Film che – pur a fronte di una durata forse eccessiva a fronte dei “contenuti” – lascerà senz’altro una traccia; per certi versi, facendolo alla stessa stregua del pazzoide DeadPool di Ryan Reynolds, pur per motivazioni assai diverse.
Trattasi di una pellicola per famiglie, che ripropone il più frequente fra i sogni puerili che possono caratterizzare il generico imberbe; ovvero quello di acquisire all’improvviso dei veri e propri superpoteri. Il film – caratterizzato da elevato sense of humour e annessa farcitura di buoni sentimenti – fa riferimento ad uno storico personaggio a fumetti nato per la Fawcett Comics nel 1939, inizialmente sotto il nome di Capitan Marvel; in realtà, poi transitato nell’alveo della DC Comics, dove ha perso la sua originaria nomenclatura, poi utilizzata dalla Marvel Comics. In proposito, diverse battutine vengono fatte sulla circostanza, peraltro senza che si arrivi mai a chiamarlo con il vecchio nome di Capitan Marvel.
Thaddeus è un bimbo che non ha un buon rapporto né col papà né con il fratello maggiore. La sorte, tuttavia, in pieni anni ‘80 gli riserva un incontro con l’arcano mago Shazam; all’interno di una grotta, viene messo alla prova da quest’ultimo. L’esperimento fallisce, perché il bambino si fa influenzare da presenze nefaste e affabulatorie; e, da quel momento, Thaddeus vivrà nel rimorso di essersi lasciato scappare un’occasione unica.
Si arriva in tempi assai più recenti, allorquando Thaddeus appaga il suo desiderio, riuscendo a ottenere poteri davvero tremendi; buffo che, il Mago Shazam, quasi in contemporanea, riesca a individuare un altro giovane cui conferire un lotto di capacità davvero fuori dal comune: al prescelto basterà dire “Shazam!” e, in un colpo solo, questi potrà disporre della saggezza di Salomone, la prestanza e la forza di Hercules, il potere di Zeus, il coraggio di Achille, la tempra di Atlante e la rapidità di Mercurio.
Tuttavia il “core” della sceneggiatura tende a detronizzare i più illustri supereroi o, quantomeno, a riderci un po’ su; in tal senso, assolutamente pregnante è la scena dove a un bambino scappano di mano i pupazzi di Batman e Superman alla sola incantata visione di Shazam. In fondo, questo ulteriore personaggio – pur con i dovuti distinguo, sia chiaro, specie in ordine alla quasi totale assenza di roboanti effetti digitali – richiama un po’ alla leggerezza più caciarona di Aquaman (cui si fa espresso riferimento a valle dei titoli di coda); andando, quindi, a rimpolpare il filone più allegro e scanzonato che la DC Comics sta contrapponendo, chiaramente, alla maggiore classicità e credibilità di genere che attiene all’eroismo degli Avengers.
Il refrain della sceneggiatura è quello di riporre ogni speranza nella vera famiglia, non necessariamente coincidente con quella che ti ha dato i natali; zone di melensaggine vengono poi, fortunatamente, annacquate da segmenti di apprezzabile ironia.
Evitabile discrasia narrativa è quella che attiene allo strambo criterio utilizzato dal vecchio mago per far assurgere Billy Batson al ruolo di Shazam; a differenza dei precedenti aspiranti, Billy non viene infatti rodato da nessun test. Ha il solo merito di aver reso pan per focaccia a due bulletti, rei di aver schernito il suo compagno di stanza, affetto da zoppia. Se è per questo, non è con la violenza che Billy prevale contro lo scorbutico duetto; bensì con la scaltrezza e la sagacia, impreziosite dal rispetto di valori fondanti come famiglia ed amicizia.
Voluta è poi l’enfasi sulle fantasie infantili (che giocano a fare gli adulti, cercando goffamente di imitarne l’agire) e su forme e colori degli improbabili costumi dei protagonisti, eccessivi in maniera proporzionale proprio alle suddette fantasie.
In Shazam, a convincere è soprattutto la gestione delle giovani leve (faccio particolare riferimento ad Asher Angel, appartenente alla nouvelle vague della Disney Channel e a Jack Dylan Grazer, bravissimo nel terrificante reboot di ‘It‘).
A contraltare, galleggiando con personalità e meticolosità fra senso dell’umorismo e l’ostinazione a prendersi maledettamente sul serio, Zachary Levi e Mark Strong sono qui assai efficaci; il primo quale ottimo buffone e il secondo a far brillare, un volta di più la propria poliedrica bravura.
Resta tuttavia ferma la mia convinzione che Shazam dà il meglio nelle sequenze che impegnano i più giovani protagonisti.
Nel complesso, un film carino, capace di generare chissà quante e quali derive parodistiche.
Un solo, sentito, avvertimento. In qualità di adulti accompagnatori in sala di spettatori in età più verde, tenete solo presente che, più o meno a metà della pellicola, qualche sbadiglio legato all’assenza di qualche sforbiciata “narrativa” – che si sarebbe, senza dubbio alcuno, rivelata benefica (anche per ampliarne l’appetibilità visuale rispetto a una fascia di pubblico più adulto) – potrebbe anche capitare.