Sono trascorsi pochi giorni dall’uscita della seconda stagione di Atypical e ha già raggiunto più visibilità della precedente stagione. Nel caso non la conoscessi, Atypical è una serie tv statunitense prodotta e diffusa da Netflix che vede protagonista Sam, un ragazzo sulla soglia dell’età adulta ma affetto dalla sindrome di Asperenger. Per sapere di più sulla serie e sulla sua prima stagione, qui c’è un articolo dedicato al lavoro di Robia Rashid, l’ideatore, e Seth Gordon, il regista.
Procediamo senza ulteriori indugi alla recensione.
La trama
Non è certo il punto di forza della serie: una famiglia americana anche abbastanza stereotipata che si interfaccia con situazioni comuni, a partire dal drammatico rapporto tra i due genitori di Sam fino all’amore della sorella Casey che le rende nervosa e pesante la scelta del cambio scuola.
La seconda stagione non sembra voltare pagina. Ordinate da una scrittura lineare e pacata le scene si susseguono quasi aggrappandosi l’una all’altra e richiamandosi di continuo, creando il pretesto per una comicità che verte molto sull’ambiguità delle affermazioni del ragazzo, dotata non solo di un eccellente memoria ma anche di una pessima capacità di lettura della stanza. In sintesi cambia poco, se non niente, e la linea narrativa segue con decisione la guida già marcata dalle precedenti serie tv, i cui drammi adolescenziali e matrimoniali sono i soggetti prediletti.
La comicità
La comicità – com’è stato detto – scaturisce dalle situazioni imbarazzanti in cui Sam trascina i suoi goffi amici e la sua famiglia. Certo la moderazione degli sceneggiatori si rapprende anche in questa circostanza, e la delicatezza con cui trattano il disturbo del personaggio principale si traduce in una comicità misurata e mai oscena. Non è volgare ridere sui disagi del protagonista perchè, in effetti lo scopo, della serie è mettere in relazione le anomalie delle persone non affette dal disturbo con quelle di Sam, per poi rendersi conto che la differenza è nulla e anzi le prime sono più distruttive, più autolesioniste, più nevrotiche ma sopratutto scelte con più libertà delle ultime.
I personaggi
Come lasciava intuire il finale della prima, la seconda stagione inizia subito con dei profondi cambiamenti nei personaggi. Dal punto di vista tecnico, appaiono assolutamente meglio definiti e iniziano a presentare un profilo storico, che certamente nella ridotta tridimensionalità dello schermo aiuta a percepire la profondità. Più interessante dei loro rapporti personali è il carattere che ognuno di loro sta dimostrando, chi dopo averlo celato per anni e chi non appena l’età gli ha permesso di scoprirlo. Un ottimo lavoro e assolutamente un passo avanti per il lavoro degli sceneggiatori.