I pubblicitari di una nota merendina – che non nomineremo per non cadere nella loro trappola studiata -, già lo scorso anno, si erano distinti con l’ormai nota a tutti reclame dell’asteroide, generando reazioni e condivisioni sui social e, di conseguenza, riscuotendo con successo l’obiettivo prefissatosi, quello, appunto, di far parlare di un prodotto, di farne girare il nome e il marchio, con un inevitabile rientro economico dovuto all’incremento delle vendite. Chi cura le campagne pubblicitarie, ovviamente, conosce alla perfezione il mondo della comunicazione e sa bene che il “purché se ne parli”, la stragrande maggioranza delle volte, si ottiene fomentando scontri e discussioni tra le persone. In tal senso, i “geni” del marketing assoldati da quella famosa marca di dolciumi preconfezionati, quest’anno, hanno deciso di tirare in mezzo il nome di Napoli, con un neanche tanto velato sfottò sulla cosiddetta “musica neomelodica” (sempre se la si può definire musica). Immaginiamo che voi tutti abbiate già visto lo spot in questione ma, per quanti non avessero ancora avuto l’occasione, lo spieghiamo brevemente: “Enza la deficenza artificiale” è un poco simpatico robottino che, anziché risolvere i problemi e rispondere alle domande, infastidisce una famigliola a colazione, colpevole di non saperle rispondere sul come quella merendina sia capace di coniugare golosità e leggerezza (in realtà, a dirla tutta, le pietre sono meno secche pure se non le inzuppi e questa è una considerazione personale che va a prescindere). Ebbene, Enza, stizzita per l’indifferenza del nucleo familiare, decide di turbarli attivando la modalità di quella che definisce “musica Napoli” e fa quindi partire, ad alto volume, una canzone neomelodica (sempre se la si può definire canzone), provocando una reazione di insofferenza nella mamma e una divertita nella figlia. Scacco matto, il gioco è fatto: da un lato, in mezza Italia, tutti coloro che si divertono a sfottere i napoletani stanno godendo (ma senza mangiare quella cosa secca) con le solite facili ironie (leggasi anche “razzismo strisciante”) sui social, da un altro lato il popolo partenopeo reagisce e cerca di difendere la sua identità e la vera Musica napoletana (questa sì, con la maiuscola) che, di certo, non è quella neomelodica. Ecco qui un esempio palese del prima citato “purché se ne parli”; un qualcosa di cui, del resto, noi siamo già ampiamente abituati, basti pensare ai vergognosi titoli del giornale (sempre se lo si può definire giornale) Libero. Le pagine Facebook come, per citarne una, “Gli autoironici e assolutamente non permalosi napoletani”, che spacciano il “razzismo strisciante”, di cui sopra, per satira, vanno a nozze e il risultato è che sulle piattaforme web non si fa altro che parlare di questo, fornendo, indirettamente e inconsapevolmente, una gigantesca visibilità alla merce pubblicizzata. A riprova di quanto tutta questa situazione sia voluta e studiata, basta andare sulla pagina di Facebook di quel prodotto e notare come fossero già pronti a dover gestire i commenti di critica per amplificarli.
Tuttavia, a nostro modo di vedere, c’è una problematica più profonda in questa storia e vale la pena analizzarla. Sorvoliamo sul già ampiamente citato “razzismo strisciante” sul quale verremo, di certo, additati con la solita accusa di essere “permalosi” e “vittimisti” – robe che i leghisti ripetono da trent’anni, nonostante le recenti operazioni simpatia al Sud pur di essere votati – e concentriamoci su un altro tema centrale, cioè l’ignoranza. Ebbene sì, perché gli agenti pubblicitari in questione, oltre a vendere un alimento che, come tutti gli altri simili, in quanto carico di zuccheri, è poco salutare, hanno venduto pure un concetto che nuoce alla cultura. Nulla di nuovo, sia chiaro, il consumismo, sull’altare del profitto ad ogni costo, è da mezzo secolo che uccide il benessere intellettuale della società. In buona sostanza, pur di creare scompiglio e ottenere visibilità si è andati, sottilmente e coscientemente, a confondere la grande tradizione della Musica napoletana con il suo sottoprodotto volgare e infimo, cioè i neomelodici, investendo sull’insipienza degli stessi che, in pratica, ritengono accettabili anche i vari cori da stadio. Questo tipo di operazione, spostando la lente di indagine a livello nazionale, equivale, ad esempio, a voler far passare l’idea, per logiche di “commercio”, che la Musica italiana non sia Puccini, Verdi oppure De André, Battiato, Guccini, Lucio Dalla ma, per esempio – e non ce ne voglia – Povia. Poniamo, dunque, il caso che la stessa pubblicità venga trasmessa anche all’estero e che “Enza, la deficienza artificiale”, anziché dire “Musica Napoli”, dica “Musica Italia”, e anziché far partire un’aria di un’opera di Puccini, trasmetta una fastidiosa canzonetta commerciale; sarebbe ironia e gli italiani non dovrebbero offendersi? Certamente, ma se quell’ironia è ben studiata, sfruttando l’ignoranza, per generare discussioni, derisioni su un’intera comunità e conseguenti reazioni di stizza, essa comincia ad assomigliare di più a un’altra cosa.
Ad ogni modo, apprendiamo con piacere che lo sportello Difendi la città del Comune di Napoli, nella persona della coordinatrice Flavia Sorrentino, si sia attivato sulla vicenda e noi, dal canto nostro, vogliamo concludere menzionando solo alcuni di coloro che hanno fatto grande la “Musica Napoli”. Perché? Perché è meglio passare per “permalosi”, “poco ironici” o finanche per snob, piuttosto che per ignoranti pur di vendere. Meglio investire sulla cultura che sulla “deficienza artificiale” e non.
Domenico Cimarosa, Francesco Provenzale, Nicola Antonio Zingarelli, Francesco Feo, Domenico Scarlatti, Nicola Porpora, Niccolò Jommelli, Ruggero Leoncavallo; e poi la cosiddetta “Scuola napoletana” del Settecento, con tutti coloro che si sono formati a Napoli, e parliamo di personalità quali Pergolesi, Bellini, Paisiello, Rossini. Proseguendo, come non citare Enrico Caruso! Per non parlare dei testi, delle poesie in musica di Libero Bovio, Salvatore Di Giacomo, E.A. Mario, Ernesto Murolo. E ancora Roberto Murolo, Massimo Ranieri e l’indimenticabile Pino Daniele.