Ha assunto risonanza mediatica nazionale, negli scorsi giorni, la notizia del ginecologo che, in provincia di Napoli, si è rifiutato, dichiarandosi obiettore, di soccorrere una donna in una fase di aborto spontaneo, alla diciassettesima settimana di gravidanza, e in imminente pericolo di vita. Il fatto si è verificato lo scorso 30 giugno, all’ospedale “San Giuliano” di Giugliano e, fortunatamente, si è riusciti ad evitare il peggio solo grazie all’intervento di uno specialista sostituto che, dopo esser stato chiamato, è riuscito a sopraggiungere sul posto nel giro di dieci minuti. Sempre quest’ultimo, poi, ha provveduto a segnalare il grave episodio alla dirigenza dell’Asl competente, la quale ha così deciso di licenziare, senza preavviso, il medico che si è astenuto dall’eseguire il proprio dovere. La legge 194/84, che regolamenta l’aborto legale (a determinate condizioni, entro la dodicesima settimana di gestazione), in realtà, all’art. 9 prevede sì il diritto per gli operatori sanitari di opporre obiezione di coscienza, ma deve essere fornito preavviso da parte di costoro e, ovviamente, la norma stabilisce che si faccia eccezione nel caso sia necessario un aborto teraupetico, ovvero – come nella fattispecie di cui sopra – quando vi siano pericoli concreti per la salute e l’incolumità della gestante. Anche il Codice di Deontologia medica, come è giusto che sia, si esprime in tal senso; all’art.22 possiamo infatti leggere quanto segue: “ll medico può rifiutare la propria opera professionale quando vengono richieste prestazioni che contrastino con la propria coscienza o con i propri convincimenti tecnico-scientifici, a meno che il rifiuto non sia di grave e immediato nocumento per la salute della persona, fornendo comunque ogni utile informazione e chiarimento per consentire la fruizione della prestazione”.
A dire il vero, ancora non si è capito bene se il professionista in questione si sia astenuto perché effettivamente contrario o, semplicemente, per tirarsi fuori dalla sua responsabilità e dal suo dovere. Sta di certo, però, che la sua condotta si è rivelata decisamente grave e pericolosa e, dunque, il licenziamento è stato un’ovvia conseguenza.
Da parte nostra, al di là del caso specifico, questa notizia ci fa ancora riflettere sul fatto di quanto, a distanza di decenni dalla sua approvazione, l’applicazione della legge 194 continui a riscontrare notevoli difficoltà, tutto a danno dell’autodeterminazione e del benessere delle donne. Nelle strutture pubbliche, invero, i medici che si dichiarano obiettori sono numerosissimi – in alcune Regioni, quasi la totalità di loro – e, pertanto, in tante si vedono costrette a spostarsi o persino a rivolgersi a cliniche private; cosa che, chiaramente, non tutte possono permettersi. Alla luce di ciò, sorgerebbe quasi spontanea la domanda sul perché questi dottori non si siano specializzati in altro, piuttosto che in un settore che li pone a dover cozzare, spesso, con la propria morale o la propria fede!
In questo Paese, evidentemente, si persiste nelle battaglie ideologiche sul corpo femminile e alcune prese di posizione da parte di esponenti di spicco dell’attuale scenario politico ci preoccupano e non poco. Non possiamo consentire, infatti, che si faccia un salto indietro nel buio, quando molte donne, in caso di gravidanza indesiderata, ricorrevano a forme di aborto clandestino, con conseguenze devastanti.