La sensazione è di essere piombati indietro di 50 anni tutto di un botto!
La Corte Suprema Usa cancella d’amblè il diritto costituzionale all’aborto, capovolgendo la sentenza Roe vs. Wade del 1973 che riconosceva il diritto all’interruzione di gravidanza.
In 13 Stati, tra cui il Texas e il Missouri , scatta subito il divieto e l’aborto è già considerato illegale.
Con questa decisione, presa dalla maggioranza conservatrice dell’Alta Corte, ora gli Stati americani sono liberi di introdurre divieti o restrizioni all’aborto: «La Costituzione non conferisce il diritto all’aborto», recita la sentenza con parole shock.
Con il voto di 6 giudici contro 3 nel caso «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization», è stata confermata la legge del Mississippi che proibisce l’interruzione di gravidanza dopo 15 settimane.
A fare ricorso era stata l’unica clinica rimasta nello Stato ad offrire l’aborto. «L’aborto presenta una profonda questione morale. La costituzione non proibisce ai cittadini di ciascuno stato di regolare o proibire l’aborto», scrivono i giudici.
La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, i cui contenuti trapelavano già da febbraio, è solo l’ultima arrivata tra le decisioni, nel mondo, contro il diritto delle donne di scegliere liberamente di abortire.
Su 50 Stati a Stelle e strisce, più della metà aveva approvato già leggi estremamente restrittive e repressive in materia, come il Texas e l’Oklahoma, in cui l’interruzione di gravidanza è criminalizzata anche nelle prime settimane di gravidanza, quando la maggior parte delle donne non sa nemmeno di essere in attesa di un figlio.
In altri Stati, l’aborto era considerato legale solo se c’era un pericolo di vita effettivo della donna, o in caso di stupro, incesto o malformazioni fetali. Dall’istantanea del momento, sono già pronti altri 13 Paesi a vietare l’interruzione di gravidanza nel futuro immediato: si tratta di Stati repubblicani dove vigevano già norme stringenti appellandosi proprio alla decisione della Corte Suprema che ha capovolto ormai la sentenza Roe vs. Wade del 1973 con un balzo all’indietro di ben cinquant’anni.
Secondo la rilevazione elaborata dal Center for reproductive rights dovrebbero essere 29 gli Stati Usa in cui l’aborto non sarà proprio ammesso, 21 quelli in cui l’aborto dovrebbe rimanere legale, ma solo 9 quelli in cui sarà pienamente garantito.
Lo Stato di New York è uno di questi ed assicura: “Qui resta possibile” scegliere per l’interruzione di gravidanza.
Sull’argomento, interviene anche l’Onu con parole pesanti laddove abolire il diritto ad abortire è considerato “un colpo terribile ai diritti umani delle donne“…si le donne, le stesse colpite a morte dai propri mariti e compagni, le stesse destinate a rinunciare al lavoro quando diventano madri, le stesse penalizzate fortemente dall’avvento della pandemia, le stesse che cercano ancora dopo millenni un equo posto nel mondo che non le è riconosciuto, le stesse spesso lasciate sole a decidere di concedere o di spezzare una vita, anzi la tentazione è di continuare controtendenza a reprimere, limitare, costringere la libertà delle donne e l’espressione fondamentale dei suoi diritti al pari di qualsiasi maschio di questo pianeta.
Gli strascichi della sentenza si avvertono con echi in tutti i Paesi, Biden dice che nulla è finito e che sulla decisione si interverrà, l’Europa più occidentale si schiera in modo decisivo contro la criminalizzazione dell’aborto e accusa i giudici americani di aver dimenticato le lotte dirette alla conquista di un diritto umano quale quello legittimo di una donna di abortire, soprattutto in certe specifiche situazioni.
La libertà nel Paese della Statua della Libertà è stata completamente surclassata da un pensiero reazionario, ipocrita e idiota.
La questione ben più grave non è solo il rapporto di causa effetto per cui viene spazzata via di colpo la libertà legittima di scegliere il proprio destino e la propria vita, con tutte le implicazioni morali, etiche, emozionali e emotive, che restano di fatto personalissime, e quindi non “sentenziabili” nè giudicabili bensì la volontà disarmante di annullare, con pregiudizi e retropensieri dal retaggio tipicamente medievale, la libertà delle donne, la libertà di percorrere un sentiero, e così di reprimere una scelta, di condizionare una volontà, di incasellare un giudizio, di rendere bigotto un diritto, insopprimibile di scelta.
