Avete presente i bambini piccoli che fanno i capricci e non vogliono mangiare?
Urlano e a volte lanciano gli oggetti. È così che manifestano la rabbia.
Questo comportamento suggerisce che la rabbia è un’emozione innata. Deriva dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova. La sua funzione è adattativa ma in alcuni casi, crea malessere. Porta l’attuazione di agiti o viene soffocata.
Ma, andiamo per gradi; è probabile che vi state chiedendo, da dove nasce la rabbia?
Nasce dalla primordiale reazione-azione di attacco fuga. Nasce dalla forza di cui si ha bisogno per affrontare la vita.
La fronte e le sopracciglia si aggrottano, i denti si serrano. Assumiamo una postura che ci consente di “scattare” da un momento all’altro per attaccare o aggredire. Il battito cardiaco si accelera, la giugulare comincia a pulsare, il sangue aumenta il suo afflusso nelle zone periferiche del corpo. Il viso diventa paonazzo, per l’aumento della pressione, e la voce si altera. Tutto indica che siamo pronti a difenderci da un nemico.
La rabbia si manifesta con svariati comportamenti.
Si possono avere crisi violente con oggetti che volontariamente si rompono. Si può tirare fuori attraverso gestacci o con il guidare velocemente. Può essere manifestata attraverso l’alterazione del tono della voce oppure è celata con il buonismo o l’impazienza. Può essere mascherata da atti inconsapevolmente aggressivi che vengono compiuti anche “inconsapevolmente”. Un esempio? Mettere casualmente il sale nel caffè a qualcuno, dopo un litigio.
Cosa succede se mascheriamo sempre la rabbia?
È questo che la rende pericolosa. Pericolosa fino ad averne paura perché nel momento in cui si innesca, da un momento all’atro, scoppia la bomba!
È necessario prendere in considerazione che sopprimere continuamente emozioni ritenute negative non equivale a non farle nascere. Queste infatti, si accumulano e possono anche trasformarsi in veri e propri sintomi psichici.
Cosa maschera la rabbia?
La rabbia è un’emozione che cerca di parlare con noi. Vuole comunicarci qualcosa che ci crea frustrazione. Qualcosa che ci porta agitazione. Spesso sta lì a sottolineare il mancato soddisfacimento di un nostro desiderio. L’impossibilità di raggiungere il piacere.
La rabbia maschera il dolore.
E cos’è il dolore nell’immaginario collettivo? Debolezza. Il dolore fa apparire deboli.
La rabbia fa sembrare forti, minacciosi, invulnerabili, pronti a tutto.
Quindi nell’immaginario comune, in un mondo dove è meglio “apparire”, si stringono i denti, si soffoca il dolore e si esprime la rabbia per “sembrare” veri duri.
È così che si finisce con il cercare sempre i colpevoli. Si cercano le persone responsabili di averci procurato un danno, un fastidio. Si vuole trovare sempre un colpevole in modo da rivolgere la rabbia verso qualcuno o qualcosa. In modo da sembrare più forti, più sapienti, più giusti. In modo da non prendersi le proprie responsabilità.
Oppure ci si arrabbia con sé stessi!
Ma in realtà, chi è il debole e chi è il forte? colui che è responsabile delle proprie azioni e che comprende le proprie emozioni oppure colui che si arrabbia?
Nella maggior parte dei casi, ci si arrabbia con le persone a cui siamo più legati. Ci si aspetta da loro di essere capiti e ascoltati come se, questo comportamento, fosse dovuto. Come se potessero leggere nel pensiero. Le relazioni però, con la rabbia si incrinano.
La rabbia spesso si sviluppa in modo tanto veloce che la riconosciamo solo nel momento in cui reagiamo ma se impariamo a cogliere i segnali del corpo è possibile riconoscerla. Nel momento in cui la si riconosce si può facilmente identificare ciò che l’ha scatenata e così chiedersi quanto essa sia giustificata per quella circostanza. È possibile domandarsi quanto quell’evento sia importante. In questo modo, si smorza l’intensità di questa emozione e si facilitano le discussioni.
Impariamo a considerare la rabbia come un campanello di allarme, un’emozione utile a farci percepire un’ingiustizia, in modo da fronteggiarla.
Rabbia: un campanello di allarme
Psicologa ad indirizzo sistemico relazionale