiente finisca per deteriorarsi sempre più ad ogni brutta partita (o ad ogni partita non giocata) da Lorenzo, finendo per offuscare quanto di eccellente fatto dal n. 24 azzurro in tutti questi anni.
L’impressione è che questo addio, oltre che triste, sia anche tardivo: la storia tra il Napoli ed Insigne si è incrinata, in un modo che ora si può considerare definitivo, la sera del 5 Novembre 2019, quando Lorenzo insieme ad altri “senatori” guidò l’ammutinamento della squadra nei confronti della società, che aveva disposto la prosecuzione del ritiro dopo il pareggio contro il Salisburgo in Champions League.
Di fatto, quella sera si chiuse lo splendido ciclo targato Benitez-Sarri, e a conti fatti sarebbe stato molto meglio voltare pagina, accompagnando alla porta i leader di quel gruppo, invece di rinviare stancamente l’avvio di un rinnovamento necessario: i deludenti risultati di questo biennio non fanno altro che confermare questa ipotesi.
In questa separazione, quindi, alla fine dovrebbero essere tutti contenti, ma se davvero durante questa finestra di calciomercato non si concretizzerà la partenza immediata di Insigne, c’è solo da sperare che questi mesi di convivenza forzata siano fruttuosi per tutti, con Lorenzo capace di mantenere il posto in Nazionale e di congedarsi al meglio, e con il Napoli in grado di raggiungere la qualificazione Champions.
Visto che l’addio si è consumato in un albergo della Capitale, l’auspicio è dunque che tra Insigne ed il Napoli avvenga quello che si augura Niccolò Fabi nella sua splendida canzone, “Lasciarsi un giorno a Roma”.
“Fai finta che è normale non riuscire a stare più con me”.