Dopo alcuni anni di insegnamento, Antonella Ossorio ha deciso di dedicarsi alla scrittura, inizialmente per bambini e ragazzi e in seguito anche per lettori adulti. Partecipa a progetti di lettura presso scuole e biblioteche.
La sua opera più conosciuta è La Mammana, pubblicata da Einaudi nel 2014, l’ ultima, invece, è I bambini del maestrale pubblicata da Neri Pozza.
Antonella, quanto hanno contribuito le tue radici alla tua formazione come scrittrice ?
Il momento storico in cui sono nata ha influito molto. Sono cresciuta in una grande casa di un palazzo antico nel centro storico di Napoli, pieno di storie, di fantasmi, di zie zitelle e zii preti. Sin da piccola ho vissuto situazioni con dei parenti che già da allora erano personaggi. Poi c’era mia madre che mi raccontava “cose”. Non posso dire che ho avuto una infanzia da favola, però sicuramente piena di racconti che hanno stimolato molto la mia immaginazione. Forse ho ereditato qualcosa da mio nonno materno, un brigadiere dei carabinieri, che con solo la quinta elementare, per diletto faceva il poeta e si autopubblicava. Naturalmente e sicuramente Napoli fornisce tanto materiale.
Cosa leggeva la Antonella adolescente?
Di tutto ma specialmente autori sudamericani. Uno legge quello in cui ci si riconosce. Io mi riconoscevo moltissimo nel realismo magico, ancora non so se è per la matrice spagnola che ha in comune Napoli con l’America latina. E poi il mio cognome lo dice, è di epoca medievale ed ha origini spagnoli della Galizia. Prima o poi ci andrò, desidero conoscerla.
Ti era chiaro il tuo futuro di scrittrice?
Assolutamente no. Dopo le medie, il mio desiderio era quello di iscrivermi al liceo artistico, cosa che fu immediatamente escluso dai miei per colpa dell’ambiente, questa fu la loro spiegazione. Decisi quindi di formarmi all’istituto magistrale, come maestra. Dopo alcuni anni, con una mia compagna di banco, decidemmo di aprire un asilo privato, senza avere nemmeno una lira. Durante un anno cercammo di risparmiare e raccattare il più possibile. Io impartivo lezioni private e lei insegnava in palestra. Alla fine riuscimmo, grazie all’aiuto del padre di lei che ci fece da garante, ad avere un leasing per comprare le attrezzature. La cosa divertente fu cercare il locale. Spesso ci dicevano che volevano interfacciarsi con il titolare perché noi dimostravamo meno dell’età che avevamo. Alla fine l’asilo fu aperto ed è durato per 10 anni. Nel frattempo avevo iniziato a scrivere le recite per i nostri bambini. Invogliata sempre più da altri a mandare queste “opere” ad una casa editrice. Lo feci ed un giorno mi risposero, da quel momento iniziai a pubblicare letteratura per l’infanzia.
Dall’infanzia alla narrativa per adulti
Sì, con il mio primo romanzo La Mammana, edito da Einaudi. Durante l’attesa di una risposta da parte della casa editrice, per ingannare il tempo mi dedicavo a fare le saponette e le candele, ne riempii la casa. Poi ci fu l’incontro in persona a Torino e da lì nacque il tutto.
Con il secondo libro La cura dell’acqua salata mi sono imbarcata in un tipo di scrittura completamente differente, perché era un libro complesso da scrivere, visto che la storia si sviluppa su tre piani temporali diversi, dal 700 nella Galizia spagnola fino alla fine della seconda guerra mondiale nella Napoli di Bagnoli. Andava però reso facile da leggere, evidentemente non ci sono riuscita. Non ha avuto lo stesso successo del precedente e nemmeno dell’ultimo I bambini del maestrale . Io considero che tra questi tre, La cura dell’acqua salata è il mio progetto più bello. Ho fatto molta fatica a scriverlo, ho studiato molto.
Nel libro “I bambini del maestrale” ci racconti la storia di Giulia Civita Franceschi, donna poco conosciuta per quello che ha fatto per Napoli.
E’ una storia che non conoscevo nemmeno io e che mi arrivò per caso, attraverso una trasmissione televisiva. Pensai che fossero già stati scritti dei romanzi su questa storia che si presta benissimo, tra l’altro. E invece nessuno ancora lo aveva fatto. Abbandonai quello che stavo scrivendo per concentrarmi su questa storia, mi documentai immediatamente. Questo era un libro che richiedeva tantissima documentazione, più degli altri. Se vuoi scrivere di un contesto storico che non è il tuo devi per forza maggiore documentarti.
Perchè pubblicarlo sotto forma di romanzo? Quanto di biografico e quanto di romanzato c’è nel libro?
Perché non c’era altro modo. La modalità narrativa per me non è una scelta, scrivo per raccontare e qui di materiale ce n’era tanto. I “buchi”, creati dalla mancanza di qualche notizia nei documenti che ho consultato o dalla mia necessità di approfondire particolari aspetti della vicenda, li ho colmati ricorrendo alla pura invenzione. L’intero romanzo è una miscela di fatti realmente accaduti e episodi che sono frutto della mia fantasia. Ma per quanto riguarda lo straordinario esperimento educativo che si svolse sulla Caracciolo ho cercato di essere il più possibile fedele alla realtà.
Il romanzo è ambientato agli inizi del 1900. Il personaggio di Giulia Civita, però, sembra molto moderno. Una donna che ha preso in mani le redini, in questo caso il comando della nave, lasciando il marito malato e la casa in cui vivevano per dedicarsi alla sua carriera.
In uno dei gruppi di lettura, è venuto fuori che il marito, nonostante fosse dell’800, avesse comunque una mentalità aperta, alla fine fu lui ad insistere affinchè andasse. Io non parlerei di carriera ma di un compito più importante, va oltre la carriera, era un atto di umanità.
Progetti per il futuro
Sto scrivendo il prossimo romanzo, cosa che sorprende anche me. Di solito non inizio a scrivere se non finisco prima la promozione del libro in corso, non prima di almeno un anno e mezzo. Ma questa volta avevo l’idea chiara ed ho iniziato. Anche quest’ultimo è di ambientazione storica però richiede meno documentazione.
Anche questo ambientato a Napoli ?
No, ho abbandonato Napoli. Ne avevo bisogno perchè quando scrivo di Napoli scrivo in napoletano. Anche quando non scrivo in dialetto, io ho una cadenza profondamente napoletana che si sente nella costruzione delle frasi. Avevo bisogno di confrontarmi con una scrittura senza cadenza, che peró resta sempre mia. Sono andata molto lontana da Napoli, addirittura ho lasciato l’Italia.
Abbandonerai prima o poi anche i fatti storici?
No, è il mio modo per raccontare il presente.