L’errore dei giudici americani e non solo, di tutti coloro che avversano l’interruzione di gravidanza, sta nel considerare l’aborto un capriccio, quasi un lusso laddove si sia inciampati in un incidente di percorso, non voluto non desiderato.
Per nessuna donna che si avvicina a questa scelta, anche da quello che emerge dai racconti di coloro che hanno trovato il coraggio di dichiararlo e rivelarlo, l’aborto rappresenta la strada più agevole e semplice, da un punto di vista morale, emozionale, di coinvolgimento personale, l’aborto rappresenta la via obbligata qualora ci siano malformazioni…ci sia violenza o stupro…ci sia la mancata forza di divenire madre…l’impreparazione ad un compito tanto oneroso che necessita di consapevolezza.
E questo giudizio intimo, intimissimo, riservato, riservatissimo, segreto, segretissimo non può essere oggetto di sberleffo da parte di 6 soli giudici sparuti di fronte all’esercito di donne che vantano tale diritto negli USA come nel mondo intero.
Tutt’altra cosa è, difatti, la questione sull’aborto, quello necessario e necessitato, negato in ogni sua possibilità negli USA, che non può che rappresentare una frenata inconcepibile nel cammino dei diritti nello Stato per eccellenza più avanzato nei diritti A PAROLE di tutti che si permette di educare, di istruire gli altri stati alla civiltà e alla modernità dei diritti e poi, con una brusca manovra come questa, azzera ogni possibile considerazione della sua evoluzione e della sua vantata civiltà democratica e libertaria.
La paura e lo sgomento è che la disperazione di chi voglia perseguire tale strada, perchè sola e senza il sostegno dello Stato, possa incontrare di nuovo, come non si poteva immaginare, oggi, le forme silenziose, omertose e clandestine dove le donne rischiano molto di più, con strumentazioni e medici improvvisati da contattare in segreto come avveniva in tempi ormai dimenticati per strappare via una gravidanza indesiderata.
Probabilmente, se da un lato, abbiamo la sensazione di avanzare, di essere progrediti, di essere fortunati a vivere in paesi civili dove i diritti sono garantiti e dati per certi ed acquisiti, dall’altro, il baratro è che, invece, stiamo profondamente indietreggiando, sprofondando in un tempo buio, dove l’odio, la rabbia, il risentimento, le discriminazioni, l’annullamento dei diritti e la violenza di genere la fanno da padroni e la riprova è la costante di una guerra nel cuore vivo dell’Europa e la sua declassazione a notizia di quart’ordine dopo le spiagge affollate, le partite di padel e gli chef stellati!
Se diamo uno sguardo al mondo, l’aborto è vietato in moltissimi Stati anche quando la vita o la salute della donna sono a rischio, quali Andorra, Aruba, Congo (Brazzaville), Curaçao, Repubblica Domenicana, Egitto, El Salvador, Haiti, Honduras, Iraq, Jamaica, Laos, Madagascar, Mauritania, Nicaragua, Filippine, Palau, Senegal, Sierra Leone, Suriname, Tonga, Striscia di Gaza a cui si aggiunge l’europea Malta.
In Europa, Gibilterra ha eliminato la legge che prevedeva il carcere a vita per punire l’aborto solo nel giugno dello scorso anno attraverso un referendum che ha ottenuto il 62% dei voti a favore.
A settembre 2021 è stata la volta di San Marino, con un plebiscito tutto al femminile.
C’è, poi, una lista di altri 51 Paesi in cui l’aborto è legale nel caso in cui serva a preservare la salute fisica e mentale delle persone incinte, ovvero quando ci sono motivi sanitari o terapeutici che ne fanno un diritto, quando la donna è stata vittima di uno stupro, quando il feto ha delle malformazioni o quando è il frutto di un incesto e tra questi, ritroviamo la Polonia.
Proprio, subdorando questo allarmante trend, l’assemblea plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo ha approvato ad inizio di giugno l’ennesima risoluzione che definisce l’aborto un «diritto umano».
Il principio di base, già espresso in precedenti risoluzioni, è che l’aborto appartenga alla sfera dei diritti umani sessuali e riproduttivi ecco perchè il testo «chiede che l’Ue e i suoi Stati membri includano il diritto all’aborto nella Carta» dei diritti fondamentali.
