Questa settimana abbiamo incontrato e scambiato quattro chiacchiere con un attore che non ha bisogno certo di presentazioni, visto che da più di un ventennio ci fa compagnia con la sua comicità cristallina e la sua serietà, nella soap “Un posto al Sole”. Patrizio Rispo ha iniziato a lavorare come attore di cabaret con un gruppo chiamato Il criticone, con Palantoni e Mario Porfito.
Attore di teatro, cinema e televisione, la sua caratteristica principale è la versatilità attoriale, che riesce a riassumere attraverso una mimica facciale spontanea, una spiccata professionalità e una profonda gavetta.
Patrizio quando hai scoperto di voler fare l’attore?
Sin da bambino ero un pò schizzofrenico, nel senso che assorbivo gli interessi degli altri. Frequentavo quello che faceva nuoto, quindi volevo fare nuoto, quello che dipingeva, quindi il pittore; giocava a tennis, volevo essere tennista. Mia madre arrivò a pensare che io avessi un carattere molto fragile, una bandiera al vento. Invece poi, grazie ai miei insegnanti i Padri Barnarbiti, dell’istituto Bianchi, ho iniziato a recitare. Così ho capito che quel mio modo di essere mi rendeva capace di ascoltare gli altri e di ripropormi, era il mio modo di fare l’attore. È una schizzofrenia che ha trovato sfogo in questo lavoro che non è altro che diventare altri e vivere in tanti luoghi diversi, divertendomi.
Nei tuoi inizi ci sono state persone come Massimo Troisi
Eravamo tutti degli sconosciuti come attori. Quando girammo “Ricomincio da tre”, lui era già famoso come cabarettista, ma in nessun momento abbiamo pensato che il film potesse avere tanto successo, nemmeno lui. Poi la produzione ci pose mille problemi, come per esempio, “non si capisce quando parla Massimo, è troppo napoletano” . Poi c’era anche il fatto che avesse scritto una storia poco cabarettistica, era giá un film con una storia e sottostoria. Il film fu girato e riscritto. Ripeto, fu una sorpresa per tutti. Pensa che andavamo, con Massimo, nelle sale di Roma a vedere se la gente ridesse e capisse il film. Quel film rimase nelle sale un anno e mezzo, ebbe un grande successo. Massimo, al di la del gruppo di Cabaret, nella scrittura aveva già velleità di altro tipo. Tanto è vero che poi fece le scelte che ha fatto , facendo i film con Scola, poi “Il Postino”, scelte che lo proiettavano a non essere solo un comico e chissà dove sarebbe potuto arrivare. Abbiamo perso una gran persona ed un gran talento.
In “un posto al sole” interpreti Raffaele Giordano da 28 anni. Non ti pesa un pò essere legato al ruolo di questo personaggio, visto che sei una persona con sete di personaggi?
Infatti è un paradosso. Credo che il mio successo legato a questo personaggio è dovuto dal fatto che è in continua evoluzione. Se mi chiedono di fare il cattivo, io faccio il cattivissimo…per esempio. Porto questa voglia di cambiare anche a questo personaggio.
Vent’otto anni sono tanti, siete diventati una famiglia ormai.
Infatti lo è. Con tanti di loro, per esempio Maurizio Aiello, Luigi di Fiore, Marina Giulia Cavalli, Francesco Vitiello, ed altri, abbiamo un ottimo rapporto e ci vediamo anche fuori l’ambito lavorativo. Stare insieme sul set durante 10 ore al giorno è la ragione per la quale siamo diventati una grande famiglia.
Tra le tantissime cose che hai fatto, c’è anche la figura dello stuntman
Sono sempre stato amante dei cavalli. Ero amico di una famiglia proprietari di un hotel a Capri ed avevano cavalli che usavano per il cinema. Prima di iniziare la mia carriera di attore io andavo a Roma e facevo film montando i cavalli. Iniziai a frequentare gli stantman, e da cavaliere che montava a cavallo, imparai anche a fare le cadute. Ero un ragazzo e si guadagnava bene. Poi da li iniziai a fare l’attore e mi trasferii a Roma. Durante i periodi di crisi , cioè quando non c’èra lavoro da attore, continuavo a fare lo stuntman.
I periodi di crisi, così come li chiami tu, ce ne sono parecchi in questo settore. Oggi i film e le serie vengono girate in pochi mesi. Cosa fa un attore durante i periodi morti?
Sin dall’inizio mi sono rinventato. Invece di stare a casa a lamentarmi io me ne andavo a Porta Portese a vendere cose. Sono stato in Australia a costruire un calesse per il trotto, vendevo le camicie di resina in giro per l’Italia, ho fatto anche l’antiquario. Ma tutto questo io lo facevo da attore, giocavo a fare un film, così risolvevo il fattore economico e in più mi divertivo. Per esempio, quando facevo l’antiquario, mi vestivo da antiquario e diventavo un antiquario per davvero; quando lavoravo con i cavalli, mi vestivo da cowboy. Qualsiasi cosa facessi, io entravo nel personaggio e mi divertivo.
Credi che prima o poi in Italia si riesca a dare la giusta importanze all’industria cinematografica, come negli Stati Uniti?
Le cose stanno cambiando, almeno per quanto riguarda la Campania per la quantità di film e serie che si stanno girando nel suolo campano. Però ancora non abbiamo la forza degli americani che hanno un mercato mondiale e lavorano con budgets di 80 o 100 milioni. Noi all’estero siamo forti se raccontiamo una storia italiana, ma resta un limite importante che è la lingua, quindi si riduce il mercato. Posso dirti che “Un Posto al Sole” è visto in tutto il mondo con 50 milioni di spettatori. In molti paesi è stato adattato alla realtà di dove viene trasmesso. In Cina si vede in italiano e molti imparano l’italiano attraverso noi.
Tra tutti i lavori fatti, a quale sei più affezionato?
A quello che non ho ancora fatto. Io faccio questo lavoro con un grande amore ed il mio modo di fare l’attore si avvicina più al cinema, scrivo sulla sabbia come un bambino, mi vesto, vado e dimentico chi sono. Purtroppo è la cosa che ho fatto di meno, specialmente con un ruolo da protagonista, eccetto l’era legale che ho anche prodotto ma era un documentario. Aspetto con amore e con lo stesso candore di quando ho iniziato a fare l’attore, di fare un film da protagonista, magari in costume; andare in Africa, montare a cavallo, indossare delle divise. Continuare questo gioco infantile che è il mio sogno, perchè per me il cinema è sogno, è fantasia. E poi c’è la conduzione televisa, mi diverto molto facendolo quindi mi piacerebbe continuare. Delle serie televisive, posso dire La piovra. Ero un siciliano, quel personaggio mi ha portato in un’altra dimensione.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho finito da poco un programma televisivo che si chiama “Quando gioca il Napoli” , quattro ore di diretta televisiva quando giocava il Napoli. Purtroppo l’ho fatto quest’anno che è stata dura. Mia moglie ha scritto un libro “La camorra si studia in terza”, un libro ambientato in una Napoli del futuro dove la Camorra si studia solo nelle scuole perchè non esiste più. Tutto quello che sognavamo che potesse succedere a Napoli, è accaduto nel futuro. Una favola ottimistica, solare, che ha avuto un riconoscimento dal ministero di Roma. Insieme stiamo lavorando per poter farne un film e siamo alla ricerca di una produzione che ci assista.