Cara donna,
anche se già lo sai, è bene ricordarti che è un tuo diritto essere rispettata ed amata. Il bene della tua famiglia non è necessariamente più importante del tuo star bene. La tua rassegnazione non è la scusa per annullare il tuo benessere.
Cara donna,
è importante che tu riconosca cosa ti fa star bene.
È importante che tu non faccia decidere agli altri cosa è giusto per te.
Cara donna,
non isolarti nel tuo dolore. Prova a confidarti. Se cerchi puoi trovare con chi condividere la tua sofferenza. Puoi trovare chi ti accoglie.
Chiedi auto. Parla con il tuo medico, con un assistente sociale, con uno psicologo. Parla con esperti e valuta quali sono le tue possibilità. Scegli cosa è meglio fare per te e per i tuoi bambini.
Credi nella tua decisione e abbandona la paura di portarla avanti. Esistono anche i servizi di sostegno per le donne che possono esserti di aiuto e supportarti.
Cara donna,
ricorda che la violenza non ha mai nulla a che fare con l’amore. Uno “schiaffo” non insegna nulla. Non è manifestazione di gelosia. Non è interesse.
Uno schiaffo è violenza.
Il possesso non è amore.
L’amore non provoca sofferenza.
Cara donna,
la colpa non è tua!
Non esiste un profilo della donna tipo che subisce violenza. Il problema è che, nell’immaginario collettivo di tutti, la relazione è basata sul possesso.
Le donne vengono minacciate continuamente dai loro partner.
Gli uomini “violenti” fanno in modo di isolare la donna per renderla dipendente da loro. Dal loro punto di vista, dal loro giudizio. Le rendono dipendenti per farle essere più accondiscendenti alle loro richieste.
Gli uomini “violenti” generano la paura di rompere il rapporto che li lega alla “loro” donna.
Gli uomini “violenti”, allo stesso tempo, generano la paura di continuare quel rapporto.
Creano un alternarsi di comportamenti violenti e di gratificazioni. Confondono psicologicamente la donna e la rendono vulnerabile, meno capace di valutare la realtà.
I giudizi degradanti e le accuse che il partner violento fa alla donna, riducono l’autostima a tal punto che le donne credono di meritarsi questi attacchi violenti. Nascono così i loro sensi in colpa.
È un circolo vizioso. Aumenta la tensione e la rabbia. Litigi, intimidazioni, colpevolizzazioni e minacce. Poi accade qualcosa, una qualsiasi cosa e si attiva l’attacco fisico o psicologico.
L’uomo nega la violenza o la attribuisce a cause esterne. A volte piange. Chiede perdono. Si mette in ginocchio e promette che non accadrà più e che è disposto a cambiare.
La relazione riprende come se non ci fosse mai stata alcuna violenza. L’uomo è nuovamente premuroso, affettuoso e la donna dimentica.
Cresce la speranza che veramente il partner possa cambiare ma poi … tutto ricomincia e con il passar del tempo le fasi di tranquillità sono sempre più brevi.
Cara donna,
ricorda:
Nessuna forma di maltrattamento è sinonimo di amore.
Gli atti violenti sono di responsabilità di chi li mette in atto. Non sono giustificabili.
L’uomo e la donna hanno uguali diritti anche all’interno della relazione.
Mantenere la famiglia unita è compito di entrambi i partner.
Per i figli crescere senza un padre in casa è meglio che convivere con un padre violento.
La violenza è una vergogna per chi la mette in atto e non per chi la subisce.
È difficile uscire da soli da una situazione di violenza. Iniziare a parlarne e condividere la propria storia è un punto di partenza.