Su questa base si muoveva la critica preventiva alle indiscrezioni che trapelavano su una potenziale decisione della Corte Suprema Usa, che potrebbe avere ed ha, di fatto, con la sua ufficialità «un impatto sulle vite di donne e uomini in tutti gli Stati Uniti», ma con rischi di effetti a catena a livello «globale».
Anche l’UE così evoluta e progressista corre questo rischio, in quanto di fatto ribaltare la Roe vs Wade potrebbe incoraggiare ancor più il movimento, già molto attivo, anti-abortista nell’Unione Europea, proprio con riferimento alle restrizioni già vigenti in Polonia, Ungheria, Slovacchia, e il divieto espresso di Malta.
L’Italia non esce indenne dalla risoluzione laddove si dice che nella nostra penisola «l’accesso all’aborto viene eroso». Il riferimento esplicito è all’obiezione di coscienza, molto presente nel nostro Paese e il Parlamento nel testo «condanna il fatto che le donne non possano accedere ai servizi di aborto per la pratica comune in alcuni Stati membri relative ai sanitari, e, in alcuni casi, a intere istituzioni mediche, di rifiutare servizi sanitari sulla base della clausola di “coscienza” che porta al rifiuto della cura all’aborto su base di religione e coscienza»
Solo nel Nord Europa, Svezia, prima fra tutte le nazioni, l’ obiezione di coscienza non è consentita anzi la legge consente di rimuovere ogni forma di ostacolo alla libera scelta delle donne di interrompere la gravidanza.
La legge in Italia, ottenuta a seguito di una rivoluzionaria lotta del movimento femminista degli anni ’60 risale al 1978 n.194 che consente di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione, mentre oltre questo termine vi si può ricorrere solo per ragioni terapeutiche.
A 44 anni dalla sua adozione, neanche può affermarsi che sia garantito in modo pieno e agevole l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza così come prevista dalla legge.
Sempre più spesso abortire vuol dire trovarsi davanti medici o strutture che respingono le donne che non vogliono portare a termine una gravidanza indesiderata, vuol dire essere schiave di una pressione psicologica non ammissibile, vuol dire lottare da soli contro i fantasmi di una scelta difficile ed osteggiata da chicchessia, vuol dire spostarsi verso regioni più permissive o, addirittura, espatriare verso Stati più libertari…il tutto per un diritto riconosciuto a chiare lettere nelle disposizioni di legge, quindi in un percorso completamente legale e garantito, o almeno così dovrebbe essere.
Di fatto, la legge nasconde una realtà molto ipocrita, tanti sono i medici che si mascherano dietro l’obiezione di coscienza…se è doveroso comprendere le difficoltà umane, deontologiche di alcune scelte, è vero anche che la legge lo consente, a certe condizioni e entro certi limiti temporali: a fronte delle condizioni di legge, non vi è obiezione di coscienza che tenga a fronte di una decisione determinata e ampiamente consapevole.
Questo a parole, ma in una terra come la nostra dove la Chiesa ha un peso preponderante le scelte non sono mai completamente libere e scevre da pregiudizi e preconcetti, ma la Chiesa fa la Chiesa ed è giusto che difenda il valore della vita nelle parole e nelle manifestazioni del pensiero, fedeli ai principi cristiani.
Ma una cosa è la cristianità, una cosa è la disperazione e la solitudine di una scelta come questa, da molti derubricata a capriccio e viltà!
E così, in Italia siamo davvero alla frutta se si continua a votare e a premettere di parlare a tipi come Pillon o Adinolfi con le loro idee bislacche che di fronte alla sentenze americana hanno quasi esultato: il primo esponente della Lega, considera la decisione USA «una grande vittoria» e auspica che questa «brezza arrivi anche da noi» e il secondo, presidente nazionale del Popolo della Famiglia, definisce la «decisione storica» poiché si è «posto un argine all’orrore per cui negli Stati Uniti ogni cinque bambini concepiti uno veniva ucciso nel ventre materno».
Mi spiace dirlo ma si vede che a parlare siano due uomini, neanche poi tanto progressisti, che avrebbero vissuto felici nel Medioevo, perché l’orrore di cui si parla nasconde, quasi sempre, un mare di dolore, come ha scritto qualcuno.
Scriveva Oriana Fallaci nel suo meraviglioso Lettera ad un bambino mai nato : “Essere mamma non è un mestiere; non è nemmeno un dovere: è solo un diritto tra tanti diritti”.